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Home » Impresa » DL CURA ITALIA/ Carboniero (Ucimu): all’industria in trincea serve di più

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DL CURA ITALIA/ Carboniero (Ucimu): all’industria in trincea serve di più

Int. Massimo Carboniero
Pubblicato 19 Marzo 2020 - Aggiornato alle ore 16:12
Massimo Carboniero

Massimo Carboniero

Non è certo soddisfatto del decreto cura Italia il Presidente di Ucimu-Sistemi per produrre: c’è bisogno di altri supporti per l’industria, cuore del Pil

«Per giorni ho letto sui giornali che il decreto per l’emergenza coronavirus non avrebbe affrontato solo le urgenze della crisi sanitaria, ma avrebbe sostenuto da subito tutte le imprese industriali dell’Azienda-Paese già in trincea contro pesanti contraccolpi economici». Massimo Carboniero, presidente dell’Ucimu, è deluso, anche se parla al Sussidiario.net dopo un evento incoraggiante: dalla sua Omera, a Chiuppano, è appena partito un camion diretto in Polonia, con a bordo una macchina in consegna a un cliente. Come numerosi altri leader dell’industria nazionale, tuttavia, sono giorni e giorni che il presidente dell’Ucimu lancia l’allarme: fin da quando l’Italia è divenuta un’intera zona rossa. Fin dall’inizio della disruption Carboniero chiede un congelamento almeno trimestrale di tutti i pagamenti F24: fiscali e contributivi. Con un obiettivo semplice e preciso: lasciare al motore dell’economia italiana quanta più liquidità utile a fronteggiare un prevedibile blocco di consegne e fatturazioni, in Italia e soprattutto sui mercati internazionali.


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Il decreto cura Italia – che spende tutti e subito 25 miliardi – ha sì riscadenziato fino a maggio i pagamenti tributari e previdenziali, ma soltanto per le imprese con fatturato inferiore ai due milioni e con un occhio specifico per molte filiere di micro-aziende non industriali. «Io non mi sento di discutere le scelte di priorità di un Governo che sta fronteggiando di fatto una crisi umanitaria per 60 milioni di cittadini», dice Carboniero. «La salute e la tranquillità delle famiglie devono venire prima di ogni altra preoccupazione. Però è un fatto che un provvedimento che vale forse più di una manovra annuale – in un frangente eccezionale – non preveda quasi alcun supporto per le imprese industriali».


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Il presidente dell’Ucimu vuole sgombrare subito il campo da ogni dubbio: «Sono preoccupato da imprenditore per il futuro della mia azienda, di tutte le decine di migliaia di aziende industriali piccole, medie e grandi che generano ogni giorno il nocciolo duro del Pil: quello costruito competendo sui mercati globali caratterizzati da veloce innovazione tecnologica. Se cediamo noi, cede l’intero Paese. Se si rompe il sistema, se il secondo Paese manifatturiero dell’Unione europea perde la sua capacità di stare sui suoi mercati, l’intero Paese rischia un pesante declassamento in tutte le grandezze economiche: redditi, occupazione, risparmio e credito, gettito fiscale e quindi spesa pubblica. Se il Governo non se ne rende pienamente conto, credo stia commettendo un grosso errore».


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Il decreto stanzia risorse importanti per gli ammortizzatori sociali e le garanzie creditizie a sostegno delle imprese in difficoltà. «Di nuovo: posso comprendere ogni motivazione da parte dell’esecutivo, l’ansia di gettare nel mare in tempesta salvagenti sociali il più possibile robusti. Tuttavia la cassa integrazione interviene su una crisi aziendale già in corso: qui invece si tratta di far sì che aziende sane – fortunatamente ancora molte – non vadano in crisi. È stato per questo che ho proposto la sospensione dei pagamenti fiscali e contributivi per almeno tre mesi e una successiva dilazione rateizzata di almeno un anno. È un’istanza che ribadisco oggi. Imprese finora sane rischiano di ammalarsi: è invece fondamentale evitare che esse si ammalino, far sì che esse si immunizzino contro il virus della recessione in arrivo».


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E le misure anti-razionamento del credito? «Ancora allo scoppio della bolla-virus le banche si presentavano liquide: l’offerta di credito non era e probabilmente non sarebbe un problema per aziende che potessero esibire una lista di consegna, un portafoglio ordini e un cuscinetto minimo di liquidità. Le garanzie pubbliche ai prestiti, ancora una volta, sono meccanismi burocratici di cui un sistema delle imprese funzionante non ha bisogno. E un sistema industriale cui il Fisco, invece, sospendesse per tre mesi i pagamenti F24 sarebbe funzionante».

Negli ultimi giorni il Governo ha dovuto affrontare un’emergenza nell’emergenza: negoziando con le parti sociali un accordo per la sicurezza dei lavoratori nelle aziende. «È stato certamente un passo importante. Però credo che sia stato decisivo l’alto senso di responsabilità mostrato da tutti sul campo, nelle fabbriche: anzitutto dai lavoratori. Ma anche gli imprenditori, voglio dirlo, si sono fatti trovare all’appuntamento: noi in Ucimu abbiamo stipulato una polizza d’assicurazione specifica per il coronavirus per chi lavora nelle nostre aziende».


INCHIESTA COVID/ E piano pandemico: come evitare l’errore di Speranza & co.


Il Governo preannuncia un secondo decreto, probabilmente contando su un piano Ue. «Non possiamo che augurarcelo: sperando che stavolta fra gli interventi a favore delle aziende medie e grandi non vi sia solo il salvataggio di Alitalia».

(Antonio Quaglio)

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