ENERGIA/ Troppi soldi al fotovoltaico? Falsità di chi non vuole il rinnovabile

- Davide Bartesaghi

Lo scontro sul sostegno del fotovoltaico, con tariffe “feed in” che attingono alle bollette energetiche, fa emergere gli interessi di chi vuole deviare su altre energie, afferma DAVIDE BARTESAGHI

fotovoltaicoR400 Foto Ansa

Anche se in questo momento l’energia solare è la Cenerentola delle rinnovabili, il fotovoltaico è diventato (assieme all’eolico) l’emblema dell’energia pulita e dell’alternativa al nucleare e alle fonti fossili.

Il fotovoltaico infatti gode di un fascino unico legato ad alcune delle sue caratteristiche peculiari. Innanzitutto il concetto di generazione distribuita: ovvero la possibilità che il punto di produzione dell’energia elettrica coincida con il punto del suo consumo, dando vita a un arcipelago di mini-centrali elettriche molto più efficienti delle grandi e costose centrali che tra l’altro scontano anche i limiti di una rete distributiva vecchia e obsoleta lungo la quale si perde una parte importante della produzione stessa di energia. Sono sprechi e costi che pesano sulla bolletta di ciascuno di noi. Non esiste filiera più corta di quella fotovoltaica. E l’impianto può essere dimensionato esattamente per rispondere al fabbisogno di una famiglia, di un condominio, di un sito industriale, di un locale pubblico…

In qualche modo è come se l’utente (l’uomo, la comunità, l’impresa) si riappropriasse della produzione di energia attingendo senza intermediari alla più straordinaria fonte che la eroga continuamente in forma assolutamente gratuita: il sole. Si calcola che il sole fornisca un’energia superiore di oltre 10mila volte a quella necessaria in tutto il globo. E’ un enorme serbatoio a disposizione di tutti, che si riversa sulle nostre teste e sui nostri tetti  in modo assolutamente democratico.

E ancora: gli impianti solari producono energia senza alcun rumore, e senza alcuna emissione inquinante. Nelle ore del giorno un rivolo di energia scende silenziosamente, minuto dopo minuto, dai moduli verso la rete elettrica senza alcun disturbo e senza alcun rischio presente o futuro per le persone o per l’ambiente.
 

In questi ultimi anni il successo del fotovoltaico in Italia è stato straordinario, considerando anche il contesto economico generale nel quale si è sviluppato: 14 MW installati nel 2006, 90 MW nel 2007, 340 nel 2008, 711 nel 2009. Una crescita impetuosa, per un giro d’affari che lo scorso anno è stato di 2,34 miliardi di euro con un incremento del 28% rispetto all’anno precedente. E oltre 20.000 nuovi posti di lavoro nati negli ultimi anni.

Il decollo di questo mercato è stato favorito dal Conto Energia che premia la produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici concedendo al proprietario dell’impianto un “bonus” per ogni kWh prodotto: le cosiddette “tariffe incentivanti”, necessarie per assicurare che chi investe nel fotovoltaico abbia un tempo di ritorno ragionevole, di 6-7 anni per le regioni del Sud Italia e di 8-9 per quelle del Nord.  Lo scorso luglio la Conferenza Stato Regioni ha approvato il testo del nuovo Conto Energia che diventerà operativo dal prossimo anno in sostituzione di quello attuale che ha esaurito il tetto di MW incentivabili. Con questo provvedimento si conferma per altri tre anni il sostegno al fotovoltaico, pur con un intervento che ridimensiona (giustamente) le tariffe incentivanti rispetto al passato.

Nei mesi scorsi si è scatenato un confronto aspro sull’opportunità o meno di sostenere il fotovoltaico con tariffe “feed in” che in qualche modo attingono alle bollette energetiche che paghiamo tutti. Molte critiche sono state sollevate contro il Conto Energia, ma in molti casi con motivazioni talmente pretestuose dal rivelare in filigrana il semplice interesse a deviare su altri tipi di energie (meno pulite) le risorse destinate.

In realtà il sostegno alle rinnovabili – e al fotovoltaico in particolare – si situa all’interno di una strada obbligata che prende le mosse dalla ben nota direttiva europea 20-20-20 che impone al nostro Paese il raggiungimento del 17% di consumi di energia elettrica coperto dalle fonti rinnovabili. Significa dover arrivare a una produzione lorda di 105mila GWh. Nel 2005 in Italia le rinnovabili arrivavano a 56mila GWh, coperte in gran parte dall’idroelettrico dal quale però non ci si può aspettare ulteriori aumenti. Per questo motivo il Governo italiano ha deciso di puntare sulle rinnovabili emergenti come solare, eolico, geotermico, e biomasse, che hanno davanti a sé ampi margini di crescita.

Attenzione: contrariamente a come spesso viene impostato il dibattito pubblico su questi temi, il futuro energetico del Paese non si gioca nella scelta netta tra una delle tre opzioni: fossile, nucleare o rinnovabile. Il futuro si giocherà sul cosiddetto mix energetico, che vede una compresenza delle tre opzioni in un equilibrio fluido e destinato a mutare a seconda delle opportunità economiche e delle situazioni geopolitiche. Il Governo italiano ha fatto una scelta per il futuro prossimo: 50% di fossile, 25% di rinnovabile, 25% di nucleare. E’ una scelta legittima, che non ci preclude alcuna strada, ma che lentamente permette all’energia pulita di crescere e ritagliarsi un importante spazio di cui le generazioni future non potranno che esserci grate.

Sulla partita del futuro energetico del pianeta si giocano interessi colossali. E’ comprensibile che le rinnovabili e il fotovoltaico abbiano molti nemici. Il solare si trova ad esempio a dover affrontare tante leggende nere che lo descrivono come un sistema ad efficienza zero, incapace di ripagare i costi di produzione in tutta la vita operativa. Tutte storie.

Paradossalmente il vero handicap del fotovoltaico oggi sta nel fatto di avere ancora bisogno degli incentivi per poter offrire un ritorno dell’investimento in tempi ragionevoli. Ma i prezzi dei moduli e degli impianti stanno calando tanto che il mercato ritiene di poter arrivare alla cosidetta grid parity (cioè al momento il costo dell’energia prodotto da fotovoltaico sarà pari a quella prodotto con fonti tradizionali) nel giro di pochi anni.







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