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Home » Cronaca » Sciopero » SCIOPERO BENZINAI/ Ecco perchè i gestori rischiano di rimanere “a secco”. Sulla pelle degli automobilisti…

  • Sciopero
  • Economia e Finanza

SCIOPERO BENZINAI/ Ecco perchè i gestori rischiano di rimanere “a secco”. Sulla pelle degli automobilisti…

Giuseppe Colangelo
Pubblicato 9 Luglio 2009
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In mancanza di un buon accordo tra gestori e compagnie petrolifere, saranno purtroppo i consumatori, come al solito, ad andarci di mezzo

Dopo un lungo periodo di calma, sono riprese nel nostro Paese le agitazioni sindacali nella distribuzione di carburanti. Infatti è ancora in corso uno sciopero dei gestori dei punti di rifornimento di carburanti per autotrazione proclamato per le giornate dell’8 e del 9 luglio 2009 dalle tre associazioni sindacali nazionali, Faib, Fegica e Figisc.


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Di cosa si lamentano i gestori? Fondamentalmente di guadagnare troppo poco, considerato il lavoro che svolgono e i rischi che si accollano. Il loro margine di profitto (sulla benzina ad esempio) è oggi grosso modo pari a 3,5 centesimi di euro sul prezzo odierno pari a circa 1,3 euro e quindi può essere misurato nell’ordine del 2,7%. Negli anni scorsi questo margine risultava superiore, quantificabile intorno al 4%. Cosa ha compresso questo margine in modo così significativo? Mi sembra soprattutto due elementi.


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Da un lato le relazioni industriali con i loro fornitori, le grandi compagnie petrolifere operanti nel nostro Paese, che vedono i gestori come parte contraente storicamente debole. Recentemente essa si è ancor di più indebolita per le divisioni al suo interno. Si sono infatti verificate nelle associazioni sindacali dei gestori secessioni e mancate partecipazioni di importanti province alle iniziative di lotta prese a livello nazionale. Questo ha contribuito al mancato rinnovo di alcuni accordi interprofessionali tra gestori e importanti compagnie petrolifere, tra cui il leader di mercato, ovvero l’Eni. L’accordo con l’Eni è ancora fermo al 2006.


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Dall’altro, la recente liberalizzazione delle condizioni di entrata nel settore, realizzatasi con la legge n.133 del 2008, a seguito del deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia europea da parte della Commissione Europea, ha favorito l’apertura di nuovi punti vendita, soprattutto a vantaggio della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) e delle cosiddette pompe bianche, cioè quegli impianti di distribuzione non convenzionati con una compagnia petrolifera. Questo andamento era già iniziato prima di questa modifica normativa: già nel corso del 2007, per la prima volta dopo vari anni di riduzione, il numero degli impianti di distribuzione attivi nel nostro Paese era aumentato da 22450 a 22500.

Beninteso, si tratta ancora di numeri molto piccoli, marginali, per quanto riguarda la presenza della GDO nella distribuzione di carburanti in Italia (solo 16 impianti gestiti direttamente con il proprio marchio, a fronte di migliaia di impianti gestiti in Francia), ma la loro espansione ha già un ruolo nel calmierare i prezzi sui mercati locali e rende comunque più difficile la concorrenza ai gestori tradizionali.

In più va considerata la crisi economica, che pur non agendo sul margine di profitto, ha però determinato una forte riduzione dei volumi venduti e quindi ha ugualmente impattato negativamente sul conto economico non solo dei gestori, ma delle stesse compagnie petrolifere oltre che dello Stato in quanto collettore di imposte applicate sui prodotti petroliferi.

Il nostro settore della distribuzione di carburanti è molto diverso da quello di altri Paesi europei a noi comparabili come Francia, Germania, Inghilterra e Spagna, che si sono invece indirizzati su un modello comune. Noi abbiamo di gran lunga il numero più elevato di punti vendita e l’erogato medio più basso, ma anche la presenza più bassa di self-service (soprattutto post-pay) e di servizi nonoil .

Non possiamo però dimenticare che l’Italia ha di gran lunga il più alto indice di motorizzazione, una elevata densità abitativa, oltre che una elevata presenza di automobili di piccola cilindrata, di moto e di turisti motorizzati disseminati sull’intero territorio nazionale. Ciò vuol dire che se da un lato vi sono ancora nella nostra rete distributiva sacche di inefficienza, dovute alla presenza di un numero ancora troppo elevato di distributori piccoli (anche in centro città) e al mancato ammodernamento della rete, dall’altro però, viste le succitate caratteristiche, ci può far comodo avere una rete distributiva più capillare di quella degli altri Paesi europei.

Se effettivamente la capillarità della rete rappresenta un valore per la nostra società, allora bisogna dare i giusti incentivi alle compagnie petrolifere perchè investano per ammodernare gli impianti e perché permettano ai gestori di guadagnare di più, migliorando così le relazioni industriali. Anche lo Stato potrebbe fare alcune concessioni ai gestori, visto il ruolo svolto di rilevanti collettori di imposte.

In mancanza di un buon accordo, saranno purtroppo i consumatori, come al solito, ad andarci di mezzo. Non solo per un possibile autunno di scioperi, ma anche per possibili aumenti nei prezzi di carburanti dovuti al tentativo dei gestori di ricostituire il loro margine di profitto. Non è un caso che un paio di settimane fa, proprio all’inizio della stagione estiva, i gestori abbiano fatto saltare l’intesa sul prezzo massimo dei carburanti da praticare sul sistema autostradale.


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