YEMEN/ Il diario di guerra: si rischia una nuova Libia

- La Redazione

Lo Yemen si trova ormai sull'orlo di una vera e propria guerra civile, che potrebbe destabilizzare ulteriormente un'area delicatissima. E' quanto afferma l'Onu. 

yemen-R439 foto:Infophoto

Lo Yemen si trova ormai sull’orlo di una vera e propria guerra civile, che potrebbe destabilizzare ulteriormente un’area delicatissima. A certificare la drammatica situazione è l’Onu, che ammette in maniera esplicita il rischio di un’escalation in grado di porre le basi per uno scenario che ricorda quelli di Siria e Libia. A rendere possibile una realtà così esplosiva, sono le quattro forze che stanno cercando di acquisire il controllo dell’area: il governo legittimo di Hadi che è ormai in piena rotta, i ribelli sciiti Houthi, quelli di Aqpa e i miliziani che fanno riferimento allo Stato islamico. Questi ultimi hanno segnato il loro clamoroso ingresso sul teatro yemenita con gli attentati effettuati ai danni delle moschee di Sana’a. Il governo legittimo, riconosciuto a livello internazionale è rappresentato dal presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, che detiene la carica dal 2012. Arrivato al potere, non è mai riuscito a mettere in pratica le raccomandazioni su un possibile dialogo tra tutte le forze nazionali, che si contendevano lo Yemen, dopo la rivoluzione popolare che nel 2011 aveva portato alla caduta di Ali Abdallah Saleh, dopo un dominio che durava dal 1978. Nel settembre del 2014, il governo Hadi è stato messo in ginocchio dagli Houthi, un movimento sciita proveniente da settentrione che ha preso il controllo della capitale costringendo il presidente a rassegnare le dimissioni. Messo agli arresti domiciliari, Hadi gode ancora del sostegno della comunità internazionale e nel corso del mese di febbraio è riuscito a riparare ad Aden. Ben presto, però, anche il porto è sfuggito al suo controllo, tanto da costringerlo a rifugiarsi in un luogo considerato più sicuro, mentre l’aeroporto diventava teatro di aspri combattimenti. Gli scontri vedono protagoniste le truppe fedeli al presidente e reparti delle forze speciali guidate da Abdel Hafedh al Sakkaf, un generale che si è alleato coi ribelli Houthi, dopo essere stato licenziato da Hadi. A lui fanno riferimento circa duemila uomini armati di tutto punto. Per quanto riguarda gli Houthi, sostengono Abdel Malik al-Houthi, leader della parte settentrionale del paese. Si tratta di una delle tante varianti dello sciismo, gli zaydi, il cui nome discende da Zayd bin Ali, ovvero il pronipote di Maometto, considerato come quinto imam. Gli zaydi sono considerati i più vicini ai sunniti tra le sette sciite e accusano la rivoluzione del 2011 di aver tradito l’ondata di malcontento popolare che aveva portato alla sollevazione. Accusando il potere rivoluzionario di essere diventato uno strumento in mano ai partiti, gli Houthi hanno deciso di rivoltarsi contro Hadi dando vita ad una contro-rivoluzione tesa soprattutto ad estendere il loro potere creando allo stesso tempo un’alleanza di convenienza con l’ex presidente Saleh, che pure avevano combattuto aspramente nella loro roccaforte di Sa’dah. Questa fazione gode del sostegno dell’Iran e proprio per questo motivo sono in molti a guardare con estrema preoccupazione alla possibile estensione dell’influenza iraniana in Yemen. Una preoccupazione che riguarda soprattutto l’Arabia Saudita, anche perché la precaria situazione creata ha ravvivato le latenti tensioni confessionali tra sunniti e zaydi. In un contesto già così problematico, è riuscito quindi ad inserirsi Aqpa, considerato il braccio di al-Qaeda nel cuore della penisola arabica. L’emersione di al-Qaeda nell’area è avvenuta nel corso dei primi anni del nuovo millennio, anche a seguito del notevole indebolimento del movimento jihadista in Afghanistan derivante dall’intervento internazionale. Il vero e proprio atto di nascita di Aqpa è avvenuto nel 2009, quando si sono fusi i rami saudita e yemenita di al-Qaeda. Una volta nata, la nuova organizzazione ha iniziato ad operare con le modalità tipiche dei network terroristici. La sua prima azione su vasta scala risale all’agosto dello stesso anno, quando il principe saudita Nayef è stato oggetto di un attentato suicida da parte di un terrorista arrivato proprio dallo Yemen, cui è riuscito a sfuggire. Nel Natale dello stesso anno, è stato poi un giovane nigeriano, Omar Farouk Abdulmutallab, dopo essere stato indottrinato nel corso di due viaggi nello Yemen, a tentare di far esplodere un aereo della Northwest Airlines. Nel corso della rivoluzione del 2011, Aqpa è riuscito a giovarsi della confusa situazione politica per installarsi in diversi distretti situati ad est e nel sud del paese. Neanche l’uccisione di Harith al-Nadhari, uno dei riferimenti ideologici del movimento, da parte di un drone, è riuscito a fermarne l’azione. Proprio al-Nadhari aveva provveduto poco prima della sua morte ad elogiare i fratelli Kouachi, autori del raid contro Charlie Hebdo, che aveva provocato una strage nella sede del settimanale satirico di Parigi. I due terroristi erano peraltro stati addestrati dall’organizzazione, almeno stando a quanto affermato in una sua rivendicazione. Le forze che fanno riferimento ad Aqpa nella penisola arabica, sono stimate intorno ai mille effettivi. Infine lo Stato islamico, la cui filiale nello Yemen sarebbe nata dopo una spaccatura all’interno della stessa Aqpa, con alcune fazioni leste a giurare fedeltà al califfo Abu Bakr al-Baghdadi. Se inizialmente l’attivita dell’Is in Yemen è stata abbastanza trascurabile, gli attacchi contro le moschee di Sana’a e Sa’dah, in cui sono morte almeno 142 persone, dimostrano come anche lo Stato islamico abbia intenzione di far sentire la sua voce nello Yemen.







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