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Home » Politica » CARCERI/ Pavarin: i politici non ascoltano Napolitano, hanno paura dell’indulto

  • Politica

CARCERI/ Pavarin: i politici non ascoltano Napolitano, hanno paura dell’indulto

Int. Giovanni Maria Pavarin
Pubblicato 5 Dicembre 2013
carcere_napoli

Immagine di archivio

Ieri Giorgio Napolitano ha richiamato il Parlamento sul dovere di fare un provvedimento di indulto per alleviare la situazione dei detenuti. Ma i politici tacciono. GIOVANNI MARIA PAVARIN

“Di fronte alla lesione della dignità dell’uomo, non ci sono argomenti di convenienza o meno dal punto di vista politico che tengano. Quando un detenuto sta in uno spazio inferiore ai tre metri quadrati, viene colpita la sua dignità e viene violato il divieto di praticare trattamenti disumani o degradanti. Per i nostri politici ciò dovrebbe contare più di qualsiasi altro ragionamento”. E’ la sottolineatura di Giovanni Maria Pavarin, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Venezia e professore di diritto penale nella Scuola di specializzazione per le Professioni legali. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ieri è ritornato a ricordare che “il Parlamento deve avere il senso di responsabilità necessario per dire che vuol fare innanzitutto un provvedimento di indulto”, oppure per affermare “che non è necessario” nonostante la sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo.


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Presidente Pavarin, per quali motivi il Parlamento si dimostra sordo agli appelli del capo dello Stato?

Perché quella dell’indulto è una materia elettoralmente sensibile. Dal momento che non si sa quando si andrà a votare, le preoccupazioni relative a una possibile protesta del corpo elettorale incidono e finiscono per contare di più anche dei pressanti inviti che il capo dello Stato ha compiuto. Il presidente della Repubblica non deve essere rieletto, i parlamentari sì. Il vero motivo quindi è che l’indulto è una materia troppo esposta alle critiche della pubblica opinione. Nel merito tutti sono però convinti che si debba porre fine alla situazione di grave lesione della dignità umana che si consuma ogni giorno nella nostre carceri.


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Ritiene che i momenti di crisi e di instabilità politica come quello attuale siano la fase migliore per attuare un provvedimento di clemenza?

Di fronte alla lesione della dignità dell’uomo, non ci sono argomenti di convenienza o meno dal punto di vista politico che tengano. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che quando un detenuto sta in uno spazio inferiore ai tre metri quadrati, viene lesa la sua dignità e viene violato il divieto di praticare trattamenti disumani o degradanti. E’ ovvio che non è il momento politico migliore, ma ciò non è un argomento per resistere all’invito che fa il capo dello Stato. Per Napolitano, “il Parlamento è assolutamente libero di fare le sue scelte”.


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Di fronte alla situazione delle nostre carceri, il Parlamento ha realmente scelta?

Il Parlamento è sempre libero di fare le sue scelte. Basta che trovi la maggioranza dei due terzi e concordi sull’elenco dei reati che vanno indultati o amnistiati. Il capo dello Stato ha rivolto un invito ricordando che la materia è di esclusiva prerogativa parlamentare. Mentre quello di grazia è un potere sovrano che spetta solo a lui, il potere di indulto o di amnistia spetta ai due terzi delle Camere. Napolitano ha quindi messo i puntini sulle “i”, sottolineando di avere fatto la sua parte e invitando i parlamentari a fare la loro.


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L’indulto proposto dal capo dello Stato ha anche un più generale valore politico?

Ritengo di no, si tratta di un appello che il capo dello Stato ha fatto per restituire dignità alle nostre carceri, senza che ci siano equivoci che sottendano a un eventuale aiuto rispetto al caso A o la caso B. Quello da parte di Napolitano è un riconoscimento della fondatezza della sentenza Torreggiani con cui la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha condannato l’Italia per il trattamento disumano e degradante dei nostri carcerati. E‘ un invito alla tutela della dignità e del rispetto dell’uomo, e ha un valore politico solamente in questo senso. E’ un alto richiamo a dei principi e a dei valori, ma non credo che questa vicenda vada letta in connessione con il caso Berlusconi.


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Il ministro Cancellieri ha sottolineato che sarà presentato un pacchetto di misure su “carceri, processo penale e civile”. Lei quali provvedimenti auspica?

Personalmente condivido tutte le proposte del ministro Cancellieri. Mi auguro solo che il Parlamento approvi in maniera rapida tutto quello che sta nel pacchetto di misure del ministro Cancellieri. Si tratta di un primo passo importante, certamente non è la panacea di tutti i mali, ma è la dimostrazione della buona volontà che l’Italia dovrebbe impiegare per uscire indenne dal giudizio che la Corte europea dei diritti umani (Cedu) applicherà dopo il 27 maggio 2014, data in cui scadrà il termine entro il quale il nostro Paese è invitato a mettersi in regola.


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Che cosa ne pensa dei tempi, modi e criticità della riforma della giustizia, allo scopo di evitare che dopo l’emergenza se ne crei una nuova?

Bisogna eliminare buona parte delle norme inutili, ridurre la pluralità dei riti civili, abolire un grado di appello. Siamo uno dei pochi Paesi al mondo ad avere tre gradi di giustizia, mentre la Corte di Cassazione dovrebbe funzionare solo per i casi difficili ed estremi. Occorre ridurre la ricorribilità per Cassazione di tutte le sentenze, essere più rapidi e più semplici togliendo di torno migliaia di norme inutili che impongono ai processi di essere lenti.

 

(Pietro Vernizzi)

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