Parlamento UE boccia sfiducia a Von der Leyen, ma maggioranza in crisi. Voto decisivo a settembre. Ecco tutti gli scenari

Come ampiamente previsto, l’Europarlamento ha respinto la mozione di sfiducia alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che esce comunque molto indebolita dal voto, sostanzialmente con un rinvio della resa dei conti all’interno della sua maggioranza, rimandata al prossimo mese di settembre.

Alla fine, il pallottoliere segna 175 voti a favore della mozione dell’opposizione, 360 contrari e 18 astenuti. È un risultato che assume però i contorni della sconfitta, perché ben 167 eurodeputati non hanno partecipato alla votazione e, tolti gli assenti per giustificazioni varie,  molti deputati della maggioranza hanno ostentatamente lasciato l’aula al momento del voto.



I 360 voti raccolti sono così ben 41 in meno rispetto a quelli ottenuti l’anno scorso dalla von der Leyen al momento del suo insediamento e sottolineano come la sua maggioranza sia molto divisa al proprio interno.

Va anche sottolineato che la mozione si era trasformata in una scelta politica – con molti dubbi se fosse o meno utile per l’Europa una crisi in questo momento di grandi difficoltà internazionali – e che le molte astensioni (che di fatto, secondo il regolamento, bocciavano la mozione dell’opposizione) si spiegano appunto come un “avviso di non gradimento” da parte di molti deputati di centrosinistra che però non volevano appoggiare la mozione presentata dalla destra.



Tra l’altro, il lungo dibattito non ha minimamente chiarito la posizione della presidente sui temi specifici del documento di censura, ovvero il suo opaco atteggiamento nei rapporti diretti, personali e secretati con la Pfizer per l’acquisto di centinaia di milioni di dosi di vaccino COVID a un prezzo estremamente più caro rispetto a quelli delle ditte concorrenti.

Non solo la von der Leyen non ha infatti chiarito i contenuti dei suoi colloqui con il CEO di Pfizer Albert Bourla – né spiegato perché sms e telefonate siano “sparite” –, ma ha buttato tutto in polemica politica, sostenendo che i suoi avversari erano “antieuropeisti”, “estremisti” e “amici di Putin”, il che non c’entrava nulla con la mozione, ma appunto puntava solo a ricompattare con questo “ricatto politico” la propria maggioranza.



Alla fine, è risultata scontata la bocciatura del documento, ma con il solo PPE che ha votato sostanzialmente compatto per la presidente, mentre a sinistra e tra i verdi ci sono state molte defezioni.

Particolarmente ondivaga la posizione del PD, che aveva annunciato di votare per appoggiare la presidente, ma che alla fine ha visto solo 14 deputati su 21 seguire le indicazioni del gruppo. Situazione simile tra i verdi, mentre a sinistra la situazione è stata ancor più movimentata: molte delegazioni nazionali hanno deciso di votare insieme alla destra per sfiduciare von der Leyen, compreso il Movimento 5 Stelle, mentre altri hanno deciso di disertare l’aula.

Da sottolineare che anche parte del gruppo dei conservatori (ECR) – che pure avevano presentato la mozione – non hanno poi votato il documento, come i deputati di Fratelli d’Italia, sostenendo che il voto avrebbe ricompattato la maggioranza, come in parte effettivamente è stato.

Un’uscita dall’aula che è sembrata un “grazie” per la nomina di Fitto e una sottolineatura dei buoni rapporti personali tra von der Leyen e Meloni, ma in aperta contraddizione con la posizione del partito, che in passato aveva duramente e specificamente contestato le scelte Covid della presidente.

Stessa posizione di FdI è stata tenuta anche dagli eurodeputati conservatori della Repubblica Ceca, Spagna, Lituania, Lettonia e Bulgaria, che insieme con FdI hanno abbandonato l’aula, mentre è stato compatto il voto della Lega e dell’estrema destra a favore della mozione, che, sull’altro versante, ha raccolto poi i voti anche del M5S e dell’estrema sinistra.

Tutto è così di fatto rinviato a settembre, quando si dovrà votare il bilancio dell’Unione e verranno al pettine i nodi delle spese militari e di quelle sociali, ma è evidente come il clima intorno alla von der Leyen non sia dei migliori.

Le politiche di riarmo sostenute dalla Commissione, scavalcando in parte il Parlamento, non sono piaciute alle opposizioni, che sono diventate sempre più aggressive, ma anche a una buona parte della maggioranza, come i socialisti spagnoli.

Al contrario, le scelte di “annacquamento” del Green Deal per ingraziarsi il voto dei conservatori e del PPE (come di fatto in parte è avvenuto anche sulla mozione di ieri) hanno provocato le proteste, soprattutto nelle ultime settimane, di socialisti, verdi e liberali di Renew, che non hanno più garantito esplicitamente il proprio sostegno alla presidente e lo hanno dimostrato proprio nel voto sul documento di sfiducia.