SPY FINANZA/ Brasile, Olimpiadi a rischio (e non solo)

- Mauro Bottarelli

Le cose non vanno molto bene per il Brasile e anche la preparazione dei Giochi Olimpici del 2016 non procede nel migliore dei modi, come spiega MAURO BOTTARELLI

brasile_bandiera_aerei Infophoto

Il 5 agosto di quest’anno a Rio de Janeiro è prevista la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi estive, ma siamo proprio convinti che quell’appuntamento sportivo prenderà il via o tra poche settimane il Brasile dovrà ammettere la realtà dei fatti e arrivare a un clamoroso annullamento? Vediamo qualche dato al riguardo, partendo dallo stato dell’arte dei lavori nei siti olimpici. Ad esempio, dal piano di mobilità, il quale prevede un’estensione della metropolitana di 16 chilometri per collegare il centro cittadino al villaggio olimpico, una miglioria che dovrebbe garantire il trasporto di 300mila spettatori al giorno. Ci sono però delle criticità: per il suo completamento mancano ancora finanziamenti per 247 milioni di dollari e, soprattutto, i lavori dovrebbero terminare in tempi relativamente brevi per garantire l’apertura dell’estensione al traffico passeggeri l’1 luglio prossimo.

Se tutto andrà bene, sarà sufficiente poco più di un mese per testare il funzionamento di un sistema così ampliato nelle lunghezze e nei volumi di traffico? Ne dubito. Nonostante il silenzio ufficiale, un recente report del Wall Street Journal ha svelato come molte malattie legate a insetti stiano andando fuori controllo in Brasile, tanto che i tentativi di combatterle paiono totalmente inutili. Stando ai dati di inizio dicembre, nel Paese si erano registrati da inizio 2015 il numero record di 1,58 milioni di casi di febbre dengue, legata proprio ai mosquitos e la stessa dinamica è in atto per la Chikungunya, altra malattia febbrile virale legata alla puntura di zanzare infette. Ma a spaventare di più è lo sviluppo molto rapido di un altro virus chiamato Zika, anch’esso legato ad alcune specie di zanzare e che stando alle autorità sanitarie brasiliane ha infettato 1,5 milioni di persone solo nei mesi recenti ed è associato a non meno di 3200 casi di malformazioni congenite nei bambini, soprattutto a livello cerebrale. Scoppiato e diffusosi velocemente nella regione nord-occidentale del Paese, la più povera, il virus starebbe ora diffondendosi molto velocemente nello stato di Rio de Janeiro (è di due giorni fa la notizia che sarebbe arrivato negli Usa, visto che le autorità del Texas hanno segnalato il primo caso nella contea di Harris in un uomo di ritorno da un viaggio in Salvador) e se dovesse diventare epidemico sarebbero molti i tifosi che rinuncerebbero a seguire le Olimpiadi a seguito del rischio sanitario.

Ci sono poi i conti, in perfetto stile greco (furono infatti le Olimpiadi di Atene ad assestare il colpo mortale ai già traballanti conti pubblici ellenici). Nel 2015 il costo infrastrutturale totale per i Giochi – finanziati quasi totalmente da governi federale e locali – è salito a oltre 5,9 miliardi di dollari, il 25% in più di quanto pianificato. In ottobre il comitato organizzatore aveva detto che avrebbe tagliato i costi del 30%, operando tagli su voci come cucina di lusso per le sale vip e la riduzione del numero di volontari addestrati per l’assistenza ai visitatori. Addirittura, al posto di alcune strutture fisse si è ora puntato sull’utilizzo di tende temporanee e anche le cerimonie di apertura e chiusura saranno meno sfarzose di quelle tenutesi recentemente a Londra e Pechino.

C’è poi lo scandalo maggiore, ovvero quello legato a due specchi d’acqua infestati da liquami (la Guanabara Bay e la laguna Rodrigo de Freitas) nei quali gli atleti dovrebbero gareggiare e che nonostante i tentativi delle autorità non mostrano alcun segno di miglioramento. Molti atleti che si stavano allenando nelle acque di Rio in preparazione ai Giochi si sono ammalati, tra cui un velista tedesco che ha contratto la Mrsa, una grave malattia cutanea. Interpellata a dicembre dall’Associated Press, l’esperta di virus acquatici Kristina Mena, ha dichiarato che «i livelli di virus sono così alti nelle acque brasiliane che se gli stessi venissero riscontrati negli Stati Uniti, le autorità chiuderebbero immediatamente le spiagge». E non c’è da sperare nel futuro, visto che l’unico piano di contrasto messo in campo dal governo è l’utilizzo di cosiddette eco-boats che si muovono attorno alla baia per recuperare i pezzi più grandi di detriti.

C’è poi il malcontento popolare, visto che stando alle ultime rilevazioni rispetto alla vendita di biglietti, sono stati staccati meno del 50% dei 4,5 milioni di tagliandi a uso interno: calcolando che il comitato organizzatore dipende da quelle vendite per il 17% delle sue necessità di budget, c’è poco da stare allegri. C’è poi il risvolto politico, visto che all’inizio dello scorso dicembre è giunta la notizia che il presidente della Camera bassa brasiliana, Eduardo Cunha, ha annunciato di aver accettato la richiesta di impeachment nei confronti della presidente Rousseff e di parte del suo entourage di potere avanzata dall’avvocato 93enne ed ex membro del Partito dei lavoratori (Pt) oggi al potere, Helio Bicudo.

