E’ una novità per quanto riguarda la lotta al Covid, ma non lo è per quanto riguarda il campo delle vaccinazioni in generale. E’ stato annunciato l’arrivo sul mercato di un “nuovo” vaccino, il Novavax, prodotto dall’omonima azienda biotecnologica americana di Gaithersburg, nel Maryland, che in realtà rientra nella famiglia dei vaccini proteici, in uso da decenni contro patologie come l’epatite o la meningite. E potrebbe essere l’inizio di una nuova era per quanto riguarda la lotta al virus, anche e non solo per il costo estremamente economico che ne permetterebbe l’uso nei paesi più poveri ancor oggi sprovvisti di vaccini, ma perché potrebbe fugare anche le polemiche di molti oppositori della campagna vaccinale, che la considerano un affare economico delle grandi aziende farmaceutiche.
“Non solo” ci ha detto il professor Roberto Cauda, docente di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità operativa di malattie infettive al PoliclinicoGemelli, “sarebbe l’ideale per tutti coloro che temono gli attuali vaccini perché non vogliono farsi iniettare materiale genetico”. Insomma, un grande passo in avanti nella battaglia al Covid: il vaccino Novavax ha offerto più del 90% di protezione contro le forme sintomatiche di Covid-19 in uno studio su 30.000 persone. “Non essendo un vaccino genico” ci ha detto ancora Cauda “se questo può portare alla vaccinazione gli esitanti è comunque una cosa importante”.
Cosa si intende per vaccino proteico?
La differenza è che gli altri vaccini usati fino a oggi sono vaccini genici, cioè producono lo spike in maniera indiretta, o dall’Rna che poi produce il Dna, o dal Dna direttamente, nel caso di quelli adenovirali. In questo caso si tratta di un vaccino realizzato a livello biologico con proteine ricombinate. L’obbiettivo è lo stesso, la produzione di spike, questa componente importante del virus che gli permette di attaccare le cellule del polmone così come di altri organi umani che hanno il recettore Ace 2.
Cosa comporterebbe di diverso rispetto ai vaccini che stiamo usando finora?
Secondo alcuni, sarebbe un miglioramento. Essendo a base di proteine ricombinanti e contenendo nanoparticelle, è qualcosa già in uso per altri tipi di patologie come l’epatite e la meningite. Produce risposte di tipo anticorpale e di tipo cellulare.
Come viene somministrato?
Si iniettano due dosi a 21 giorni di distanza. Il Novavax si conserva in frigorifero ed è stata dimostrata una efficacia del 90% pari a quella dei vaccini a Rna. Al momento non sappiamo se saranno necessarie ulteriori dosi, oltre le due previste, ma la cosa importante da sottolineare è che si stanno aprendo nuove prospettive.
Altri vaccini, altri farmaci?
Il Novavax è il primo vaccino proteico che si basa sullo spike, ma ci sono già altri vaccini in fase avanzata che si basano sulle nucleoproteine oltre allo spike. Sappiamo che chi si è ammalato ha una risposta più duratura dopo aver ricevuto una singola dose di vaccino.
Perché?
Perché, mentre chi si vaccina ottiene l’anticorpo o l’immunità solo verso lo spike, avere un’altra immunità verso altre componenti del virus potrebbe rappresentare un vantaggio extra, perché mettendo insieme vari componenti del virus consentirebbe di aggirare meglio le resistenze che in questo momento sono tutte basate sullo spike. Sono poi in arrivo vaccini orali, che oltre a stimolare la risposta del sangue, stimolerebbero anche una risposta locale in grado di poter anche bloccare l’infezione.
(Paolo Vites)
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