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Home » Economia e Finanza » PIL POST-CORONAVIRUS/ Ripartire dal Giappone senza guardare al debito

  • Economia e Finanza

PIL POST-CORONAVIRUS/ Ripartire dal Giappone senza guardare al debito

Ugo Bertone
Pubblicato 24 Marzo 2020
(LaPresse)

(LaPresse)

Il Pil risentirà molto gli effetti del coronavirus e gli Stati dovranno intervenire per evitare una moria delle imprese, senza badare troppo al debito

Non c’è che dire: stiamo vivendo tempi interessanti. L’epidemia ci ha fatto piombare in un clima di guerra sconosciuto alle generazioni del dopoguerra, mettendoci di fronte a problemi e scenari inediti. È ormai scontato che, dopo uno dei più lunghi cicli di crescita, iniziato negli Usa nel marzo del 2009, i mercati sono entrati in recessione nel marzo del 2020. Si prevede una discesa del Pil mondiale nell’ordine dell’1-1,5% nel primo trimestre, per quanto sia difficile orientarsi tra numeri che, vedi produzione industriale cinese o indice della fiducia tedesca, si rivelano peggiori delle prime stime. È molto probabile, comunque, che i dati del secondo trimestre saranno assai peggiori, nell’ordine del -5%. Partiamo da qui per cercare di individuare le tracce del mondo che verrà dopo l’epidemia.


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La rapidità della ripresa dipenderà naturalmente dal virus. Se l’epidemia finirà sotto controllo, la ripresa sarà rapida e robusta, a forma di “V”. Altrimenti, sarà necessario rivedere i programmi e le strutture dell’economia maturati negli anni della globalizzazione. In ogni caso, la rottura delle catene produttive maturate in questi anni avrà effetti sul ciclo industriale e sui rapporti finanziari. Sarà un mondo più frammentato dove ciascuno tenderà a dipendere di meno dagli altri, a scapito della maggior efficienza. Sul fronte finanziario le aziende si terranno strette la liquidità: ci saranno meno buybacks o altre operazioni capaci di eccitare le Borse.


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La prospettiva di ritrovarsi alla fine dell’epidemia con una diffusa moria di imprese spingerà gli Stati a intervenire a protezione dell’apparato industriale. A favorire la ripresa della presenza pubblica contribuirà la fine del tabù nei confronti del debito generato dalla spesa pubblica.

Il debito, del resto, è senz’altro destinato a salire verso vette quasi inedite di azzardo morale, ma il calo verticale della spesa per interessi sarà ancora più pronunciato. Perché prendersela per un decimale in più nel rapporto debito/Pil a fronte di tassi zero?

Le autorità hanno gestito le prime fasi della crisi con efficacia, per quanto attiene alla politica monetaria (a dimostrazione che la lezione di Lehman Brothers o della crisi greca a qualcosa sono servite). La partita si è poi spostata sul terreno della politica fiscale. E ci sarà ancora battaglia sulla destinazione delle risorse, specie all’interno dell’Unione europea. Ma cresce, nei fatti, la pressione verso una sorta di monetizzazione del debito, ovvero l’uso della valuta per assorbire i debiti. Un po’ come capita in Giappone, dove non c’è più in confine definito tra politica fiscale e politica monetaria: l’80% della Borsa di Tokyo è nelle mani della banca centrale.


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Andrà così? Presto per dirlo, ma è un dato di fatto la rivincita dello Stato rispetto alle istanze liberali. Un mondo più povero disposto a sacrificare all’esigenza di una maggior sicurezza mobilità e prospettive di sviluppo. E, sul piano politico, un maggior peso degli Stati e una minor dipendenza dal commercio internazionale. Il tutto, magari, sotto le regole più severe rese possibili dall’impiego dell’Intelligenza artificiale o altre novità destinate a crescere all’ombra dell’epidemia.

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