ESCLUSIVA/ Minotti: «Adriano come Asprilla, solo gli amici veri possono salvarlo»

- La Redazione

Abbiamo chiesto a LORENZO MINOTTI, bandiera del Parma di Nevio Scala e team manager quando Adriano giocava nei ducali, di commentare la crisi personale del brasiliano

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Ci sono momenti in cui tutto il castello della propria vita sembra poter crollare da un momento all’altro. Non basta essere un calciatore affermato, è necessario affidarsi alla famiglia e agli amici. La storia di Adriano sta occupando tutte le pagine dei giornali, ma con un interesse quasi esclusivo alla sfera del gossip. Nella vicenda di Adriano c’è la storia di uomo, di un giovane di 26 anni, ricercato e allo stesso tempo abbandonato da tutti. Ilsussidiario.net ha intervistato Lorenzo Minotti, il team manager che nel 2002 decise di portare il brasiliano a Parma. Minotti dal 1987 al 1996 ha calcato il palcoscenico del Tardini di Parma, risalendo dalla serie B ai vertici del calcio (ha conquistato due volte la Coppa Italia, 1 Coppa delle Coppe e 1 Coppa Uefa). Libero e bandiera storica dei Ducali guidati da un innovatore come Nevio Scala. In quel Parma c’era anche il colombiano Tino Asprilla, che «alternava periodi di grande rendimento a situazioni in cui era difficile da gestire». L’Asprilla di ieri è molto simile all’Adriano di oggi. Dal 2002 al 2004 Minotti, che oggi è tornato con un ruolo dirigenziale nella sua città natale Cesena, ha svolto il ruolo, un po’ inglese, di team manager sempre con il Parma. Fu lui che decise di puntare sulla comproprietà di Adriano. Fu un affare: 37 presenze e 23 gol in una stagione e mezza. Oggi l’augurio per Adriano è quello è che «possa trovare attorno a sé persone di cui si possa fidare e che possano dargli dei consigli giusti». La risalita dell’uomo Adriano passa, però, dalla famiglia e dagli amici «quelli veri», quelli conosciuti prima di diventare un calciatore affermato.

Perché il Parma decise di puntare su Adriano?

Sicuramente perché era un grande talento. Dal punto di vista tecnico e fisico il giocatore non si discute. Nel 2002 il Parma aveva cambiato prospettiva e aveva scelto di investire sui giovani di grande prospettiva come Adriano. E’ un calciatore importante.

Qual è la differenza tra l’Adriano di Parma e quello di Milano?

Quando è arrivato a Parma, essendo giovane, aveva una grande voglia di conquistarsi un posto al sole. Con noi ha fatto una stagione e mezza alla grande. Nella seconda parte della stagione tornò all’Inter e in un Inter-Parma con una rete ci tolse la possibilità di entrare in Champions. –Cosa si sente di poter dire al giocatore? Al giocatore posso dire poco. E’ già titolare nella nazionale brasiliana ed è arrivato dove doveva arrivare.

Il giocatore non si discute. All’uomo cosa è successo?

Ci sono chiaramente dei problemi personali che non mi permetto di giudicare. Sono cose che appartengono alla sfera privata e al suo modo di vivere la notorietà data dal calcio. –Nella sua storia calcistica ha incontrato altri giocatori simili ad Adriano? I giocatori sudamericani hanno sempre incontrato delle difficoltà perché provengono da culture differenti. Mi ricordo che Tino Asprilla alternava periodi di grande rendimento a situazioni in cui era difficile da gestire.

Quale può essere il suo augurio?

Il mio augurio è che possa trovare attorno a sé persone di cui si possa fidare e che possano dargli dei consigli giusti.

Da dove ripartire?

Le risposte si trovano soprattutto in famiglia e negli amici, quelli veri, quelli che ha conosciuto prima di diventare un calciatore affermato.

(Luciano Zanardini)





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