Maria Porro: welfare e formazione chiavi per il buon lavoro. Parità non con quote ma servizi, scuola-impresa contro stereotipi fabbrica.
L’undicesima tappa del Viaggio nel Buon Lavoro, il percorso ideato da Compagnia delle Opere e raccontato da IlSussidiarioTV, ha come protagonista Maria Porro, presidente del Salone del Mobile di Milano e responsabile marketing dell’azienda di famiglia, una delle realtà storiche del design made in Italy. Nell’intervista rilasciata alla nostra emittente, Porro affronta i nodi cruciali del lavoro contemporaneo – parità di genere, formazione, competitività internazionale – con un tono lucido, pragmatico e sorprendentemente controcorrente.
«La vera parità passa dal welfare, non dalle quote» afferma con decisione. Per Porro, il punto non è ideologico ma strutturale: la disparità nasce dalla carenza di servizi e infrastrutture che permettano alle donne di conciliare vita e professione. «Noi in azienda garantiamo la flessibilità oraria, ma non tutti i reparti lo consentono. Dove è possibile, però, fa la differenza».
L’idea di “buon lavoro” che emerge dalle sue parole non si misura solo in bilanci o produttività, ma nella qualità delle relazioni interne. Alla Porro di Cabiate la pausa pranzo è più lunga per permettere ai dipendenti di tornare a casa; gli orari sono adattati a chi deve prendere i figli a scuola. Un welfare aziendale sobrio, “gentile”, che rispetta i tempi della vita e restituisce dignità al quotidiano.
In controtendenza rispetto a molti imprenditori, Porro non teme la Cina. «Copia, sì, ma ha imparato. Ha formato le sue generazioni nelle nostre università, ha acquistato i nostri macchinari e oggi è un competitor vero. Non va più guardata con gli occhi di quindici anni fa». Un cambio di prospettiva che racconta la maturità di un’Italia capace di misurarsi sul terreno della qualità e della cultura, non solo della difesa del marchio.
Un’altra convinzione forte riguarda la formazione. L’azienda ha “adottato” la scuola tecnica Enaip di Cantù, dove i manager insegnano in orario di lavoro e gli studenti visitano regolarmente la fabbrica. Un modello concreto di collaborazione scuola-impresa per avvicinare i giovani a mestieri spesso svalutati. «C’è un problema culturale, alimentato dai media – spiega –: l’immagine delle fabbriche è ferma agli anni Settanta. Ma oggi sono luoghi tecnologici, creativi, internazionali».
Con un settore, quello dell’arredo, che esporta il 52% della produzione, Porro vede nell’impresa un ponte con il mondo e un laboratorio di civiltà. «Non conta da dove si comincia, ma il percorso che si fa», dice. E in questa frase si riassume la sua idea di leadership: innovare senza rompere, competere restituendo.
Perché, in fondo, come ricorda anche il Manifesto del Buon Lavoro di CdO, l’impresa che genera valore è quella che costruisce legami. E nel pensiero di Maria Porro il lavoro, quando è davvero buono, non divide ma restituisce: alle persone, al territorio, alla comunità.