TORINO/ Da colpevoli a vittime in 24 ore: è questo il cuore Toro?

- La Redazione

ALESSANDRO SALVATICO, giornalista di Toronews, analizza queste giornate convulse in casa granata. Cercando di giudicare i fatti e le responsabilità della squadra del presidente Cairo

cairo_testabassa_R375x255_10gen10 Urbano Cairo presidente Torino (Foto: Ansa)

Pubblichiamo questo contributo di Alessandro Salvatico, giornalista della testata online www.toronews.net, sulle vicende di questi ultimi giorni che hanno investito la squadra di Urbano Cairo.

TORINO – Da colpevoli a vittime in meno di ventiquattr’ore. Un miracolo italiano, piuttosto comune in verità, che in questo caso accade a Torino, sponda granata del Po. La maggiore tifoseria calcistica della città è da tempo sul piede di guerra nei confronti dell’omonima società di calcio e soprattutto del suo presidente, Urbano Cairo. Ma nella serata dell’Epifania è esplosa la rabbia di popolo verso i giocatori, accusati di avere puntato del denaro contro la propria squadra per lo meno nell’allucinante sconfitta interna contro il Crotone dello scorso Novembre.

Non appena si è diffusa la notizia, i protagonisti del presunto scandalo-scommesse sono stati raggiunti da un gruppo di tifosi presso il ristorante dove festeggiavano il compleanno del loro capitano, David Di Michele (assente all’allenamento mattutino dello stesso giorno “causa influenza”), e qui aggrediti. Poco più che verbalmente, parrebbe. Nella mattinata del giovedì, Cairo ha lasciato Milano per raggiungere i calciatori a Torino, concordando con loro una versione comune ed una comune linea comportamentale nei confronti dei media.

Subito dopo, l’editore alessandrino ha preso le parti dei propri dipendenti, smentendo ogni accusa di illeciti, mentre il neo-ds Petrachi (abbandonato da Rino Foschi poche ore prima dello scoppio dello scandalo) sottolineava la gravità dell’aggressione subita dalla squadra. Era poi il turno dei giocatori stessi a “stigmatizzare” (come da comunicato letto, con qualche inciampo su alcune parole, proprio da Di Michele) quanto accaduto al ristorante.

Gonfiando un po’ gli eventi, aggiungendo magari qualche dettaglio e coinvolgendo chi forse non è realmente stato messo in mezzo, ma sostanzialmente lamentando il superamento di un limite da parte dei tifosi protagonisti del fatto. E nessuno potrà dare loro torto, su quanto hanno inserito nel comunicato.

Ma ci sono molte cose che invece non vi hanno scritto. Come un cenno, seppur minimo, a quello che fino a qualche ora prima era l’argomento del momento, le presunte scommesse contro. O come una richiesta di scuse al popolo granata.

 

Giusto pretendere quelle dei violenti; ma questi atleti che hanno portato in Serie B la società che da loro stipendi da A e che ora non stanno tenendo fede alle promesse fatte ai tifosi, non sentono il dovere di anteporre, ad ogni loro pur legittima lamentela, un reclinare del capo cosparso di cenere? Evidentemente no. Ma di certo, sono comunicatori migliori di quel che avremmo potuto scommettere (parola da evitare, quest’ultima, in realtà), perché sono riusciti a compiere il miracolo cui si accennava in apertura: passare da canaglie a martiri in poche ore.

 

Si sprecano, infatti, i messaggi di solidarietà ai calciatori del Torino. E, secondo uno schema valido ai più alti livelli (dalle crisi internazionali che coprono i malgoverni interni, in giù), l’attenzione è stata completamente spostata dai problemi reali della squadra e della società, e sembrano quasi lavate le colpe di un gruppo di giocatori che sta deludendo oltre misura da mesi. Ma non è certo così che il Toro risolverà i propri guai: dimenticandoli. Non va dimenticato, dunque, che è la contestazione ad essere figlia dei risultati, e non viceversa. Non va dimenticato che certi irritanti atteggiamenti dei giocatori in campo hanno fatto la loro comparsa quando non c’erano agenti esterni ad influenzarli negativamente.

 

E non va dimenticato che, se la società Torino FC fosse organizzata come ogni altro club professionistico, e contasse al suo interno una figura carismatica e legata ai colori a fare funzione di team manager, tra spogliatoio e proprietà, probabilmente sarebbe ben più difficile il verificarsi di episodi come quelli di cui ora gli atleti granata vengono accusati.

 

E’ stato uno dei volti nuovi, Davide Zoboli, a dire, martedì sera: “Quel che succede attorno al campo non lo devi sentire; se lo ascolti o lo patisci troppo, vuol dire che non sei concentrato sul tuo lavoro”, e sottoscriviamo in pieno. Che i professionisti siano tali, che reagiscano -una volta tanto- da uomini, non con la minaccia di non giocare più ma all’insegna del “ora gliela facciamo vedere, dovranno rimangiarsi tutto quello che ci hanno detto”. E che facciano il “gesto importante e clamoroso” che hanno annunciato: giochino col cuore, oggi, e vincano.

 

(Alessandro Salvatico)

 





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