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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » Fed & Dollaro » FINANZA/ Se il populismo nasce dentro la Bce e la Fed

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FINANZA/ Se il populismo nasce dentro la Bce e la Fed

Paolo Annoni
Pubblicato 20 Novembre 2019 - Aggiornato 21 Novembre 2019 ore 16:34
(Pixabay)

(Pixabay)

Le politiche eccezionali delle banche centrali dopo il 2008 proseguono. Questo non è il prodotto dei “populismi”, ma la loro causa

Le banche centrali oggi continuano a impedire che il rallentamento economico e le tensioni geopolitiche arrivino alle borse e si rompa la magia che ha protetto i consumi. Siamo, sostanzialmente, nello stesso schema del 2008/2009 portato agli estremi. Nessuno sa quanto tutto questo possa durare e quanto ancora a lungo possa continuare questo “fenomeno” senza precedenti. Chiunque abbia scommesso “contro” i listini negli ultimi anni si è fatto male e gli “short squeeze” alimentano nuovi massimi. Le banche centrali e chi le guida continuano a far parte di quelle “élites” che si contrappongono ai populismi che giocherebbero con l’economia senza sostanzialmente sapere quello che fanno; questa è in sostanza la narrazione.


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Il rapporto invece è più complicato di questo. Le politiche eccezionali delle banche centrali dopo il 2008 convivono con l’eccezionale successo dei populisti, da Trump alla Brexit, e i due fenomeni non sono slegati. Partiamo per esempio dagli allarmi lanciati dal Janet Yellen alla fine del suo mandato da Presidente della Fed quando avvisava che le diseguaglianze nella società americana non erano mai state così grandi. La vittoria di Trump è stata anche il prodotto delle scelte fatte da politica e banche centrali dopo il 2008. Le immissioni di liquidità con gli indici che rimbalzavano hanno premiato in misura più che proporzionale chi era investito sui mercati e hanno causato una “inflazione” cattiva che ha spinto al rialzo i prezzi in alcuni settori, per esempio l’immobiliare, premiando ancora di più alcune classi e penalizzandone altre.


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La liquidità immessa dalle banche centrali oggi è parcheggiata sui mercati e i rendimenti compressi non fanno particolarmente paura. Cina e Unione europea, finora a guida tedesca, esportano deflazione in tutto il mondo; è il massimo della vita per la rendita a cui vanno benissimo rendimenti bassi purché sicuri. Il rischio che i risparmi vengano “mangiati” dall’inflazione è nullo. Un mondo che nulla a che vedere con chi deve fare un debito e nutre preoccupazioni sul proprio reddito. O su chi deve fare un investimento e non sa dove andrà l’economia globale.

Lo schema del 2008 oggi continua e l’unica soluzione che si vede è quella di spingerlo il più possibile e il più a lungo possibile; questo non è il prodotto dei “populismi”, ma la loro causa. La “green economy” al momento è un lusso pagato dalla classe media con difficoltà sempre più evidenti. Se la risposta, “delle élites”, alla crisi del 2008 ha prodotto come conseguenza non voluta i populismi quello che bisognerebbe chiedersi, e non abbiamo una risposta, è cosa possa produrre il perpetuarsi di questo schema in caso di nuovo rallentamento economico. Potrebbe essere l’occasione per il ritorno in grande stile delle “élites”; una possibilità che giustamente è stata contemplata. L’alternativa è che anche i “populismi” tocchino nuovi massimi.


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