AEREO CADUTO/ 1. Andreas Lubitz, decidere di schiantarsi perché non si riesce più a “volare”

- Luigi Campagner

Andreas Lubitz, 27 anni, pilota. E pluriomicida. Ha chiuso la porta blindata del cockpit e ha fatto schiantare il volo 4U9525 Barcellona-Dusseldorf. Perché? LUIGI CAMPAGNER

lubitz_foto_pilota_r439 Andreas Lubitz

Ieri ho seguito le notizie sollecitato e aiutato da amici che mi hanno mandato messaggi a ripetizione per tenermi aggiornato e forse per avere in cambio un parere o un responso, che comunque non ho. 

Chiara, la figlia di un’amica che mi ha informato in un pomeriggio bombardato dalle news, ha battuto tutti sul tempo, anche il procuratore di Marsiglia, Brice Robin, che conduce le indagini:  “l’ha fatto apposta!”. Intuito femminile? Analisi lucida di una giovane mente priva di pregiudizi? A ogni modo la traiettoria dell’aereo è apparsa subito a tutti troppo regolare per lasciare spazio all’ipotesi di un guasto. Poi stiamo parlando di tecnologia tedesca. Meglio scommettere sull’errore umano.

Andreas Lubitz, 27 anni, pilota. Andreas Lubitz, 27 anni, pluriomicida. Le due frasi non sono conseguenti, infatti c’è un salto logico che sta tenendo in sospeso i consumatori di notizie di tutto il mondo (e gli utilizzatori di Airbus low cost, pure). Com’è possibile collegare un giovane di successo, secondo canoni universalmente condivisi, con un’azione così tragicamente distruttiva da evocare le figure nichiliste dei più riusciti romanzi di Dostoevskij?

Andreas “ha realizzato il suo sogno, il sogno che ha pagato con la vita”. Così lo hanno ricordato fino a ieri l’altro, prima dell’analisi della scatola nera, gli amici della LSC Westerwald, l’associazione di volo a vela con la quale era diventato pilota ancora ragazzo. I sogni, si sa, sono una materia delicata, ma soprattutto personale. Andreas ha realizzato un sogno? Non lo sappiamo. E se la risposta fosse affermativa, questo sogno era il suo? Di lui non sappiamo nulla (o quasi), molto si saprà nei prossimi giorni, ma anche in futuro questa domanda non troverà una risposta. Avrà mai davvero fatto un sogno del genere Andreas? Volare? E cos’ha pensato dopo il suo risveglio? Lo ha trattenuto nella memoria o lo ha dimenticato subito dopo? Ne ha parlato con qualcuno o lo ha tenuto per sé? 

Il sogno di volare è un sogno “tipico”, uno di quelli che hanno fatto in molti. Uno di quelli che per questo motivo Sigmund Freud ha commentato ormai oltre cent’anni fa, notando tra l’atro che è un sogno di alleggerimento. È proprio la sensazione di alleggerimento che al mattino ricordiamo come volo. Nel bambino questo sogno si accompagna, non di rado, col bagnare le lenzuola: l’alleggerimento di una tensione muscolare che trova in questo modo una sua — poco onorevole al risveglio — via di realizzazione. In un adulto (uomo o donna) è l’alleggerimento dall’angoscia che “fa volare”. È un’esperienza rara nella pesantezza che accompagna la routine quotidiana, e dunque non passa inosservata. 

Andreas avrà mai sognato di schiantarsi? Oppure ci avrà pensato qualche volta da sveglio come il fratello di Annie, nel film di Woody Allen (autore comico e tragico insieme) Io e Annie che confida al fidanzato della sorella di provare il fascino dello schianto mentre guida di notte e incrocia i fari di un’altra auto? Nella vita di Andreas tutto appare perfetto. Anche la foto della sua casa è perfetta. Però (c’è sempre un però) qualche “segugio” della cronaca ha trovato una crepa in tanta perfezione. La madre di un’amica d’infanzia (Montabaur, dove Andreas è nato e cresciuto, nella regione Renania-Palatinato, è un paese piccolo dove la gente mormora — cioè dice quel che pensa) rivela a una penna locale che Andreas aveva sospeso la formazione come pilota di Airbus per un problema personale, anche se per l’Ad di Lufthansa, Carsten Spohr, “aveva superato tutti i test medici e psichici e era atto al volo al 100 per cento”. La donna non lo sa dire meglio di così, forse soffriva di depressione, la sensazione opprimente (e pervasiva) che non riuscirà più a volare e non resta che schiantarsi.

Quante volte questo pensiero improvviso, quasi un desiderio incomprensibile, ha preso il volo nella mente di Andreas? Ne avrà parlato con qualcuno? O lo avrà scacciato con tutte le forze, fin che non gli sono più bastate? E ai controlli scrupolosi dei medici e degli esperti della psiche, pronti a tendergli una mano, lo ha — onestamente — riferito o — colpevolmente — censurato? Ha aperto la porta o si è blindato all’interno?

Il tuo posto nella vita non lo può prendere nessuno. Neppure lo psichiatra o lo psicoanalista di turno. Se la porta è chiusa nessuno può entrare. La regola non vale solo per i giovani piloti.







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