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Home » Lavoro » VITA LAVORATIVA/ Un altro gap che pesa sulle donne (e sull’Italia)

  • Lavoro
  • Pensioni
  • Economia e Finanza

VITA LAVORATIVA/ Un altro gap che pesa sulle donne (e sull’Italia)

Giampaolo Montaletti
Pubblicato 25 Luglio 2025
Foto di cottonbro studio (Pexels)

Foto di cottonbro studio (Pexels)

I dati Eurostat sull'aspettativa di vita lavorativa media devono far riflettere sulla situazione del nostro Paese

Quanto tempo è probabile che duri la vita lavorativa in un Paese? Nell’Ue la media è di 37,2 anni, afferma Eurostat in una nota del 18 luglio 2025. Naturalmente ci sono molte differenze fra i Paesi europei (Eurostat per l’occasione pubblica i dati anche di Stati non Ue, ma vicini, come la Svizzera e la Turchia).


LAVORO & PENSIONI/ Le "trappole" da evitare sul minimale contrattuale


Come spesso accade le differenze sono fra Paesi del nord e del sud. Nei Paesi Bassi la durata probabile nel 2024 era di 43,8 anni, mentre il valore più basso era della Romania, con 32,7 anni. L’Italia sta appena sopra, al penultimo posto, con 32,8 anni.

Ma cosa rappresenta questo indicatore? Si tratta di una stima di quanto tempo una persona che oggi ha 15 anni probabilmente farà parte della forza lavoro (cioè sarà occupato o disoccupato) nell’arco della sua vita.


Riforma pensioni 2025/ Landini chiede un confronto vero al Governo (ultime notizie 4 dicembre)


Perché l’Italia presenta valori così bassi? Perché la quota di inoccupati, vale a dire di persone che non lavorano e non cercano lavoro è semplicemente fra le più alte d’Europa. La probabilità di far parte del gruppo è così fra le più elevate.

Da notare che per l’Italia il problema è soprattutto femminile, con una distanza fra uomini e donne di 9 anni: una donna italiana ha una elevata probabilità di partecipare al mercato del lavoro per soli 28 anni, meno di qualsiasi altra cittadina europea. Certo le differenze fra maschi e femmine esistono anche altrove, ma non così pronunciate, anzi in Estonia, Lettonia e Lituania è più probabile che una donna lavori più a lungo di un uomo.


Istruzione e occupazione, Istat: aumenta accesso al lavoro con laurea e diploma/ Quota Neet supera media Ue


Per ridurre queste differenze servono servizi e incentivi per le famiglie, tema che trova d’accordo molti politici di schieramenti diversi, in teoria, in pratica molto meno: si fanno sconti ai consulenti in forfettario, ma non a chi ha da curare figli e anziani. Il risultato demografico e di mercato del lavoro si trasforma in una situazione che impoverisce tutti, indipendentemente dalla retorica dei predicozzi televisivi.

Che ci sia ipocrisia bipartisan sul tema lo confermano i dati degli ultimi 10 anni, durante i quali in Italia hanno governato un poco tutti: la crescita della probabilità di partecipare al mercato in Europa è stata di 2,3 anni, in Italia di 2,1: anche la Turchia ha fatto meglio di noi.

Anche in termini di benefici a favore della famiglia Eurostat ha pubblicato i dati sulle proporzioni di spesa per famiglie e bambini sul Pil: nel 2022 le spese erano in media al 2,3% del Pil, per l’Italia erano all’1,6%, la metà della Polonia che spende il 3,2% del Pil e meno della metà della Germania (3,4%).

Un nota bene anche sulle politiche attive del lavoro: se non ci si pone il problema di come poter attrarre persone che sono fuori dal mercato, il sistema del welfare (comprese le pensioni) non sarà sostenibile. Lo Stato tornerà ad affidarsi al privato (per chi se lo può permettere) e alla carità, di radice laica o religiosa, non perché crede alla sussidiarietà, ma perché non è capace di svolgere i suoi compiti. E si tratta di una prospettiva triste per tutti.

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