GENTLESS3/ “Things We Lost”, Carlo Natoli racconta il nuovo lavoro della band siciliana

- Luigi Viva

Tornano con un ep molto interessante i Gentless3, band siciliana dalle molteplici influenze. Il leader Carlo Natoli spiega il contenuto del lavoro, l'articolo di LUIGI VIVA

gentless3-musica_R439 Il nuovo disco dei Gentless3

Lo scorso anno il sottoscritto indicò come cd dell’anno SPEAK TO THE BONES dei Gentless3, ascoltati per caso in un locale di San Lorenzo a Roma. Poteva sembrare un azzardo ma l’uscita di THINGS WE LOST, ep contente quattro brani inediti, non fa che confermare la qualità della band e del leader Carlo Natoli. Il suono si è fatto più tagliente così come le parole, testi intensi, permeati di impegno sociale e politico. Non è arduo presagire un gran futuro a Natoli al quale auguriamo di diventare presto popolare senza farsi agguantare dall’establishment, dal quel potere che manipola, ti blandisce per riportarti nel gruppo al fine di nascondere la tua voce. Molteplici i riferimenti che il musicista ci fece in occasione della presentazione del cd SPEAK TO THE BONES.

“La nostra musica? Molto delta-blues e pre-war-blues americano, Skip James sopra tutti, Woven Hand e 16 Horsepower (per come hanno saputo elettrificare innocui e antichi strumenti come il banjo, la ghironda e gli organetti), il binomio geniale Kurt Weill e Bertolt Brecht per le canzoni che per prime hanno saputo affrontare la parte oscura dentro ogni uomo (tradotte da Strehler e cantate da Milva sono poi delizia rivoluzionaria), Rosa Balistreri che è il Blues più di tanti ragazzini americani di oggi, Ignazio Buttitta e Danilo Dolci perchè hanno capito e riconosciuto il popolo siciliano più di tanti politici e intellettuali, Raymond Carver ed E.E. Cummings perchè uno con i minimi termini e l’altro col massimalismo hanno scavato un immaginario americano con la loro scrittura che è meglio di quello reale; tutti i deserti di Cormac McCarthy, Fabrizio De André perché come pochi ha avuto l’onestà e la pietà (anarchica e non-religiosa) di raccontare i tesori che la cosiddetta società civile seppellisce sotto il disagio da lei stessa provocata “(Carlo  Natoli)

THINGS WE LOST, sempre pubblicato per la Viceversa Records, ha una gestazione sofferta  (addirittura con perdita totale dei primi nastri registrati). Carlo Natoli con questo lavoro opta per una specie di ritorno alla modalità in solitario. Il cd precedente infatti, pur se interamente da lui composto, aveva subito un processo di lavorazione a sei, ovvero i cinque componenti della band più “Joe Lally che in fase di produzione aveva dato un contributo fondamentale, difficile da gestire e che mi ha causato non poche ansie”. Partendo da diverse canzoni stavolta Natoli  (voce, banjo, mandolino, chitarre acustiche ed elettriche, dulcimer, pedal steel, lap steel) ha selezionato quattro brani  completati insieme ai suoi compagni “storici” Sebastiano Cataudo alla batteria e Sergio Occhipinti al basso e alle chitarre elettriche. Nella fase finale sono poi intervenuti Fabrizio Cammarata, Fabio Parrinello di Black Eyed Dog e Luca Andriolo di Dead Cat on a Bag. Nel nuovo lavoro si condensano così spunti, registrazioni, appunti di viaggio, nati fra Palermo, Ragusa, Catania, Roma, Vancouver, Edinburgo, e Torino.

Colpisce molto il suono tagliente, puro e sofisticato al tempo stesso, che sembra segnare in maniera ancor più personale il tratto stilistico della band.

 

“L’’idea di un suono scarno e sporco mi affascina, anche perché  per mestiere (fonico e produttore) devo sempre restare dalle parti opposte, quelle dell’intellegibilità del suono e della sua pregiatezza tecnica. E’ un disco povero di mezzi per scelta questo” (Carlo Natoli)

 

Si parte forte,  un colpo sotto alla cintura,  con  Death Row Information (Song for 510 Sentenced to Death) che parla dei condannati a morte e su come i loro ultimi momenti, anziché rispettati, vengano resi noti a tutti; come se togliere la vita ad un uomo sia uno spettacolo come tanti. L’atmosfera è cupa, tesa, rispettosa della fine . Sound scarno, sembra di riascoltare i primissimi Pink Floyd quelli di Syd Barrett.

 

 

“Death Row Information è un collage di ultime dichiarazioni di condannati a morte. Le frasi sono state prese dal sito del dipartimento di giustizia del Texas. Mi ha molto stupito la nonchalance con cui vengono resi pubblici certi momenti così spontaneamente privati. Ovviamente è una specie di protest-song, data la mia personale battaglia contro il carcere in generale (seguo da tanti anni le attività della Black Cross Americana) e contro la pena di morte”  (Carlo Natoli)

Mercenary  (Song for the Needles) è storia di una cenerentola avvelenata. La voce di Natoli qui si avvicina come timbro al grande David Sylvian. Brano intrigante anche musicalmente. Eccellente l’apporto della ritmica, affascina il suono delle chitarre.

 

“Mercenary è una piccola fiaba, l’ho scritta molto tempo fa, e ho cambiato i personaggi nella mia testa molte volte. in breve si tratta di una specie di processione, vista dall’interno: un gruppo non ben distinto in cui spiccano alcuni personaggi si muove verso una cenerentola oramai avvelenata. e alla fine, quello di cui tutti i personaggi hanno bisogno (come noi) è questa idea mercenaria dell’approvazione degli altri”(Carlo Natoli)

 

Il tema della fede viene affrontato in For a Relief (Song Against Belief), convincente la parte musicale, tagliente, aspra, contribuisce a rafforzare l’insofferenza covata di fronte ad un tema così personale.

 

“For a Relief credo sia il massimo della spiritualità che riesco a comprendere. abbiamo tutti bisogno di dare dei nomi alle persone o alle cose che conosciamo, ma siamo noi, e poco altro” (Carlo Natoli)

 

Pay My Dues (Song for Juliane Koepcke) chiude l’EP, con una storia avvincente, nella quale Natoli vuole a suo modo rivivere l’avventura di una donna scampata ad un incidente aereo. Interessante l’uso delle voci che si avvicendano, incluso il probabile omaggio allo scomparso Pete Seeger. Chiusura acustica con banjo, lap steel e chitarre a farla da padrone.

 

“Pay My Dues è in pratica la storia di Juliane Koepche, l’unica sopravvissuta di un incidente aereo accaduto sul cielo del sudamerica negli anni ’70. Stava andando a trovare suo padre insieme alla madre, cadde nel bel mezzo della foresta pluviale, e, nonostante ferite mortali riuscì a sopravvivere.Mi ha molto impressionato l’idea che mentre l’aereo cadeva (nella mia testa) lei vedesse lo sfacelo delle cose comuni dal finestrino e pensasse “ho dei debiti pagare, che non riuscirò a saldare” (Carlo Natoli).

 

Cd in uscita il 28 aprile con imminente tour che toccherà le principali città italiane.

 





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