Insomma, destabilizzazione politica ulteriore che rischia di tradursi in aumento della percezione del rischio da parte dei mercati, soprattutto dopo l’arresto a fine novembre di Andre Esteves, l’amministratore delegato di Btg Pactual, la “Goldman Sachs” brasiliana. Parlando alla stampa riunita a Brasilia, Cunha dichiarò che «il processo di impeachment potrebbe richiedere mesi e molti voti parlamentari e potrebbe concludersi con l’uscita di scena della presidente. Possa la nostra nazione superare questo processo». E non solo da quello, perché purtroppo la ragione principale per cui vedo a fortissimo rischio le Olimpiadi estive è perché l’economia brasiliana sta per entrare nella peggior recessione da quella del 1903.

Il motore dell’America Latina, infatti, sta affrontando una crisi drammatica che vede ogni possibile scenario avverso concretizzarsi un passo dopo l’altro: il rischio stagflazione è quasi realtà, visto che la ratio inflazione/crescita è da incubo, con la prima al 10,28%, la disoccupazione lo scorso agosto è salita dal 7,9% dal 4,7% di un anno prima e per l’anno prossimo si attende una media del 9% nelle principali sei aree metropolitane del Paese, mentre la produzione sta crollando al ritmo del 6,1% su base annua. Il risultato? Il Pil del terzo trimestre in contrazione dell’1,7% su base trimestrale e del 4,5% su base annua, con l’aggravante che il già poco tranquillizzante dato del secondo trimestre è stato rivisto da -1,9% a -2,1%. Il tasso di occupazione a ottobre è calato del 3,5% su base annua, mentre i salari reali addirittura del 7% nello stesso mese, siamo ai livello peggiori dall’ottobre del 2003! Con dinamiche simili, questo grafico non dovrebbe stupire, visto che difficilmente le spese per consumi possono salire a fronte di disoccupazione in aumento e potere d’acquisto devastato da inflazione e tagli salariali.

 

E la cosa si aggrava, visto che nonostante la presidente Dilma Rousseff avesse posto occupazione e dinamiche salariali al centro del suo impegno per il secondo mandato, a patire maggiormente i tagli occupazionali sono i giovani tra i 18 e i 24 anni, il cui tasso di disoccupazione a ottobre è salito al 19,5% dall’11,8% di un anno prima, stando a dati ufficiali di tracciatura delle aree metropolitane. E se l’unico numero in salita è quello dei lavoratori part-time, visto che l’azienda di matching occupazionale Prolancer nei primi nove mesi del 2015 ha raddoppiato i contratti con datori di lavoro in cerca di impiegati flessibili, stando a dati del servizio di collocamento Catho, l’11,5% dei brasiliani sarebbe disposto a lasciare il Paese anche senza la certezza di prospettive migliori altrove, siamo al triplo del livello del 2013!

E per quanto riguarda il crollo dei salari reali, il problema principale è che la formula che aveva garantito potere d’acquisto ai brasiliani ora non funziona più: a livello di incremento del salario minimo, infatti, si calcolava il tasso di inflazione dell’anno precedente più la crescita economica dei due anni prima. Ma con il Pil del 2014 virtualmente piatto e il dato in contrazione per il 2015 e quello appena iniziato, l’economia non riesce più a mantenere il livello salariale al riparo dall’inflazione montante. E se anche il Brasile non sconta il peccato originale di una ratio debito/Pil fuori controllo, stando a stime di Barclays il debito pubblico nel quarto trimestre dello scorso anno salirà a oltre il 71% del Pil con i costi medi di finanziamento a oltre il 12%, oltretutto senza prospettive per un’inversione che porti a un surplus sostenibile o più forte prospettive di crescita.

La tabella a fondo pagina ci mostra le dinamiche utilizzate da Barclays per il suo scenario di stress rispetto al debito brasiliano, il quale fa i conti con pressioni di mercato in aumento per tutto l’anno appena cominciato. A scatenare queste pressioni, per la banca inglese, potrebbero essere alcuni fattori come un potenzialeimpeachment della Presidente (già pressoché realtà), una perdita di fiducia rispetto all’outlook fiscale e un aumento netto delle liabilities contingenti. La proiezione di Barclays prevede un peggioramento del bilancio primario rispetto al caso base, raggiungendo il -2,3% del Pil quest’anno e restando comunque in persistente deficit fino al 2019 (-0,5%).

Come notate sempre dalla tabella, l’inflazione e le aspettative legate ad essa rimangono alte, mentre i tassi salgono proprio perché il premio di rischio fa aumentare il costo del debito. E il grafico più sotto ci dice che in base allo scenario di stress la ratio debito/Pil brasiliano potrebbe salire oltre il 100% entro il 2020 e non stabilizzarsi. E per chi ritenesse impossibile un aumento tale dei tassi di interesse da far concretizzare questa dinamica, giova ricordare che durante la crisi finanziaria del 2008 i tassi salirono del doppio rispetto ai 200 punti base prospettati da Barclays e, addirittura, nel 2002 di 800 punti base in sei mesi. Se si arrivasse a un aumento di 400 punti base, il caso estremo per Barclays, la ratio debito Pil/salirebbe al 114% nel 2021.

Boa sorte Brasil, ne hai davvero bisogno. E accetta un consiglio, lascia stare le Olimpiadi e pensa a salvare i conti.

 







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