LONDRA IN FIAMME/ Rondoni: la rabbia di quei giovani, traditi dagli adulti

- int. Davide Rondoni

L'onda della violenza si è abbattuta su Londra, ma questa volta sono poco individuabili motivi ideologici, religiosi o sociali. DAVIDE RONDONI esplora questo fenomeno per IlSussidiario.net

palazzo_bruciato_londra_R400 Due poliziotti inglesi davanti a un edificio bruciato (Foto: ANSA)

Palazzi in fiamme, auto bruciate, negozi saccheggiati. La rabbia dei giovani, esplosa all’improvviso diverse città dell’Inghilterra, non accenna a placarsi. Esplosa dopo l’uccisione di Mark Duggan, un pregiudicato eliminato dalla polizia, la rabbia dei ragazzi partita dal cuore della Capitale ha contagiato nel giro di poche ore gli immensi sobborghi di Londra, per poi scatenare scene di guerriglia urbana a Tottenham, Brixton e altre città. Ilsussidiario.net ha intervistato Davide Rondoni, poeta ed editorialista, per capire da dove nasce la rabbia dei giovani inglesi.

Rondoni, perché tutta questa violenza nel cuore di una nazione ordinata come quella inglese?

L’Inghilterra è sempre stata la sede del grande ordine, ma anche del grande disordine. Tutti i grandi sommovimenti, dal primo rock al punk, sono sempre iniziati in Inghilterra per poi coinvolgere il resto del mondo. La società britannica quindi, che apparentemente si ammanta di un certo aplomb, in fondo al cuore ha sempre avuto un’anima oscura o sovversiva. Basta leggere i drammi di Shakespeare per comprendere che il poeta inglese non era altro che un sovvertitore mascherato. Quando si parla dell’Inghilterra bisogna quindi tenere sempre in mente le due facce, che emergono a fasi alterne.

All’origine degli scontri ci sarebbe una rabbia diffusa verso un sistema dal quale i giovani si sentono traditi. E’ un sentimento così immotivato?

Senz’altro è un sentimento che ha qualcosa di motivato, perché questa è una società che ha fregato un sacco di giovani. E i primi traditori dei giovani sono gli adulti, che hanno preso il potere spesso in nome degli ideali giovanilisti, sessantottardi o post sessantottardi, o fintamente libertari. Quindi i giovani hanno dei buoni motivi per essere insoddisfatti: poi l’insoddisfazione per qualcuno diventa rabbia, per altri cinismo, ma non so che cosa sia peggio. Diciamo che, almeno per la mia esperienza, l’eccezione è quando i giovani non si sentono traditi. Per lavoro giro tantissime scuole per parlare di poesia, e una volta ho chiesto a un’assemblea di 300 ragazzi: «Ditemi il nome di un adulto libero che vi viene in mente». Nessuno ha fiatato, e il motivo è che questi ragazzi si sentono schiavi figli di schiavi, per questo reagiscono così. E la responsabilità è nostra, cioè degli adulti.

C’è da chiedersi se anche i ragazzi che sfasciano tutto non abbiano delle responsabilità…

E’ sempre facile accusare dei giovani, perché sono lo specchio un po’ più ingenuo di quello che sono gli adulti. Se è vero che sono inclini a scaricare le responsabilità, è perché hanno avuto padri e madri che hanno fatto molto peggio. I ragazzi fanno senz’altro un sacco di errori, intemperanze e guai, e questo è sicuramente sbagliato. Ma l’origine di questo disagio va cercato in una società costituita da adulti cinici, che non pensano ad altro che a quello che il grande poeta inglese Thomas Stearns Eliot chiamava i tre idoli, e cioè l’usura, la lussuria e il potere. Di fronti ad adulti così, è naturale che i ragazzi si sentano traditi.

Quindi non è solo un problema dell’Inghilterra?

Mi sembra evidente. Poi magari in Inghilterra dove non c’è ricchezza il tenore di vita è più basso, e lo squallore dell’esistente è spesso più forte e radicale che da noi. In Italia però io vedo della rabbia ancora inespressa, ma non meno forte. Spesso del resto l’Inghilterra anticipa quelle che sono le mode che poi si affermano in tutto il mondo …

Eppure in Inghilterra, dove manca una sinistra radicale come in Italia, le proteste assumono un carattere molto più violento. Perché?

Perché in Italia la sinistra radicale dà espressione sociale anche a un certo disagio giovanile, trasformando così in confronto politico quello che potrebbe essere soltanto guerriglia urbana. Ovviamente deve essere brava a farlo, non sempre ci riesce e a volte è ambigua. Però di fatto che in Italia ci sia una vera e propria sinistra è una fortuna, non in senso assoluto ma perché fa parte della democrazia, e quindi rappresenta una decompressione di qualcosa che altrimenti troverebbe espressione in altri modi. Purtroppo ultimamente anche l’Italia sta attraversando questo clima di antipolitica molto forte, e così ci stiamo avvicinando a quanto sta avvenendo in Inghilterra in queste ore.

Eppure la sinistra italiana ha una tradizione consolidata…

Sì, ma ormai prevale sempre di più l’aspetto ideologico. Questa è una colpa molto grave della sinistra, italiana ed europea, che si è fatta infiltrare, svuotare e fregare da un pensiero che non è di sinistra, cioè sociale, ma è individualistico e capace di difendere soltanto una moralità astratta. Basti pensare ai vari Grillo e Di Pietro, che non fanno altro che scatenare di continuo l’ira contro la società e la politica.

David Cameron ha tentato di dare una risposta con la Big Society. Perché non c’è riuscito?

Probabilmente questi ragazzi non la capiscono, né hanno gli strumenti per farlo. E del resto dopo un secolo e mezzo in cui lo Stato è stato considerato come la mamma che bada a tutto, è troppo presto perché il nuovo discorso di Cameron sia assorbito in maniera facile da parte di larghe fasce della popolazione.

A livello popolare, quale può essere quindi la risposta a questi giovani?

Da tempo alcune persone più avvertite, non solo in Italia ma nel mondo, stanno dicendo che c’è una grande questione educativa. In molti la considerano come un grande problema, ma ancora non è stata affrontata veramente. In Italia c’è un sacco di gente che organizza convegni sull’emergenza educativa, e poi non fa nulla. Mentre adesso bisogna cambiare veramente, a partire dalla scuola, bisogna che gli adulti stiano di più con i ragazzi, che i preti stiano con loro in un certo modo, che gli imprenditori facciano bottega con loro, magari rinunciando a tempo e a soldi. Occorre cioè prendere sul serio il desiderio di vita che c’è nei ragazzi, invece che mortificarlo o spegnerlo con qualche predica. E per farlo gli adulti devono imparare a rischiare una proposta, lasciando ai ragazzi l’opportunità di rispondere liberamente. Tutto quello che sanno fare è vezzeggiarli, fregare loro i soldi, cercare il loro voto, ma di adulti che rischiano una proposta insieme ai ragazzi ce ne sono davvero pochissimi.

(Pietro Vernizzi)





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