GEO-POLITICA/ Sirte, Isis, Libia: i nuovi “vantaggi” per Usa e Renzi

- Mauro Bottarelli

Sirte è stata liberata, ma dalla Libia scatta l’allarme su possibili arrivi di terroristi dell’Isis anche in Italia. Per MAURO BOTTARELLI la situazione è più che sospetta

libia_guerra1R439 Guerra in Libia (Foto: LaPresse)

L’allarme è perentorio: «Con la liberazione di Sirte dall’Isis, lo scenario è completamente cambiato e cresce oggettivamente il rischio che dei militanti possano fuggire in Europa anche via mare». Giacomo Stucchi, presidente del Copasir, il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, ha pochi dubbi: «Se a lungo è stato altamente improbabile, se non impossibile che Daeshfacesse viaggiare suoi affiliati sui barconi, esponendo ai rischi oggettivamente alti della traversata uomini su cui aveva investito in tempo e soldi», oggi si è in pieno caos e nella fuga dalla Libia quelli che non sono diretti verso sud potrebbero anche decidere di tentare la carta del viaggio in mare verso l’Europa. «Sono cani sciolti, gente allo sbando, che scappa – sottolinea Stucchi -. Poi si tratta di capire quali intenzioni ha chi dovesse davvero arrivare in questo modo: semplicemente far perdere le proprie tracce oppure voler continuare a combattere in nome della propria causa?».

Quanto alle minacce a Roma lette sui muri della città libica strappata all’Isis, per il presidente del Copasir «vanno lette nell’ottica della propaganda fatta da Daesh negli ultimi anni e negli ultimi mesi, soprattutto in Libia. Nel mirino c’è l’Occidente in genere con tutti i simboli che il sedicente Califfato intende abbattere e Roma come culla della cristianità è un bersaglio come qualsiasi altra città degli infedeli». E la possibile presenza nel milanese di jihadisti libici, tunisini e sudanesi, di cui parlerebbero i servizi di Tripoli? «La situazione è attentamente monitorata dalle nostre forze dell’ordine e dalla intelligence – conclude Stucchi – ci sono state delle inchieste e altre sono in corso, ma in diversi casi potrebbe anche trattarsi di elementi solo di passaggio, che sono stati in certe zone e che adesso si trovano da tutt’altra parte».

Ora, lungi da me voler sottostimare un rischio serio come quello dell’estremismo islamico, ma vi chiedo di riflettere su una cosa: non vi pare che quanto sta accadendo in Libia sia quantomeno sospetto? Pensateci: in meno di un settimana e con una quarantina di raid dei caccia Usa in tutto, è stata riconquistato il 70% di Sirte, la roccaforte del Califfato? Delle due, l’una: o quelli di Daesh sono dei combattenti penosi o fino ad adesso li si è lasciati fare, senza intervenire. Quaranta raid i russi in Siria li fanno in tre ore, non in una settimana. Qui, invece, in pochi giorni il pericolo numero uno al mondo, molla tutto e se va, senza colpo ferire? Guarda caso, poi, compare una misteriosa scritta fatta con una bomboletta spray su un muro della città, in cui si parla di Sirte come porto per arrivare a Roma: da quanto c’è quella scritta? Chi l’ha fatta?

C’è poi dell’altro: perché nella concitazione della liberazione di una città dall’Isis, si è trovato sufficiente tempo per rinvenire documenti che tramuterebbero il milanese nell’Aleppo italiana e farli avere a tempo di record alla stampa, quando si sa che certe cose i servizi le tengono per sé, le verificano, lavorano con le loro fonti e, a pericolo potenziale sventato, le rendono note. Qui no, lo si dice subito e il presidente del Copasir ci dice che ci sono inchieste in corso e che potrebbe trattarsi solo di elementi di passaggio. Però tutti i giornali hanno lo stesso titolo: Milano e il suo hinterland sono la base logistica di Daesh in Italia. La stessa Milano in cui entro due mesi una caserma dell’esercito verrà adibita a centro profughi per circa 500 migranti in pieno centro: non stona un po’ la cosa?

Il Presidente del Copasir ci dice che adesso è molto probabile che elementi dell’Isis usino i barconi per infiltrarsi e scappare dalla Libia, ma la politica del governo resta quella dell’accoglienza a oltranza e dei non respingimenti. Certo, giova ricordare che Stucchi è della Lega Nord, partito che esprime anche il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, il quale ha già detto che nella maggior parte dei casi abbiamo a che fare con clandestini che, in quanto tali, vanno espulsi. Una forzatura politica? Lo escludo, Stucchi è persona seria, ma resta il fatto che quanto sta accadendo in Libia puzza parecchio.

