Violenza sessuale, le motivazioni della sentenza della Cassazione sul caso dei "30 secondi": non contano tempi di reazione per stabilire se c'è o meno
Il ritardo nella reazione di una vittima è rilevante per stabilire se vi sia stata violenza sessuale. Se una persona non si oppone subito, gridando o scappando, ma resta ad esempio paralizzata o non reagisce subito durante una molestia o violenza, non vuol dire che acconsenta, anzi questo può essere un segno di paura o choc, quindi non cancella la violenza subita.
Questo principio è stato stabilito dalla Cassazione con la sentenza con cui dispose nel febbraio scorso il processo d’appello bis per un ex sindacalista che era stato accusato di abusi su una hostess.
L’uomo era stato assolto, perché secondo i giudici la donna avrebbe potuto opporsi in “30 secondi”, ma dopo il ricorso del sostituto procuratore generale di Milano, la più alta autorità giudiziaria in Italia ha annullato l’assoluzione, ordinando un nuovo processo d’appello.
La sentenza di assoluzione era stata duramente criticata dall’associazione Differenza Donna, che l’aveva giudicata un passo indietro di decenni, visto che ignorava il trauma delle vittime di violenza.
CASSAZIONE SU VIOLENZA SESSUALE E TEMPI DI REAZIONE: IL CASO
L’imputato è un ex sindacalista della Cisl, in servizio a Malpensa, a cui una hostess si era rivolta nel 2018 per motivi sindacali. La donna l’ha poi accusato di violenza sessuale. In primo grado, però, l’uomo è stato assolto al tribunale di Busto Arsizio.
L’assoluzione è stata confermata in appello a Milano, con i giudici che avevano stabilito che non c’era stata una costrizione tale da configurare il reato. Il sostituto procuratore generale di Milano, Angelo Renna, ha fatto ricorso contro questa decisione e la Cassazione l’ha accolto, stabilendo che la lentezza nella reazione non può essere usata per escludere che vi sia una violenza sessuale.
Quindi, l’imputato andrà giudicato di nuovo in un processo d’appello. Si tratta, dunque, di una sentenza importante perché stabilisce che le vittime di violenza sessuale non devono per forza reagire immediatamente per essere credute ed è un richiamo forte alla giustizia, affinché tenga conto della realtà psicologica delle vittime.
