IL CASO/ Lucio Battisti: cara Grazia Veronesi, ovunque riposi il suo corpo le canzoni appartengono a tutti

- David Nieri

Le spoglie di Lucio Battisti sono state portate via da Molteno e trasferite a Rimini: si dice che la decisione sia una ripicca della vedova contro il Comune. DAVID NIERI commenta l'episodio

battisti_R439 Lucio Battisti (1943-1988) (Foto dal web)

Mi fece sorridere, qualche anno fa, la battuta sarcastica di un noto giornalista musicale il quale, trovandosi a recensire l’ultimo album di uno dei mostri sacri del rock, lo stroncò affermando che ormai l’artista era affetto da “sindrome di Yoko Ono”. A tal proposito risulta inutile qualsiasi tentativo di chiarimento, il senso di quelle parole non lasciavano – e non lasciano – il benché minimo dubbio. Eppure da sempre si dice che dietro un grande uomo ci sia una grande donna, un’affermazione che, almeno per ora, non può essere ribaltata dal punto di vista di “genere”, anche se probabilmente è solo questione di tempo. Che possiamo dire, dunque, di un cantautore che ha scritto alcune delle pagine migliori della nostra musica negli ultimi cinquant’anni? Secondo il detto popolare, senz’altro avrà avuto accanto una compagna carismatica, intelligente, una moglie e al tempo stesso una donna per amico, una consigliera, una manager, una continua fonte di ispirazione. Probabilmente, nel caso di Lucio Battisti, è tutto vero. La sua carriera, infatti, spicca definitivamente il volo quando Grazia Letizia Veronese è già saldamente al suo fianco, ed è molto probabile che la sua anima gemella (latina, ovviamente) abbia dettato il passo tra successo di pubblico e vita privata, due specchi opposti che nella breve esistenza dell’artista non troveranno mai un punto d’incontro, fino a rompersi definitivamente con l’abbandono delle scene sancito dalla scelta – per molti dolorosa – del più totale isolamento.

Che la moglie abbia rappresentato un valido sostegno nella vita di Battisti, anche dal punto di vista artistico, è più che certo: se non sono mai state veramente chiarite le cause del divorzio dal paroliere Mogol, è un dato di fatto che a scrivere i testi del primo album senza Giulio Rapetti, E già – siamo nel 1982 – sia stata proprio lei, la sua musa, nascosta dietro il nome d’arte Velezia. Il disco, non per cattiveria, è probabilmente il punto più basso di una discografia di prim’ordine, ma non è certamente per questo motivo che i molti fan del Lucio nazionale nutrono sentimenti poco nobili nei confronti della vedova, che in effetti, in questi quindici anni che ci separano dalla prematura scomparsa del marito – era il 9 settembre del 1998 –, non si è fatta certamente notare per nobili intenzioni o disponibilità. Le polemiche sono state molte, ma il culmine è stato raggiunto a colpi di carte bollate proprio lì, a Molteno, bellissimo comune della Brianza dove i coniugi Battisti si erano trasferiti molti anni prima per condurre la vita appartata che entrambi desideravano. Fatto sta che la vedova ha avuto parecchio da ridire a proposito di un festival che il Comune organizza ogni anno in memoria del grande artista, un omaggio che possiamo addirittura definire “dovuto”, soprattutto se si considerano i continui tributi (spesso di qualità molto scadente, ma questa è un’altra storia) dedicati a molti colleghi i cui eredi o improbabili estimatori dell’ultim’ora non perdono occasione di celebrare.

Bene, Grazia Letizia (e il figlio Carlo) non hanno mai gradito, anzi, hanno intentato causa al Comune sostenendo che la manifestazione danneggia e sfrutta impropriamente l’immagine di Battisti. Ma la Corte d’Appello ha recentemente respinto le accuse, e qualcuno insinua che sia proprio questa la ragione che ha spinto la vedova – proprio alla vigilia della celebrazione del quindicesimo anniversario della scomparsa del nostro caro angelo – a decidere di strappare a Molteno i resti del grande cantautore. Oltretutto si insinua che la tomba fosse trascuratissima, proprio come la villa, abbandonata da anni e messa in vendita visto che Grazia Letizia vive di nuovo a Roma e il figlio Carlo (tecnico del suono) si divide tra Rimini e Londra.

Non è il caso di fare supposizioni, ma basterebbe una dichiarazione da parte della signora Veronese per dissipare ogni dubbio e allontanare le polemiche, anche se forse – per i pregiudizi ormai solidificati nel cuore dei fan più accaniti – neanche la più completa trasparenza sarebbe sufficiente. Certo, l’atteggiamento è a dir poco sospetto: sembra infatti che qualsiasi iniziativa che coinvolge, direttamente o indirettamente, il nome di Lucio Battisti, sia destinata a causare vittime, tra diritti d’autore contestati o sfruttamento del nome a fini commerciali. Una rigidità che non fa onore a una famiglia che continua imperterrita la sua improbabile crociata ma che alla fine suscita rancori e disapprovazioni spesso gratuite.

Per certo si sa che le spoglie saranno cremate a San Benedetto del Tronto, ma nulla della futura destinazione. Qualche fischio, durante l’operazione di “estumulazione”, in effetti c’è stato. La vedova è arrivata a bordo di un furgone con i vetri oscurati e sembra abbia addirittura manifestato, in più occasioni, un senso di fastidio. Parecchie erano infatti le persone assiepate fuori dai cancelli (“motivi di ordine pubblico”, chiarisce il sindaco) per dare un ultimo saluto al buon Lucio, tesoriere di emozioni e sentimenti. Insieme alla bara la moglie si è portata via, per l’ultima volta – e forse con soddisfazione – un sacchetto contenente lettere e messaggi, omaggi innocui a un idolo indimenticabile mai apprezzati dalla famiglia, quasi fossero un’intrusione sgradita. Assurdo.

E a questo punto, se deve essere polemica, che polemica sia.

Signora Veronese, se ne faccia una ragione: potrà prodigarsi in tutti i modi per avere il copyright di Lucio Battisti, del suo corpo senza vita, delle sue ceneri. Ma non della sua arte e delle sue canzoni, che sono un patrimonio culturale del nostro paese, della nostra memoria. Faccia ciò che vuole di quei poveri resti, non ne abbiamo bisogno. Ci basterà poter ascoltare la sua voce, ogni volta che lo vorremo. Vento nel vento. Quello che nessuno potrà mai portarci via





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