Puzza la decisione Usa di cominciare a bombardare dalla sera alla mattina, puzza la rapidità di collegamento tra le forze aeree statunitense e le truppe libiche sul terreno, puzza la resa incondizionata e a tempo di record dell’Isis, puzza il risentito silenzio del governo di Tobruk, il quale aveva condannato da subito l’unilateralità dei raid americani. C’è forse un tacito patto di spartizione? Ovvero, la Siria resta sotto influenza russa e la Libia sotto quella Usa, con la partita irachena tutta da giocare?

Forse no, perché la città curdo-siriana di Manjib, appena liberata dall’Isis con tripudio di taglio delle barbe e bruciatura di burka i favore di telecamere e fotografi, ha visto l’assitenza aerea americana e non russa. Si sta forse giocando una partita internazionale molto più grande, utilizzando l’Isis come pallina da ping pong? Pensateci: l’interventismo Usa anti-Daesh è tutto fieno in cascina per la Clinton e la sua campagna elettorale, visto che Trump punta tutto sull’allarme e sulla paura. Come, d’altronde, la misteriosa pubblicazione di quanto scoperto a Sirte ha depotenziato pesantemente il pessimo dato economico dell’Italia, il cui Pil è tornato a livello di crescita zero. Ma di fronte al rischio potenziale dei tagliagole che pullulano nel milanese, cosa volete che sia il Pil? Di colpo, dalla sera alla mattina, si passa dall’inattività totale all’espulsione ciclica di imam estremisti: direte voi, lavoro di intelligence silenziosa che dura mesi e porta i suoi frutti. Sacrosanto, ma allora perché quel diluvio di informazioni pubbliche da Sirte, facilmente senza nemmeno un riscontro?

La partita della sicurezza e della paura ormai è argomento ovunque in Europa, soprattutto in Francia e Germania dove nel settembre del prossimo anno si vota, ma lo è anche in Austria e Ungheria, dove invece si vota il prossimo 2 ottobre per il ballottaggio delle presidenziali e per il referendum sui ricollocamenti obbligatori di migranti imposti dall’Ue. La paura fa audience, la paura toglie lucidità di giudizio, la paura rende ciechi. Ma la paura, soprattutto, cambia le priorità, depotenzia le notizie, inverte il modo in cui valutiamo le cose. L’Isis fino a pochi mesi fa era un pericolo, ma non era vissuto come priorità, era un branco di pazzi che cercava di dar vita al loro Stato teocratico tra Siria e Iraq. Poi, gli attentati di Parigi, di Bruxelles, di Nizza, in Germania e la paura è entrata nel nostro quotidiano, ha cominciato a cambiare le nostre vite e le abitudini, ci ha reso indifesi e quindi necessitanti di uno Stato che pensasse a noi, ci proteggesse, ci facesse vedere la maniere forti, come sta accadendo nei porti, dove i controlli agli imbarchi sono di molto aumentati e tutti ben in favore di telecamera.

Certo, l’estremismo islamico è un pericolo, ma perché lo scopriamo solo ora? Perché non lo era fino a Charlie Hebdo? Gli stessi che oggi promettono di difenderci, emanando leggi speciali che spesso limitano le libertà personali come in Francia, sono quelli che hanno permesso e coccolato, in nome del multiculturalismo, la nascita di quartieri ghetto alla periferia di Parigi come di Bruxelles. E che, magari, hanno permesso davvero che l’hinterland milanese diventasse terreno fertile, grazie al proliferare di non meglio precisati centri di cultura islamica: il problema è che fino a pochi mesi fa, se dicevi qualcosa al riguardo era tacciato di razzismo. Ora, invece, con i buoi ormai scappati dal recinto, almeno stando ai documenti ritrovati in Libia, va bene, l’allarme è benedetto, perché può salvare delle vite: e a cosa dobbiamo questo repentino cambio di paradigma? All’altrettanto repentina caduta di Sirte per mano dei valenti cacciabombardieri Usa e delle truppe libiche fedeli al governo di Tripoli, quello filo-occidentale. La popolarità del quale, però, «si sta sgretolando a causa dei frequenti blackout elettrici e della svalutazione della moneta locale, che sta colpendo le importazioni di materie prime vitali per l’economia del Paese».

E non lo dico io, lo ha detto Martin Kobler, rappresentante speciale in Libia del segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in un’intervista pubblicata sabato dal quotidiano svizzero Neue ZercherZeitung. Et voilà, la conquista di Sirte garantisce una bella botta di immagine e la possibilità di negoziare in posizione se non di forza, almeno paritetica, con il governo di Tobruk, sostenuto dalla Russia.

E poi, volendo ragionare da provinciali, quale scusa migliore del rischio infiltrazione dell’Isis per depotenziare le critiche delle opposizioni al governo di non aver avvertito il Parlamento del dispiegamento in Libia di nostre forze speciali? Stanno prendendovi in giro, rendetevene conto. E buon Ferragosto a tutti.





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