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Home » Educazione » SCUOLA/ Si può fare religione senza voler “convincere” nessuno?

  • Educazione

SCUOLA/ Si può fare religione senza voler “convincere” nessuno?

Roberto Graziotto
Pubblicato 23 Novembre 2013
leone_zoomR439

Immagine di archivio

"Le cronache di Narnia" di C.S. Lewis offrono l'opportunità di comunicare ai giovani il cuore dell'avvenimento cristiano. Fuori da ogni intento apologetico. ROBERTO GRAZIOTTO

LIPSIA – Caro direttore,
Lorenzo Albacete ha scritto con una certa ragione che negli ultimi giorni non vi è stata nessuna notizia così profonda come il 50simo anniversario dell’assassinio di Kennedy.

In questa data muore anche un grandissimo scrittore e professore di letteratura: Clive Staples Lewis. Questo avvenimento non ha ovviamente la portata politica dell’altro, ma credo che debba essere ugualmente ricordato e che abbia un’importanza umana non inferiore.


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Lo faccio qui nella forma di una testimonianza personale. Su questo autore, nato il 29 novembre 1898 a Belfast (Irlanda del nord), in una famiglia protestante (il padre era avvocato), è stato scritto già moltissimo, moltissimo è stato scritto anche sulla sua amicizia con un grande autore, questa volta cattolico: J.R.R. Tolkien. Tutto queste informazioni le do per scontate. Come do per scontato che si tratta dell’autore che ha scritto una delle storie più geniali di fantasia per bambini e non: Le cronache di Narnia, di cui ultimamente sono stati girati anche tre film.


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Negli anni novanta in Baviera, nella diocesi di Monaco e Frisinga ho insegnato religione nella Grund- e Hauptschule; insomma nelle suole elementari e in quella forma di scuola che nel sistema scolastico tedesco si potrebbe descrivere come una scuola di avviamento professionale.

Venivo dal mondo universitario ed editoriale e mi trovavo di fronte a bambini e ragazzi (quelli della Hauptschule, mentre i primi quattro anni di elementari sono in comune per tutti), che non avevano una pretesa intellettuale come quelli che vanno al liceo, ma non volevo offrire di meno e come insegnante di religione volevo presentare anche a loro ciò che più mi sta a cuore, il “cuore” dell’avvenimento cristiano.


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I film sulle cronache di Narnia non erano ancora usciti, ma Le cronache di Narnia erano già molto conosciute e tradotte in tedesco. In italiano lo sono presso la Mondadori. Così cominciai a leggere queste storie ai bambini a partire dalla quarta elementare e poi nella Hauptschule fino alla settima classe, in cui i ragazzi avevano tredici anni. Leggevo in modo teatralmente efficace, facevo di dipingere ai ragazzi delle scene o degli aspetti della storia che li avevano particolarmente colpiti o recitare alcune scene della storia stessa.

Leggendo e lavorandoci su si apriva ai ragazzi (ma anche a me) una vera visione teologica del mondo: i misteri della cristologia, nel secondo volume (Il leone, la strega e l’armadio), in cui i quattro ragazzi: Lucy, Edmund, Susi e Peter arrivano a Narnia, attraverso un armadio, che si trovava nella casa di un professore da cui abitavano perché a Londra c’era la guerra. 


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Il mistero della creazione, nel primo volume (Il nipote del mago), in cui Aslan, il leone, figura di Cristo, crea un nuovo mondo con la musica, il mistero escatologico della fine di un mondo, nell’ultimo volume (L’ultima battaglia)…

Ultimamente qui in Germania si è sottolineata l’importanza di C.S. Lewis come apologeta (Hans Steinacker, L’apostolo degli scettici); questa prospettiva ha certamente un suo senso, ma non era il motivo per cui presentavo C.S. Lewis ai bambini e ragazzi, che fondamentalmente non sono scettici; non volevo neppure convincere nessuno, cosa tipica dell’attività apologetica, che il cristianesimo è la verità, volevo far “vedere” un po’ di quel fascino, che Lucy, la più piccola dei fratelli della storia, aveva provato vedendo Aslan. Volevo che facessero esperienza di una bellezza, che avrebbe forse, un giorno, anche portato alla verità del cristianesimo.


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Su questo punto, sebbene abbia una grande stima anche per l’altro grande del genere fantasy, il già citato Tolkien, non sono d’accordo con lui che Narnia porrebbe in modo troppo esplicito il rapporto tra il cristianesimo e la mitologia.

Questo pericolo in primo luogo non c’è perché i ragazzi, anche in Baviera, non sapevano quasi nulla dei contenuti della fede cristiana, per cui nel presentarli non potevo avere un’intenzione apologetica, ma anche dal punto di vista per così dire “filologico” le cronache di Narnia hanno immagini così forti, come l’armadio, il veliero che viaggia verso la fine del mondo (Il viaggio del veliero), la scimmia dittatore dell’ultimo volume, che le verità cristiane nascono dalle immagini stesse e non sono solo il “fabula docet” di immagini usate per uno scopo apologetico.


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La scena che forse mi ha colpito di più è quella in cui Lucy, nel volume in cui si parla del primo ritorno in Narnia (Il principe Caspian), riconosce Aslan, che indica un altro cammino, da quello che volevano fare i fratelli più grandi… lei si lascia convincere dagli argomenti dei grandi, ma nel suo cuore sapeva di aver visto, realmente visto Aslan. Anche nel Vangelo di San Giovanni la prima raccolta di discepoli (Gv 1,35 sg.) non avviene con delle argomentazioni, ma con un semplice: “vieni e vedi”.

Così, per finire questa mia testimonianza, se le suore, come racconta Lorenzo Albacete votavano Kennedy, e i monsignori Nixon, i bambini nell’età e nel cuore di quasi tutto il mondo hanno votato in questi ultimi cinquanta anni e continuano a votare C.S. Lewis!

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