Italo Spinelli, 82 anni, meccanico in pensione, sì è laureato in filosofia per saperne di più sul destino della moglie morta. Il destino non ci "molla". LUCA MANES
Caro direttore,
ho letto ieri la storia di Italo Spinelli, meccanico di Modena che, dopo la morte della moglie con la quale aveva condiviso la vita, si è laureato in filosofia nell’Università di Macerata, all’età di 82 anni. L’emergere dei grandi interrogativi intorno alla vita e al suo significato è stata la ragione per la quale Italo ha deciso di compiere questo percorso di studi, dopo che un tumore al polmone si è portato via in pochi mesi, dopo 52 anni trascorsi insieme, la moglie Angela: “Da quel giorno ho cominciato a chiedermi: La rivedrò?, Dove è finita?. O ancora: Ce l’abbiamo davvero un’anima?. Insomma, dovevo trovare una risposta alla morte di mia moglie”.
Si tratta del problema della verità e del significato che, anche dopo una vita intera, giornate trascorse, una dopo l’altra, per la traiettoria di un’esistenza, non può essere messo a tacere, perché costituisce il fondale di noi stessi, l’indicazione, in noi, della felicità. Allora al di fuori del significato e della continua e quotidiana ricerca di esso la vita non risponde alla chiamata per cui c’è e per cui continua ad esserci: il suo compimento, l’essere davvero sé stessa.
Ma c’è un’altra notizia di questi giorni che continua a permanere dentro l’orizzonte della mia attenzione e della mia memoria: la morte di Giada, una studentessa di 25 anni, fuori sede e originaria di Sesto Campano nel Molise, che, rimasta indietro con gli esami, nel giorno che invece doveva essere quello della sua laurea presso l’Università “Federico II” a Napoli, è salita sul tetto di un edificio e ha deciso così di togliersi la vita.
Senza entrare nelle misteriose motivazioni di un gesto come questo, mi immedesimo nel disagio e nel dolore di una ragazza che, probabilmente, non ha percepito, o incontrato, uno sguardo capace di accoglierla anche per i suoi fallimenti. Ma, forse, questo doloroso gesto rappresenta per ciascuno di noi la possibilità di chiederci qual è lo scopo per cui viviamo, in un contesto in cui tante vicende di fragilità e di dolore dimostrano la menzogna e la falsità del modello di vita in cui cresciamo e ci troviamo immersi. Un modello che ha nel successo e nella realizzazione di immagini e di strade, in cui riuscire grazie alle proprie capacità, il proprio fondamento. Ma, presto o tardi, per la delusione di sé in seguito a un fallimento, per l’incapacità che qualsiasi successo ha di renderci felici, per l’esperienza di una perdita e per la percezione della propria contingenza, presto o tardi, la vita dimostra la menzogna del potere e degli idoli davanti a cui il pensiero di oggi si inginocchia. Presto o tardi, allora, la vita chiede un significato all’altezza della nostra grandezza, all’altezza della profondità delle nostre domande.
Italo e Giada, il meccanico di Modena e la ragazza di Sesto Campano. Due studenti diversi, che ci ricordano il pozzo che siamo e che solo una risposta esauriente e totale può colmare. Quella risposta e quel significato che, speriamo, oggi Giada stia conoscendo e amando. E che Italo, con ciascuno di noi, sta continuando a ricercare.
