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Home » Scienze » PLANCK/ 2. Com’era l’universo dopo il Big Bang? Due strumenti stanno dando le risposte

  • Scienze

PLANCK/ 2. Com’era l’universo dopo il Big Bang? Due strumenti stanno dando le risposte

Int. Aniello Mennella
Pubblicato 14 Febbraio 2012
Planck-2-monossido_r400

Mappa dell'emissione di monossido di carbonio presente nelle nubi interstellari della Via Lattea: in blu le misure di Planck confrontate con la limitatezza dei dati precedenti (in rosso)

Continuano ad arrivare i dati dalla sonda Planck, e gli scienziati ne traggono i primi risultati. Quali? Sono molto significativi, e li spiega ANIELLO MENNELLA

Una parte della vita operativa di Planck può dirsi conclusa, con la fine dell’attività dello strumento ad altra frequenza (HFI) per l’esaurimento dell’elio liquido necessario a raffreddarlo fino a 0.1 gradi Kelvin, la più bassa temperatura mai raggiunta nello spazio. Ma la missione prosegue e Planck continua ad accumulare dati con il solo strumento LFI, ancora perfettamente funzionante ed efficiente. Nel frattempo il lavoro di analisi di più di 450 scienziati continua senza sosta, per arrivare puntuali al rilascio, all’inizio del 2013, dei primi risultati cosmologici, quelli più attesi.


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Intanto gli scienziati riuniti a Bologna per il convegno sull’astronomia a radioonde e a microonde, continuano a meravigliarsi per l’accuratezza delle misure e per le magnifiche immagini che la precisione dei due strumenti di Planck consente di ottenere.

Ne è particolarmente soddisfatto l’astrofisico Aniello Mennella, che di LFI è il Calibration Manager. 


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Si può già fare un bilancio di come hanno funzionato i due strumenti? Hanno risposto alle aspettative?

Fin dalle prime misure effettuate pochi giorni dopo il lancio i due strumenti di Planck hanno mostrato di funzionare secondo le aspettative, confermando le prestazioni scientifiche per le quali sono stati progettati e che sono state misurate a terra durante la lunga ed impegnativa campagna di test.

Questo, di per sé, è stato un risultato significativo, considerato che Planck ci ha sfidato molto dal punto di vista tecnologico e ha costituito una “prima volta” da molti punti di vista. Lo strumento ad alta frequenza (High Frequency Instrument, HFI), infatti, è il primo strumento bolometrico mai operato nello spazio e ha richiesto lo sviluppo di un sistema criogenico capace di raffreddare i rivelatori ad una temperatura di appena 0.1 gradi sopra lo zero assoluto. Per due anni e mezzo i bolometri di HFI sono stati l’oggetto più freddo dell’universo, al di fuori dell’atmosfera terrestre. Anche i radiometri dello strumento a bassa frequenza (Low Frequency Instrument, LFI), alla temperatura di appena 20 gradi sopra lo zero assoluto, sono stati il primo caso di ricevitori a microonde raffreddati in modo attivo grazie a un refrigeratore a idrogeno ad assorbimento (il cosiddetto Planck Sorption Cooler). Questo refrigeratore ha permesso di raggiungere tale temperatura senza l’ausilio di pompe meccaniche che avrebbero impedito al satellite di osservare il cielo con l’accuratezza di puntamento necessaria. Il suo sviluppo è stata un’altra grande sfida essendo esso stesso il primo caso di un refrigeratore di questo tipo mai lanciato e operato nello spazio.


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Quindi siete confidenti nella attendibilità delle vostre misure?

Naturalmente l’eccezionale sensibilità di questi strumenti e il livello del segnale da misurare, lieve come un respiro, è motivo di grande attenzione a tutti quegli effetti che potrebbero introdurre segnali spuri di carattere strumentale. Tutta la progettazione di Planck, dagli strumenti al satellite e all’orbita, è stata guidata dal principio di garantire un livello di stabilità nel segnale misurato compatibile con la sensibilità, proprio per ridurre al minimo l’impatto degli effetti sistematici. Anche l’analisi dati, che rappresenta un’altra grande sfida in cui tutti siamo giornalmente impegnati, è fortemente orientata a comprendere appieno le misure  per riconoscere e controllare gli effetti strumentali residui che, per quanto di lieve intensità, vanno riconosciuti ed eliminati per poter rivelare i più tenui dettagli del volto dell’universo bambino in tutta la loro bellezza. L’analisi dati e le operazioni necessarie per operare lo strumento LFI durante il 2013 costituiscono oggi le sfide principali per il team strumentale, in vista del primo rilascio di dati e risultati cosmologici previsto per il 2014.


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Che lavoro svolgerà nei prossimi mesi lo strumento LFI?

Lo strumento LFI gode oggi di ottima salute e pare essere talmente affascinato dal cielo da voler continuare almeno per un altro anno. LFI, infatti, ha mantenuto la funzionalità e le sue prestazioni ai livelli di due anni e mezzo fa. Anche il Sorption Cooler, che raffredda LFI alla temperatura di 253 gradi sotto zero ed è un elemento chiave nel raggiungimento della sensibilità dello strumento, sta funzionando perfino meglio delle previsioni.

Già due anni fa il team di Planck ha iniziato a considerare l’opportunità di continuare ad osservare il cielo alle frequenze di LFI anche dopo la fine delle operazioni di HFI e, nel 2012, l’ESA ha approvato un’estensione delle operazioni di un altro anno. Un altro anno di osservazioni consentirà di aumentare ulteriormente la sensibilità delle mappe finali di LFI e, soprattutto, di aumentare la confidenza nella qualità delle misure e ridurre al minimo l’impatto di effetti sistematici strumentali, soprattutto per quanto riguarda le misure in polarizzazione.


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La misura delle anisotropie in polarizzazione del fondo cosmico è uno degli obiettivi chiave della missione. Misure accurate di questa anisotropie, infatti, ci permettono di scrutare le proprietà fisiche dell’universo in un tempo estremamente prossimo al Big Bang, quando l’energia era a livelli irraggiungibili, ad oggi, da qualsiasi acceleratore di particelle.

Misurare le anisotropie di polarizzazione, però, è molto difficile. Per rilevare la loro intensità, 10-100 volte inferiore alle anisotropie in temperatura, e raggiungere la necessaria confidenza che i segnali misurati siano di origine cosmologica e non causati da qualche effetto strumentale non voluto, sono necessari strumenti dotati di grande sensibilità e di una stabilità al di fuori dell’ordinario. Per questo motivo l’estensione delle operazioni di LFI è un’opportunità molto importante che ci consentirà di massimizzare le prestazioni scientifiche della missione per svelare le più tenui fluttuazioni nel segnale polarizzato.


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Qualcuno ha anche ipotizzato una ulteriore prosecuzione di attività.

Ad oggi sia lo strumento LFI che il Sorption Cooler stanno funzionando in modo egregio. Inoltre, le ultime notizie dal team che ha sviluppato il cooler indicano che potrebbe essere possibile prolungarne la vita mediante un processo chiamato “rigenerazione”, che sarebbe possibile effettuare in volo. Se queste notizie fossero confermate, si aprirebbe la possibilità di operare il nostro strumento anche dopo la fine del 2012. È ancora presto per dire se ci sarà realmente un’opportunità di continuare anche dopo la fine di quest’anno, ma le premesse dal punto di vista tecnico ci sono tutte per poter augurare: “Lunga vita a Planck e LFI!”

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