VERSO EXPO/ Dai semi al piatto, passando dall’Europa

- Michele Orioli

“Tomorrow’s Healty  Society, research priorities for foods and diets”: il contributo che può offrire la ricerca sul cibo al nostro modo di vivere e alimentarci da qui al 2050. MICHELE ORIOLI

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Il report è stato realizzato nell’ambito di Horizon 2020, l’attuale Programma Quadro a sostegno della ricerca e dell’innovazione della UE, ma sembra fatto apposta per arricchire le riflessioni e gli approfondimenti che si stanno intensificando in vista di Expo 2015. Ci riferiamo allo studio “Tomorrow’s Healty  Society, research priorities for foods and diets”, realizzato dal Joint Research Centre della Commissione Europea e indirizzato a delineare il contributo che può offrire la ricerca sul cibo al nostro modo di vivere e alimentarci da qui al 2050.

Il documento – prodotto a seguito di tre workshop che hanno visto la partecipazione di una quarantina di esperti e protagonisti del settore – individua alcune priorità di intervento: transitare verso una dieta “a misura” di ciascuno, garantire la sostenibilità del sistema alimentare, migliorare la nostra comprensione del rapporto tra alimentazione, nutrienti e salute, promuovere una politica integrata nel settore alimentare.

Secondo lo studio, l’alimentazione del futuro dovrà essere impostata sulla base dei bisogni individuali. “Alla ricerca spetta quindi il compito di fornire le conoscenze necessarie per promuovere questo passaggio, definendo il quadro, i rischi e i benefici di stili dietetici personalizzati”. Solo una migliore comprensione del complesso rapporto tra nutrizione umana ed evidenze scientifiche potrà porre le basi per una politica coerente orientata alla prevenzione.

Il rapporto prende le mosse da un dato di fatto che registra una tendenza: “mentre la speranza di vita aumenta di 2,5 anni per decennio, solo dal 75% (per le donne) all’80% (per gli uomini) dell’aspettativa di vita totale è mediamente speso in condizioni di buona salute”. Malattie croniche come il diabete, i disturbi vascolari o il cancro, così come scelte alimentari legate a uno stile di vita povero o a diete insalubri rappresentano una sfida sanitaria di primo piano. Da qui la necessità di un approccio olistico e multidisciplinare alla nutrizione, per rendere i cibi più salutari e ridurre così i fattori di rischio per l’insorgenza di malattie croniche legati alla dieta.

Fa parte di questo approccio olistico anche la dimensione educativa e conoscitiva, non limitata agli aspetti della nutrizione e della dieta ma estesa a tutta la problematica alimentare: dall’origine dei cibi agli aspetti di gestione della cucina. È quello che possono trovare i visitatori di una mostra aperta a Milano in questi mesi che precedono Expo 2015. L’esposizione si intitola semplicemente Food: è  prodotta da Comune di Milano, Codice Edizioni e Gruppo 24 Ore ed è curata da Dario Bressanini e Beatrice Mautino. È allestita da fine novembre a fine giugno 2015 presso il Museo di Storia Naturale e propone un percorso interessante sintetizzato dal sottotitolo “la scienza dai semi al piatto”.

Un percorso che parte proprio dalle origini, cioè dai semi, esposti scenograficamente in decine di vasi di vetro e altri contenitori dove, per la prima volta vengono messi in pubblico i preziosi esemplari che escono dalle più importanti banche dei semi italiane. Al centro della sala campeggia una riproduzione in scala della banca dei semi più importante al mondo: il Global Seed Vault delle isole Svalbard (mar Glaciale Artico). Sono i testimoni di migliaia di anni di selezioni, trasformazioni, incroci spontanei o indotti; basti pensare che i primi documenti della raccolta delle sementi per ottenere un raccolto risalgono a circa 10mila anni fa e sono di poco successivi i primi tentativi di produzione di bevande ottenute dalla fermentazione dei cereali. Nei semi è rinchiuso il segreto di uno dei più grandi tesori del Pianeta: la biodiversità.

Un secondo passaggio di questo percorso nel food parte dalle nostre cucine ma vuole ricordarci che anche alimenti cui siamo abituati sono il risultato di lunghi viaggi e di un lento cammino evolutivo. Basterà sottoporsi a un semplice quiz per accorgersi che molte di queste provenienze ci sono sconosciute: se è facile immaginare che il the arrivi dalla Cina o che il pomodoro e il mais siano giunto in Europa dopo la scoperta delle Americhe, meno noto è il luogo di partenza di asparagi (Asia) o della noce moscata (Nuova Guinea) o del cocomero (Africa tropicale).

Una volta collocati nel tempo e nello spazio, i cibi tornano in cucina, “l’ambiente di casa a più alto contenuto scientifico e tecnologico”. La maggior parte di questa scienza è silenziosa e resta implicita in tante procedure quotidiane: prodotti e reazioni chimiche, fenomeni e principi fisici, macchine e apparecchiature tradizionali e automatiche. Viene appagata la curiosità di vedere lo spaccato di una Moka o di un frullatore, mentre è possibile apprezzare la funzione di macchine che gli agricoltori conoscono bene e che servono per i trattamenti basilari dei prodotti più comuni: dal riso, al latte, al caffè, al cacao.

Infine uno spazio dedicato al ruolo dei sensi nella nostra alimentazione. Sono preziosi alleati che ci aiutano a selezionare il cibo: per riconoscere ed evitare ciò che potrebbe dannoso e per preferire quello che potrebbe farci bene. Tutti e cinque vengono coinvolti e non solo il gusto e l’olfatto. A riconferma di una visione unitaria della persona e del suo approccio anche a una esperienza così comune e fondamentale come è l’alimentazione.





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