FESTIVAL DI SALISBURGO/ I naufraghi del Viale della Provvidenza: l’intervista a Cairns e Adès

- Giuseppe Pennisi

L'intervista al compositore Thomas Adès e al regista Tom Cairns, autori di The Exterminating Angel presentato in anteprima mondiale al Festival di Salisburgo. di GIUSEPPE PENNISI

Thomas_Ades_Anne-Zeuner_R439 Thomas Ades, foto di Anne Zeuner

Da sempre il festival di Salisburgo ha un alto contenuto spirituale. Quest’anno, dopo la consueta ouverture di concerti di musica sacra, è stato inaugurato, la sera del 28 luglio, dall’attesissima prima mondiale di The Exterminating Angel (L’Angelo Sterminatore) terza opera di Thomas Adès (classe 1971), uno dei più apprezzati compositori contemporanei. La sera della prima ho avuto modo di conversarne con Adès, che ha anche concertato l’opera, e con il regista Tom Cairns (classe 1952) sulla meravigliosa terrazza della Torre Toscanini da dove si gode una vista mozzafiato sulla Salisburgo barocca, il castello medievale, il fiume e le colline.

The Exterminating Angel è tratto dal film eponimo di Luis Bunuel del 1962, ultimo lavoro ‘messicano’ del regista, prima del suo breve rientro in Spagna e gli ultimi anni  passati in Francia. Il titolo che Bunuel avrebbe voluto dare al film era Los náufragos de la Calle Providencia (“I Naufraghi del Viale della Provvidenza”) per poi tornare al titolo, apocalittico, del romanzo messicano, da cui il film è tratto. La vicenda è semplice: dopo una serata al Teatro delll’Opera un gruppo di persone appartenenti all’alta borghesia, ai piani alti dei ministeri, e alla diplomazia si riuniscono a cena. Alla fine, quando uno dei commensali (una pianista) si mette al piano per suonare, e tutti si accorgono che si sta avvicinando l’alba, non riescono più ad uscire dalla villa. Restano reclusi, come bloccati da incantesimo che dopo qualche giorno (nonostante polizia, esercito ed anche religiosi tentino di tutto per dar loro una via d’uscita), fa sì che alcuni di loro mostrino il peggio di loro stessi. Riescono alla fine ad uscire. Ma sarà una liberazione di breve durata. Restano ‘naufraghi’, incapaci di comprendere il mondo che cambia. Una parabola, mista di realismo, surrealismo e religiosità, secondo  Bunuel, della ‘condizione borghese’.

Cosa La ha attratta – chiedo ad Adès -, dopo un dramma di tardo novecento (Powder Your Face!) e l’ultimo lavoro di Shakespeare (The Tempest) ad affrontare questo tema?

Ho visto il film per la prima volta quando avevo 13 o 14 anni durante una serie su Bunuel della BBC e ne rimasi colpito anche in quanto mia madre è una storica dell’arte, specializzata in surrealismo. Non ricordo se allora mi piacque. E’ rimasto nella mia mente come un’ossessione anche perché è un film molto musicale: la vicenda ha un fiume sottostante il cui significato non è esattamente quello che dicono i protagonisti. Il fiume collega i dialoghi e le immagini e di tanto in tanto appare in superficie.

Interviene Cairns:

Come in gran parte dei film della maturità di Bunuel, non ha un accompagnamento musicale. I silenzi tra i dialoghi e le scene si prestano perfettamente ad una partitura.

Adès aggiunge: 

Tom ed io abbiamo lavorato sul libretto del 1969 e tra l’altro ridotto il numero dei personaggi da 26 a 15 e ritoccato il finale (senza che perdesse il suo significato). Solo dopo sei stesure del libretto ho cominciato a pensare alla partitura. La musica “sa” più dei personaggi sul destino di ciascuno di loro: ad esempio, quando gli ospiti arrivano al banchetto ha toni sinistri (quasi a presagire il loro futuro) e quando sono tutti nella villa è la musica ha dirci che hanno perso il senso della realtà. Inoltre, durante la cena, l’orchestra va a tempo di valzer seducente ma anche distruttivo in quanto ricordo di un’epoca che si è distrutta .

 

Cairns specifica: 

Non si è cercato di razionalizzare la situazione che è e resta surreale.

 

L’opera include ‘numeri’ come arie – dolcissima quella di Leticia che libera tutti da quella strana cattività – concertati a più voci. Ancora una volta Adès non fa uso di musica elettronica?

Utilizzo per la prima volta uno strumento elettronico molto speciale con un suono delicato e profondo: ‘les onde martelot’, ossia il suono dei telegrafi della prima parte del secolo scorso. E’ un suono che ricorda come l’angelo sterminatore, da un lato, è una forza distruttiva  e, dall’altro, è attraente e seduttore.







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