La riforma delle finanze vaticane è un cantiere aperto da dieci anni che ha prodotto risultati, ma non è ancora terminata. Lo assicura Papa Francesco, che chiede un cambio di passo in una lettera ai dipendenti della Segretaria per l’Economia datata 24 novembre, preannunciata durante l’udienza con il personale SPE lunedì 13 novembre. «So che la Santa Sede ogni anno registra un deficit importante», scrive Bergoglio, precisando che «tutta l’organizzazione è per la missione e le fonti di finanziamento sono limitate». D’altra parte, quando c’è un deficit, evidentemente «una parte del patrimonio viene erosa e questo compromette il futuro». Per questo il Santo Padre auspica «un’inversione di tendenza».
Il Papa si aspetta che tale consapevolezza venga acquisita «ad ogni livello» della comunità, perché «tutti siamo responsabili di preservare il patrimonio», anche perché ciò serve a «garantire le risorse necessarie a proseguire il cammino anche a chi verrà dopo di noi». Come riportato dal Sole 24 Ore, il pontefice ha anche annunciato un ricambio all’interno della struttura. «Per fare questo, ci serviranno nuove competenze, persone nuove, ma anche persone rinnovate nello spirito e nella professionalità».
VATICANO IN DEFICIT, VERSO NUOVA POLITICA RETRIBUTIVA
Papa Francesco nella lettera indica anche una politica retributiva: di fatto si va verso stipendi per obiettivi. «A tutti occorre assicurare una retribuzione equa, nei limiti delle risorse disponibili, che è tanto più giusta quanto più legata ai risultati e al contributo che ciascuno dà nel servizio alla Chiesa». Ma ci deve essere sempre un limite per Papa Francesco: «Si dovrà evitare il carrierismo ma se si danno a tutti le giuste opportunità e si crea un ambiente favorevole e accogliente, premiare il merito è una dimostrazione di equità che vi incoraggio a perseguire».
Ad ottobre il prefetto della Segreteria per l’Economia della Santa Sede, Maximino Caballero Ledo, intervenendo per la prima volta ad un dibattito pubblico, dichiarò che «la Santa Sede ha un deficit strutturale, da sempre, che si aggira tra i 50 e i 60 milioni di euro l’anno». Se si dovesse coprire questo deficit solo tagliando le spese, «dovremmo chiudere 43 delle 53 entità che fanno capo alla Curia romana, e questo non è possibile. Quindi, dobbiamo lavorare tantissimo per incrementare i ricavi».