Il centrodestra propone modifiche al voto all’estero, mirando a eliminare frodi. Le nuove regole potrebbero limitare la partecipazione, suscitando polemiche
Arriva dal centrodestra la proposta di modificare le modalità di voto all’estero, solitamente utilizzato dai cittadini italiani residenti al di fuori del Paese, idea che ha nuovamente alimentato il dibattito politico su un tema particolarmente discusso, che negli anni ha determinato spaccature e divisioni interne.
Secondo le intenzioni della maggioranza, l’obiettivo è dichiarato senza mezzi termini: “evitare truffe”; una volontà chiara che si lega indissolubilmente a uno scenario contrassegnato da non pochi dubbi, che nascono da presunte irregolarità riscontrate in passato e che hanno inevitabilmente alterato la credibilità del voto all’estero.
Una questione che è stata oggetto di dibattito in vari ambiti, che include un approfondimento particolare sul mezzo legislativo che dovrà veicolare queste modifiche: su questo punto, l’ipotesi è quella di un emendamento del decreto oppure di un disegno di legge apposito, ma ciò che sorprende di più, e si prefigura come l’aspetto più controverso, è la volontà di circoscrivere il voto a quello espresso solamente nelle ambasciate e nei consolati, eliminando così il rischio di frodi legato alla votazione postale.
In un Paese che ha sempre visto l’emigrazione come un fenomeno parte integrante della propria storia, le politiche relative al voto degli italiani all’estero non sono mai state prive di polemiche, ma questa proposta sembra fare un passo avanti, stabilendo regole più rigide e rigorose per coloro che – per volontà o necessità – dovranno esprimere la propria preferenza elettorale al di fuori dei confini nazionali.
Voto italiani all’estero: una riforma contestata, il rischio di una parziale esclusione
La proposta di limitare il voto all’estero porta a riflettere su quali potrebbero essere le ripercussioni per la comunità italiana emigrata, che da sempre ha visto nel voto una forma di rappresentanza essenziale: in un contesto internazionale in cui il numero di cittadini italiani all’estero è aumentato vertiginosamente nel corso degli ultimi anni, una trasformazione di tale portata potrebbe provocare divisioni e limitazioni, esclusivamente a causa di preoccupazioni legate a ipotetiche frodi elettorali.
La revisione potrebbe revocare il diritto di voto a migliaia di cittadini italiani che, per motivi logistici o geografici, non potrebbero recarsi di persona presso le sedi diplomatiche; la stessa proposta di rendere necessaria una nuova iscrizione all’AIRE, oltre a quella già esistente, sembra configurarsi come un impedimento extra a un sistema che, storicamente, ha sempre cercato di favorire l’inclusione di chi vive lontano dal proprio Paese.
Il pericolo è che una fetta cospicua della popolazione italiana all’estero finisca per essere parzialmente – se non totalmente – esclusa dalla possibilità di poter esprimere un diritto democratico essenziale; bisogna anche considerare che la riforma non riguarderebbe esclusivamente l’aspetto logistico e pratico del voto, ma anche l’influenza che queste modifiche potrebbero avere sull’equilibrio politico interno, se si pensa che in passato gli eletti all’estero hanno avuto un ruolo chiave nelle alleanze politiche.
Se il voto all’estero venisse ancor di più limitato, le ripercussioni potrebbero essere sostanziali, innescando una netta polarizzazione che andrebbe a svantaggio di tutte quelle comunità italiane che, pur vivendo lontano, continuano a sentirsi legate al loro Paese d’origine.