Valentina Boscaro: Cassazione annulla condanna, un nuovo processo valuterà le provocazioni subite come attenuanti prima dell’omicidio del fidanzato
La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la condanna a 20 anni di reclusione per Valentina Boscaro, disponendo che la Corte d’Assise d’Appello di Venezia effettui il riesame dell’applicazione dell’attenuante delle “provocazioni” – fino ad adesso ignorata – nel procedimento per l’omicidio del fidanzato Mattia Caruso, ucciso con una coltellata durante un litigio in auto il 25 settembre 2021; i giudici hanno confermato la natura volontaria del reato, ma stabilito che i precedenti verdetti non avevano considerato in modo adeguato il contesto di pressioni psicologiche e umiliazioni che la donna avrebbe subito nel corso della relazione, fattori che, se riconosciuti, potrebbero portare a una riduzione della pena fino a 13 anni.
La sentenza, emessa ieri, non modifica per ora la posizione di detenzione di Valentina Boscaro – ancora ai domiciliari in attesa del nuovo giudizio – ma stabilisce un cambiamento determinante sul tema che riguarda l’incidenza degli abusi relazionali nel calcolo delle pene; la difesa, rappresentata dall’avvocato Alberto Berardi, ha accolto la decisione come un riconoscimento della complessità del caso e secondo la ricostruzione difensiva, il clima teso e opprimente determinato da Caruso – fatto di controlli ossessivi e denigrazioni pubbliche – avrebbe contribuito a scatenare un gesto impulsivo, quindi in assenza di premeditazione.
Di opinione opposta gli avvocati Anna Desiderio e Francesca Betto, rappresentanti dei familiari di Caruso, che hanno ribadito come la legittima difesa resti esclusa e la colpevolezza accertata non sia mai stata messa in discussione dalla Cassazione, la quale si è limitata a ordinare un nuovo esame delle attenuanti, senza però intaccare l’impianto dell’accusa.
Valentina Boscaro, dalla coltellata alla confessione: le provocazioni del fidanzato come attenuanti
La vicenda, come ricostruito dagli inquirenti, risale alla sera del 25 settembre 2021, quando Valentina Boscaro e Mattia Caruso, dopo aver cenato a casa di lei a Padova, si erano diretti al locale Laghi di Sant’Antonio: la coppia aveva bevuto gin tonic nell’auto di proprietà della donna – una Mercedes Classe A – prima di trascorrere circa tre ore nel club tra discussioni animate, momenti di tensione e tentativi di riavvicinamento e al ritorno, Caruso – nonostante avesse la patente scaduta – avrebbe insistito per guidare, ma dopo pochi chilometri l’auto si era arrestata di colpo e il ragazzo, colpito al costato con un coltello da cucina, era riuscito ad uscire barcollando fino a crollare sull’asfalto, morendo dissanguato in pochi minuti.
Valentina Boscaro, in un primo momento restia a fornire dettagli, aveva poi ammesso le sue responsabilità davanti ai carabinieri, raccontando che stavano litigando quando lui aveva iniziato a strattonarla e insultarla e a quel punto, aveva affermato di aver preso il coltello dalla borsa e di averlo colpito, ma senza l’intenzione di uccidere.
Una versione che nei primi due gradi di giudizio non era stata ritenuta credibile in quanto i giudici avevano messo in luce la profondità della ferita inferta e l’assenza di segni di difesa sul corpo della vittima come indicatori chiari di un’azione premeditata, ma ora la Cassazione ha imposto di valutare se le provocazioni, comprese quelle psicologiche, possano aver provocato un impulso incontrollabile e un gesto di reazione istintiva.
Nel nuovo processo a Venezia, dunque, il dibattimento si concentrerà soprattutto su testimonianze e perizie, chiamate a chiarire se il contesto relazionale e il presunto contesto di abusi psicologici possano giustificare un’attenuazione della pena, mentre la famiglia di Mattia Caruso continua a opporsi fermamente a ogni ipotesi di riduzione, ritenendo che nessuna provocazione possa giustificare l’omicidio; secondo quanto dichiarato dall’avvocato Desiderio, la Corte ha ribadito che la responsabilità penale dell’imputata resta accertata e che l’attenuante – se mai riconosciuta – non potrà mai cancellare la gravità del fatto.
