BANKITALIA/ Il doppio danno dei “furbetti del lingottino”

- Gianfranco D'Atri

L’Unione europea chiede chiarimenti all’Italia sul Decreto Legge relativo a Bankitalia. Il sospetto è che celi degli aiuti di Stato. Il commento di GIANFRANCO D’ATRI

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Non ha fatto in tempo a entrare in campo il nuovo superministro Padoan che l’arbitro ha fischiato il rigore! L’Ue ha infatti avviato le procedure per contestare la violazione di un principio base della comunità: il divieto agli Stati di fornire aiuti che possano alterare la concorrenza. E tali sarebbero i benefici, realizzati dalle banche, a seguito della legge sulla rivalutazione delle quote detenute in Banca d’Italia. L’eventuale procedura di infrazione avrà come conseguenza, se non si modificherà la norma, una sanzione a carico dello Stato italiano: oltre al danno, anche la beffa!

L’Ue non si interessa delle contestazioni sull’opportunità di questo provvedimento e sulla sua stessa liceità costituzionale, che sono state ignorate persino dal Presidente della Repubblica, ma all’impatto economico del provvedimento. Banalmente, non viene ritenuto legittimo regalare 7 miliardi ad alcune aziende solo perché ne hanno bisogno per sistemare i loro conti e farsi belle di fronte alle nuove autorità europee. D’altra parte lo stesso Draghi, Presidente della Bce, aveva, con prudenza, preso le distanze dal Decreto Legge, facendo presente che chiedergli un parere, non previsto dai trattati, a cose già fatte non era un metodo idoneo.

Sicuramente, ora, si ricorrerà a qualche pateracchio e forse si terrà conto di qualche ordine (scusate: suggerimento) dell’Ue, ma il vero danno è stato già fatto: mentre agli italiani sono stati richiesti immani sacrifici per diventare credibili agli occhi dell’Europa, l’operazione Banca d’Italia li trasforma nei soliti furbetti, poco affidabili. Quante pacche di Berlusconi vale la genialata di Saccomanni, con le finte perizie di esperti internazionali e l’assemblea ambigua di Banca d’Italia del 23 dicembre, nel delineare l’immagine dell’Italia all’estero?

Basteranno un sorriso e un tweet di Renzi a spiegare ai nostri “controllori” come mai qui in Italia abbiamo sia una contabilità in euro che una, parallela, in noccioline, per cui i deputati e senatori a volte si confondono (o vengono “confusi” tramite le mischie in campo, gli insulti, i morsi!)? E che vuoi che siano 7 miliardi di noccioline!?

Ma certo non si lasciano distrarre Intesa, Unicredit, Mps, Carige, Generali, Unipol e “compagni” (essendo gli ex comunisti i principali loro sostenitori). Per evitare problemi, nei giorni scorsi hanno affidato a due noti professionisti (Marchetti e Provasoli) il compito di dimostrare che è lecito per loro inserire nel bilancio 2013 l’incremento di valore delle quote e indicarle come disponibili alla vendita. Tale appostazione risulta essenziale per passare al più’ presto alla cassa, ovvero rendere possibile il riacquisto da parte della stessa Banca d’Italia, concretizzando l’aiuto prima che si debba cambiare la legge per come imporrà l’Europa.

Anche questa è una simpatica furbata: si giustifica la correttezza dell’applicazione della norma, senza chiedere un parere sulla liceità della norma stessa! E cosa ne pensa Consob? I Cinquestelle hanno chiesto una audizione di Vegas perché riferisca sugli aspetti di informativa al mercato. Potrebbe essere l’occasione per un chiarimento. Ma forse il vero chiarimento potrebbero farlo i Pubblici Ministeri: sono stati già depositati oltre cento esposti nelle Procure d’Italia da parte di Adusbef e quella che viene ormai considerata la più grande truffa ai danni degli italiani, grazie all’Europa questa volta, potrà essere sventata e noi, come cittadini, riacquistare un po’ di credibilità.

 

P.S.: Nel frattempo nessuna notizia certa circa i lingotti d’oro delle riserve: dove sono, quanti sono e a che titolo sono detenuti all’estero? Abbiamo una tenue speranza di ritornarne, noi cittadini, in possesso?







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