ESCLUSIVA/ Il Parma con Dossena esporta calcio in Cina

- La Redazione

BEPPE DOSSENA, esperto di calcio "esotico" spiega il progetto del Parma che sta sviluppando a Pechino e Shanghai

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Nello sport sono conosciuti come ottimi ginnasti e nuotatori, qualcuno a Parma ha scommesso in futuro di farli diventare anche degli ottimi calciatori. In Oriente non solo a cercare nuovi campioni, ma soprattutto a trasmettere una cultura sportiva attraverso la formazione degli istruttori. Si può sintetizzare così la mission del Parma, che da due anni sta affrontando in Cina un progetto molto interessante, una terra carica di storia che negli ultimi anni si è aperta ai ritmi dell’Occidente: ricca di contraddizioni può risultare affascinante e misteriosa.

Il Parma di Ghirardi ha bruciato sul tempo le altre squadre (anche quelle più blasonate) e ha sviluppato, offrendo un ruolo di responsabilità a Beppe Dossena, un programma ambizioso che non vuole «colonizzare nessuno», ma vuole soltanto facilitare uno sviluppo del mondo del pallone. La dimostrazione, se mai ce ne fosse ulteriore bisogno, che anche nel calcio i soldi non bastano se non sono accompagnati da intuizioni geniali. Per fare ciò, come si diceva in precedenza, la scelta è ricaduta su Dossena, ex giocatore e tecnico con una grande esperienza di calcio internazionale: basterebbe ricordare che ha allenato Ghana, Al Ittihad (Arabia Saudita), Paraguay e Albania. Il merito di tutto questo va dato «alla lungimiranza ­ – spiega Dossena – del patron Ghirardi e dei dirigenti, poi quando si è deciso di approfondire questa idea, la società mi ha affidato l’incarico». Da due anni il Parma sta monitorando la situazione e tutto, fin qui, è stato svolto in maniera graduale, perché «bisognava capire quale fosse l’approccio migliore e quali strumenti usare». Dopo una fase iniziale di studio, adesso è arrivato il momento di incominciare a raccogliere i primi frutti, a fare le verifiche sul campo. Siamo in presenza di un buon movimento che deve essere sostenuto e che parte da una base eccellente: attrezzature all’avanguardia e grandi spazi.

«Si sente la necessità – prosegue Dossena – di una guida forte che dia certezze: sono sicuro che questo calcio possa esprimere quella qualità, che ad oggi, a parte la parentesi del Mondiale di Corea e Giappone, non ha ancora raggiunto». Inutile sottolineare che in un Paese chiuso come la Cina sia necessario il confronto con l’autorità statale. Dossena ribadisce i buoni rapporti di collaborazione con il mondo politico in una realtà dove la parte del leone è recitata dalle scuole: «I ragazzi lì trascorrono molto tempo e lì noi dobbiamo investire. Il passaggio può avvenire solo attraverso idee e metodi». Per il momento l’interesse è rivolto alle città di Pechino e Shanghai, ma non ci sono preclusioni ad allargare il raggio d’azione: «Abbiamo fatto solo corsi di formazione per allenatori lavorando sulla metodologia e portando la nostra esperienza, ma non può bastare aver fatto 2/3 corsi». C’è un buon livello sul quale lavorare: non mancano, infatti, l’abilità, l’agilità e la capacità di corsa. «Sì, è arrivato il momento, questa nazione è pronta, deve solo prendere coscienza delle qualità». Dossena ripete più volte il concetto che siamo in presenza di processi da fare nel lungo periodo, portando la popolazione a ragionare sulle potenzialità». Dossena va spesso in Cina, ma non ha dimenticato la sua esperienza sulla panchina del Ghana (1998-2000), ecco perché alla vigilia della finale di Coppa D’Africa (Ghana-Egitto) è interessante conoscere anche un suo parere sull’epilogo della rassegna. «Se fossi nei ghanesi sarei tranquillo, perché l’Africa nera è migliore di quella bianca. I Paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo sono più disciplinati e capaci di stare in campo, ma accusano un grande divario nella fisicità e nella qualità. In condizioni normali il Ghana ha qualità sufficienti per superare l’Egitto, che, comunque, è tornato sui livelli che gli competono». In molti si chiedono se al prossimo Mondiale non arriverà, finalmente, il momento di vedere un trionfo di una compagine africana. La Costa D’Avorio (una delle migliori del continente) ha, ad esempio, fallito miseramente in questa Coppa D’Africa. Può quasi venire il sospetto che si sia risparmiata… «E’ normale, invece, che non ci si risparmi, perché questa manifestazione per gli africani è più importante del Mondiale». Nel frattempo gli osservatori hanno setacciato le partite per scovare possibili talenti, anche a Parma. Non so, è una domanda da girare alla struttura tecnica. «Posso dire – conclude Dossena – che ormai è difficile possa sfuggire qualcosa o qualcuno».

 

(Luciano Zanardini)





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