Mentre gli Usa sono alle prese con lo shutdown l'Ue rischia di subire contraccolpi dalla crisi francese e l'Italia mette a punto la manovra
In queste ultime settimane nelle cronache finanziarie continua a far capolino il rialzo dell’oro, che ha sfondato la soglia dei 4.000 dollari l’oncia facendo registrare un rialzo superiore al 50% dall’inizio dell’anno.
Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, dietro questo andamento vede «soprattutto la debolezza della situazione attuale delle principali valute. Il dollaro si è svalutato di oltre il 15% da inizio anno e, quindi, non è così richiesto, come del resto anche l’euro, vista la situazione politica ed economica europea. Se a questo aggiungiamo anche la possibilità che aumentino i venti di guerra con la Russia, l’oro viene percepito come l’investimento più al riparo da possibili perdite».
Eppure i mercati, di fronte a questa situazione, non perdono terreno…
È bene non farsi ingannare dal mero andamento degli indici di borsa, che in questo momento, specialmente negli Stati Uniti, sono di fatto trainati da poche grandi società del comparto tech. Le altre, la grande maggioranza, non stanno andando così bene.
Restando negli Stati Uniti, cosa pensa della situazione relativa allo shutdown?
Non è la prima volta che si verifica una situazione di questo tipo negli Stati Uniti, ma lo shutdown attuale potrebbe essere utilizzato come strumento politico: Trump non ha mai nascosto una certa antipatia per alcune strutture del potere federale che potrebbero, quindi, essere ridimensionate con la scusa di dover attuare dei tagli alla spesa pubblica. Non so sinceramente dire come andrà a finire questa partita.
Anche la partita dei dazi, visto quel che accaduto nelle ultime settimane, non sembra essere conclusa…
Escludendo il settore dell’elettronica avanzata, dove può contare su una posizione di leadership globale, ma che impiega pochi lavoratori, l’economia americana ha perso terreno e per recuperarlo l’Amministrazione vorrebbe far sì che arrivassero investimenti e produzioni dall’estero. L’idea è quella di costringere le aziende straniere ad aprire stabilimenti negli Stati Uniti per evitare i dazi, in modo da creare ricadute positive per l’economia a stelle e strisce.
Ora, però, anche l’Ue, dopo aver firmato accordi di libero scambio, ha deciso di utilizzare i dazi per difendere la produzione di acciaio dall’export cinese.

L’Ue è esposta al rischio che la produzione cinese che non trova sbocco negli Stati Uniti si riversi sul suo mercato spiazzando le aziende europee. Nel caso specifico dell’acciaio, c’è da sperare che la scelta dei dazi da parte di Bruxelles possa servire anche alla siderurgia italiana e favorire una soluzione positiva per la vicenda dell’ex Ilva: sarebbe un bene anche per la nostra industria meccanica.
Non c’è da temere una reazione cinese dopo questa decisione dell’Ue?
Francamente non saprei. Tuttavia, ho l’impressione che i cinesi in questo momento abbiano interesse ad avere buoni rapporti con l’Europa. Può darsi, quindi, che cerchino di riequilibrare un po’ la situazione, ma senza affondare il colpo.
Cosa pensa, invece, della situazione francese? Potrà avere impatti sul resto d’Europa?
Mi pare che venga sottovalutato proprio l’impatto che un’implosione del sistema economico e finanziario francese può avere sul resto d’Europa. La debolezza francese non è solo politica e non è certo d’aiuto per il futuro dell’Ue.
Il Governo italiano sta intanto mettendo a punto la Legge di bilancio, ma si registrano già i malumori di Confindustria. Cosa ne pensa?
Avere i conti in ordine è importante per riuscire a diminuire ulteriormente il costo del rifinanziamento del debito pubblico e quindi il peso degli interessi sul bilancio dello Stato. Questa non è una ricetta per la crescita, ma gli industriali, come i sindacati e altre categorie, dovrebbero ritrovare un ruolo nuovo in una situazione che presenta forti elementi di novità, non tutti favorevoli. Non possono, quindi, limitarsi a chiedere incentivi agli investimenti. Certo, le cose potrebbero andare meglio per loro se non dovessero fare i conti anche con le regole o le decisioni dell’Ue che non le agevolano, come la mancata revisione del Green Deal.
(Lorenzo Torrisi)
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