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Home » Scienze » CLIMA/ La natura sa difendersi, ma non sempre: il caso delle noci

  • Scienze

CLIMA/ La natura sa difendersi, ma non sempre: il caso delle noci

Laura Roca
Pubblicato 8 Dicembre 2011
albero_nociR400

Frutti di noci non ancora maturi

Secondo una recente ricerca della Purdue University, il clima più caldo, le estati più secche, potrebbero essere causa di danni agli alberi di noce, spiega LAURA ROCA

Mentre la Conferenza sul clima di Durban si avvia alla conclusione, prospettando il solito rinvio delle soluzioni radicali, si moltiplicano gli studi sugli impatti dei cambiamenti climatici sui diversi ecosistemi e su alcune specie particolarmente vulnerabili. È il caso di una recente ricerca della Purdue University, secondo la quale il clima più caldo, le estati più secche e gli eventi meteorologici estremi degli ultimi tempi, potrebbero essere causa di danni, anche mortali, agli alberi di noce.


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Douglass Jacobs, professore di risorse naturali e forestali, e Martin-Michel Gauthier, ex studente di dottorato sotto Jacobs e attuale ricercatore del Ministero delle risorse naturali in Quebec, hanno studiato la fisiologia degli alberi di noce, economicamente significativi per l’Indiana e altre aree dell’America settentrionale. Dai loro studi è emerso che gli alberi di noce sono particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici. «Il noce ha un habitat limitato a siti né troppo umidi né troppo secchi. Ha un home-range  estremamente ristretto» ha dichiarato Jacobs nel numero di dicembre di Annals of Forest Science. Le parole di Jacobs non lasciano spazio a dubbi: «Sospettiamo e prevediamo che il cambiamento climatico avrà un impatto reale sullo sviluppo degli alberi di noce. Possiamo già constatare un declino in atto della specie».


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La preoccupazione maggiore è data dalla difficoltà degli alberi di noce a tollerare la siccità che potrebbe essere associata ai cambiamenti di condizioni ambientali. La previsione di tutti i modelli riguardanti i cambiamenti climatici è comune: il clima diventerà più secco e l’umidità sarà minore. Con questi presupposti, moltissime specie animali e vegetali rischiano di vedere scomparire il proprio habitat naturale e molte piante dovranno fare i conti con l’assenza d’acqua.

Gli alberi di noce, sensibili al freddo, hanno sviluppato un meccanismo di difesa, posticipando la gemmazione fino a quasi un mese dopo l’inizio della primavera. Questo meccanismo difensivo potrebbe essere fortemente compromesso dalle gelate tardive verificatesi negli ultimi anni, responsabili della morte di molti alberi di noce. «Le gelate tardive, insieme all’aumento delle temperature, sono un problema notevole per questi alberi», afferma Jacobs.


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Ancora una volta ci troviamo di fronte a una situazione dai risvolti pericolosi non solo per l’ambiente, ma anche per l’economia; basti pensare che in California nel 2010 sono state vendute più di 500.000 tonnellate di noci per un incasso pari a un bilione di dollari (Fonte: Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti). Il noce nero, Juglans nigra, specie originaria del Nord America coltivata per le alte qualità del legno, è particolarmente apprezzato in Indiana. Charles Michler, responsabile del progetto HTIRC (The Hardwood Tree Improvement and Regeneration Center) ha dichiarato che gli alberi di noce rappresentano il 15% dei legni venduti in Indiana per un valore complessivo di 11 milioni di dollari, qualificandosi come la specie attualmente più importante dal punto di vista economico nel settore del legno.


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Il Centro è dotato di un programma in grado di identificare gli alberi che possono resistere al caldo o al freddo e sopportare quindi il cambiamento climatico in atto. Gli studi vertono sull’analisi dei semi provenienti da alberi maturi; l’obiettivo è scoprire se tali semi hanno sviluppato meccanismi di difesa contro i cambiamenti climatici; gli alberi che ora sono maturi possono subire tragicamente gli effetti delle attuali modificazioni climatiche, ma i semi da loro prodotti possono adattarsi alle modificazioni ambientali attraverso mutazioni genetiche.

Il clima sta cambiando e gli alberi di noce di Jacobs e Michler non sono gli unici indici del cambiamento ambientale; moltissime altre specie testimoniano questa realtà. La fenologia di animali e piante ci fa capire quanto il cambiamento ambientale  sia reale a livello globale. In Italia, recenti studi condotti dall’Università Statale di Milano, testimoniano come, negli ultimi trent’anni, diverse specie di uccelli, tra cui rondini e rondoni, anticipino le migrazioni, la riproduzione e la deposizione delle uova. Gli uccelli sono i trend evidenti del cambiamento ambientale e tra i meglio monitorabili in quanto permettono di avere dati a lungo termine.


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Oltre a un anticipo delle migrazioni, si verifica anche un cambiamento della distribuzione delle specie, in quanto maggiori temperature causano uno spostamento verso nord dall’areale di distribuzione; un esempio di spostamento dell’areale verso alte quote è dato dal lepidottero europeo Carterocephalus palaemon. Inoltre, il rischio di estinzione causato dal cambiamento di areali è una realtà facilmente comprensibile se si pensa che lo spostamento degli areali verso nord non è sempre possibile.

Il 15-37% delle specie potrebbe estinguersi entro 50 anni per la scomparsa di condizioni climatiche idonee. I cambiamenti climatici hanno conseguenze allarmanti non solo per la fauna globale, ma anche per gli ecosistemi, gli habitat e la vegetazione, i cui areali possono essere spostati molto più lentamente rispetto a quanto possano fare gli animali.


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