MATERIALI/ Tra le “nano-dune” semiconduttrici l’energia scorre veloce

- Paolo Floriani

Nanotecnologie e nuovi materiali: nei laboratori dell'Università di Milano-Bicocca a Como c'è una macchina molto particolare per studiare le nanostrutture. di PAOLO FLORIANI

nanodot-Bicocca_R439 I semiconduttori realizzati dallUniversità di Milano-Bicocca, ripresi con microscopio a forza atomica

Nei laboratori L-NESS dell’Università di Milano-Bicocca a Como, centro di eccellenza per le ricerche sulle nanotecnologie e i nuovi materiali, tra le numerose apparecchiature d’avanguardia c’è una macchina chiamata Molecular-Beam Epitaxy (MBE). Si tratta di un sistema, inizialmente in dotazione ai laboratori della Pirelli, col quale si può studiare in dettaglio il processo di crescita di nanostrutture avanzate; permette di tenere sotto controllo il flusso di elementi come Arsenico, Gallio, Indio, Alluminio, Berillio e Silicio.

Lavorando con la MBE, due scienziati del Dipartimento di Scienza dei Materiali della Bicocca, Stefano Sanguinetti e Sergio Bietti, hanno fatto crescere delle particolari strutture di Arseniuro di Gallio che sono risultate decisive per una scoperta che è finita sulla copertina del numero di novembre della rivista scientifica specializzata Nano Letters

Il laboratorio L-NESS non è nuovo a risultati del genere (v. ilsussidiario.net) e il Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’università milanese in questi anni ha sviluppato una particolare capacità di controllare la materia a livello nanometrico. Infatti, quello che Sanguinetti e Bietti hanno ottenuto sono semiconduttori nanostrutturati inferiori ai 15 nanometri (ricordiamo che un nanometro equivale a un milionesimo di millimetro): su questi – che assumono la struttura indicata come quantum dot, cioè punto quantico – è stata effettuata una sperimentazione da un gruppo di ricercatori del California Institute of Technology (Caltech) di Pasadena che ha portato a un risultato di grande rilievo: in semiconduttori di quelle dimensioni l’energia viaggia velocemente senza dispersione. 

La scoperta è stata illustrata in un articolo di Nano Letters. “Diffraction of Quantum Dots Reveals Nanoscale Ultrafast Energy Localization”, che oltre alle firme dei due italiani porta quelle di altri colleghi americani e del chimico-fisico Ahmed H. Zewail, premio Nobel 1999, che ha guidato il gruppo. Zewail ha conquistato il prestigioso riconoscimento per aver inaugurato la femtochimica, cioè un settore della chimica fisica che studia la dinamica molecolare nella scala temporale dei femtosecondi (1 femtosecondi equivale a un milionesimo di miliardesimo di secondo), corrispondente ai tempi di rottura e di formazione dei legami nelle reazioni chimiche. Ciò è stato possibile mettendo a punto una tecnica basata sull’uso di un generatore di impulsi laser ultraveloci che permettono di catturare immagini in 4D visualizzando direttamente i moti su scala atomica responsabili dei fenomeni strutturali, morfologici e nanomeccanici.

In tal modo il gruppo italo-americano ha potuto scoprire la proprietà di quei  semiconduttori nonostrutturati di dimensioni inferiori a 15 nanometri nei quali  l’energia viaggia più velocemente: a quelle dimensioni, infatti, l’energia si muove con la precisione di un proiettile seguendo traiettorie “balistiche” e non in modo caotico, come invece avviene a dimensioni maggiori.

«Contrariamente a quanto si supponeva – ha dichiarato Stefano Sanguinetti – nei materiali nanostrutturati di dimensioni inferiori ai 15 nanometri, le vibrazioni prodotte dall’energia non si muovono dal punto di generazione con un moto diffusivo, che potremmo definire “a goccia di inchiosto”, bensì si spostano nel materiale senza degradarsi e deviare da traiettorie rettilinee come quelle di un proiettile. Questa importante scoperta ha implicazioni nel campo della generazione diretta di energia elettrica da fonti di calore, come nei materiali termoelettrici e nel fotovoltaico avanzato».

L’immagine che si è guadagnata il primo piano su Nano Letters è una di quelle ottenute nei laboratori L-NESS col microscopio a forza atomica (AFM, Atomic Force Microscope); è questo il un microscopio principe delle nanotecnologie, fa parte dei microscopi a scansione di sonda (SPM) e analizza i campioni con una punta con raggio di curvatura dell’ordine dei nanometri. Nei fotogrammi “scattati” con l’AFM, questi quantum dots semiconduttori assomigliano a dune isolate nel deserto.

In queste micro-dune l’energia rilasciata dal sistema elettronico rimane disponibile per un tempo che permette di sfruttarla meglio e in modo più efficiente. Si tratta del periodo di “fuori equilibrio”, un picosecondo cioè un millesimo di miliardesimo di secondo, difficilmente paragonabile con le tempistiche umane ma tale da permettere l’immagazzinamento di energia, prodotta ad esempio dalla differenza di calore, in quantità superiori rispetto a quanto si può fare con strutture più grandi.

Quali possono essere le conseguenze di una simile scoperta? Il principale ambito applicativo – secondo Sanguinetti – sarà quello energetico: «Questi semiconduttori così nanostrutturati possono servire a migliorare l’efficienza di ciò che viene già fatto nella produzione di energia, dalle celle fotovoltaiche ad alta efficienza alle centrali termoelettriche».





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