Altro giro, altra corsa. Ed altra vittoria di Hamilton e della Mercedes. La trentottesima della carriera del pilota, corredata da quello che gli anglosassoni con un gergo derivato dal cricket chiamano “hat trick”, termine che individua il week-end perfetto con vittoria, pole position e giro più veloce. Lewis ha stabilito un altro piccolo record: per la diciottesima gara consecutiva ha percorso almeno un giro in testa ad una corsa e le prospettive dell’immediato futuro lasciano pensare che la sua striscia vincente sia ben lontana dall’essere interrotta. Insomma, l’inglese Hamilton è stato profeta in patria, conquistando di fronte al suo esigente e competente pubblico una vittoria fatta di classe, velocità, fortuna e sagacia tattica, ovvero di quel mix di qualità e talento che messi insieme formano un campione. La reazione autoritaria di Hamilton sciorinata a Silverstone di fronte al ritorno, anche psicologico, di Nico Rosberg vincitore di tre delle ultime quattro gare, è stata senza dubbio l’aspetto più significativo di un Gran Premio che, a tratti, è stato anche spettacolare, grazie alla eccellente partenza delle Williams, alle difficoltà iniziali della Mercedes, alla Safety Car e all’imprevisto-pioggia che ha peraltro favorito un insperato terzo posto da parte di Sebastian Vettel e della sua Ferrari. Ma alla fine, nonostante tutto, davanti ci sono sempre le due vetture d’argento: certo, trovare argomenti nuovi per commentare l’ormai infinito TMM (per chi non lo ricorda si tratta del Trofeo Monomarca Mercedes che ha sostituito il Mondiale di Formula 1) diventa complicato per qualunque cronista di fronte alla superiorità schiacciante che la casa di Stoccarda dimostra con facilità in ogni pista, in ogni condizione, contro ogni imprevisto o avversità e se possibile in misura perfino maggiore dello scorso anno, corredata da una affidabilità per adesso totale. La lezione imparata a Sepang sembra essere stata assimilata alla perfezione e questa volta la strategia di Hamilton si è rivelata perfetta, inappuntabile ed azzeccata e lo ha portato sul gradino più alto del podio. La sensazione che nel duello con Rosberg ad armi pari, nonostante tutto, resti lui l’ago della bilancia: se la sua prestazione è perfetta, Nico resta dietro. Dunque, sono passati mesi e la Formula 1 si riscopre ancora esattamente nella condizione in cui era lo scorso anno. Anzi, come detto, forse un po’ peggio con le distanze fra Mercedes e Resto del Mondo mai così ampie. Ed esattamente nelle condizioni dello scorso anno è anche la Ferrari. E qui si impone una riflessione. Dopo la rivoluzione mediatica ed aziendale targata Marchionne, le epurazioni, i rimpasti dirigenziali e nella squadra corse, il “nuovo corso” sta seguendo esattamente le orme di quello vecchio, ripetendo probabilmente gli stessi errori. In particolare, stupisce soprattutto la traiettoria – identica a quella del 2014 – della vettura e del suo sviluppo, punto debole di Maranello rispetto agli avversari: il solco con le Mercedes, di gara in gara, si allarga invece che ridursi e questo, almeno in apparenza, accade sia dal punto di vista motoristico che da quello del telaio. Difficile individuare esattamente le cause di questa situazione: senza dubbio una buona parte della “colpa” sta nei regolamenti assurdi che imbavagliano la F1 moderna ed i progettisti, cristallizzando le posizioni in maniera difficilmente reversibile, come dimostrato chiaramente dal fiasco-Honda. Se fino a non molto tempo fa era la creazione della singola macchina che doveva essere azzeccata per ogni stagione – ricordate il caso-Brawn del 2009? – oggi per vincere bisogna azzeccare un progetto pluriennale di sviluppo a partire dalla motorizzazione.
Chi inizia dopo o “sbaglia” qualcosa – come la Ferrari, la Renault o la Honda – non hanno possibilità di recuperare e non per un singolo Campionato come accadeva a volta anche in passato, ma per diversi anni, aspetto che diventa un gigantesco disincentivo sia per il pubblico sempre più annoiato e non a caso passato in massa a seguire il Motomondiale, sia per gli investitori che rischiano di vedere i propri sforzi economici impossibilitati ad essere fruttuosi. Questo è il motivo fondamentale per cui la F1 necessita di un punto di discontinuità, di tornare alle regole che permettono di creare e di rincorrere senza essere frenati da una zavorra di cui non si coglie la ratio ultima. E questo, si badi bene, non per “boicottare” la Mercedes, ma per rendere più esaltanti – anche per loro – le vittorie. Avete visto gli sguardi dei meccanici Mercedes dopo la pole di Hamilton? Ormai non esultano nemmeno più…