Zungri (Vibo Valentia). Un uomo con precedenti di giustizia, Giuseppe Accorinti, si offre di portare la "Madonna della Neve". I carabinieri fermano tutto. SABATINO SAVAGLIO
Se Dio mandasse di nuovo suo Figlio sulla terra, nella modalità in cui ciò avvenne due millenni fa, sicuramente oggi Gesù avrebbe più problemi dell’epoca, specie se dovesse arrivare in Calabria o in qualche altra regione del Sud.
Ai saggi che gli rimproveravano con quale autorità avesse cacciato i mercanti dal tempio di Gerusalemme, Gesù rispose: “Sicuramente ladri e prostitute entreranno nel Regno prima di voi. Perché, quando Giovanni Battista v’invitò a pentirvi e a convertirvi a Dio, voi non gli avete dato ascolto, mentre gli hanno creduto dei ladri e delle prostitute”. Come dovrebbe comportarsi oggi Gesù in Calabria, per non finire nel carosello mediatico giudiziario? Quali e quante reazioni solleverebbe?
Ciò che accade intorno alle manifestazioni religiose nelle estati calabresi continua a dare l’immagine di una società che vive ancora mossa dallo scandalo e dal dito puntato contro l’altro.
L’ultimo caso è avvenuto a Zungri, nel vibonese. Un uomo con precedenti di giustizia, tale Giuseppe Accorinti, si era proposto di essere tra i portatori del quadro della Madonna della Neve. Accorinti, pur “ritenuto” una sorta di boss locale, è attualmente un uomo libero e, sembra, non oggetto di indagini per mafia. Prima del processo in cui è indagato per usura ed estorsione, in sede di udienza preliminare, è caduta l’aggravante mafiosa e gli atti processuali sono stati inviati dalla procura distrettuale antimafia alla procura ordinaria di Vibo Valentia; quindi, per alcuni magistrati, Accorinti non sarebbe uno ‘ndranghetista ma un semplice usuraio che avrebbe anche minacciato, tra il 2001 e il 2005, le sue presunte vittime per il mancato rimborso di un prestito di 60mila euro. La sua “fama” ha comunque fatto reagire qualcuno del comitato organizzatore della processione, il quale ha avvisato i carabinieri che hanno prontamente bloccato la manifestazione religiosa.
E’ giusto preservare le processioni dagli “inchini” davanti alle case dei capi locali della ‘ndrangheta; gli stessi vescovi calabresi dopo il caso di Oppido Mamertina, nell’estate del 2014, hanno preso duri provvedimenti, vietando in certi casi le processioni davanti alle case (di mafiosi e non) e limitandole ai soli luoghi di cura o dove vi sia la nota presenza di ammalati cronici e determinando per sorteggi le persone adibite a portare a spalla le statue.
In molti casi, però, il clamore mediatico e le conseguenti azioni giudiziarie creano dei polveroni di cui si farebbe volentieri a meno. Risale sempre al 2014, pochi giorni dopo il caso di Oppido Mamertina, un’inchiesta in cui furono indagati il sindaco Edoardo Lamberti Castronovo, il vice-sindaco, il parroco ed il comandante dei carabinieri di San Procopio (Reggio Calabria) a seguito di un articolo di giornale che parlava dell’inchino davanti alla casa di un boss. Ne seguirono querele e controquerele tra il sindaco ed il giornalista. Alla fine tutti prosciolti: all’epoca della processione il boss non abitava in quella casa ma vi andò a risiedere solo qualche tempo dopo.
Non è sollevando questi polveroni che si sconfiggono la cultura e l’azione della ‘ndrangheta.
