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Home » Economia e Finanza » Fisco » SCADENZE IMU E IRES/ Tasse, l’ingorgo ignorato mentre le aziende muoiono

  • Fisco
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SCADENZE IMU E IRES/ Tasse, l’ingorgo ignorato mentre le aziende muoiono

Ciro Acampora
Pubblicato 13 Giugno 2020
Roberto Gualtieri

Roberto Gualtieri (LaPresse)

Si avvicinano importanti scadenze fiscali che mettono in difficoltà imprese e famiglie. Il Governo non sembra però tenerne conto

È prossima la scadenza dei versamenti delle imposte Irpef, Ires, addizionali varie, Imu, ecc. Per le famiglie, le imprese e i professionisti quest’anno l’appuntamento giunge alla fine del lockdown e appare sempre più come il cigno nero. Le imprese hanno di fronte un ingorgo di scadenze e versamenti. Sono chiamate a versare le imposte sui redditi del 2019 e gli acconti per l’anno 2020, commisurati ai redditi 2019. La caduta del Pil attesa e prevista non consentirà a una larga parte degli operatori economici di confermare nel 2020 i risultati 2019. Malgrado ciò, il Governo non ne tiene conto in nessun provvedimento, mentre ne tiene conto il Piano Colao che appare attento più che profeta.


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La proposta Colao sembra bocciare l’impostazione del decreto rilancio, che appare sempre più come non in grado di rispondere al bisogno di liquidità delle imprese, e individua come prioritaria la necessità di rendere liquidi i crediti già presenti nei bilanci delle aziende

Sul punto il piano propone di allineare lo strumento della compensazione dei debiti fiscali e previdenziali sopprimendo il tetto alle compensazioni, agevolando la compensazione di tutti i crediti vantati verso la Pa, quindi, anche quelli commerciali, costruire una piattaforma di scambio tra imprese di crediti verso la Pa, differire il pagamento delle imposte in scadenza e anticipare i tempi della compensazione.


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Singolarmente sono tutte proposte di buon senso e attuarle tutte insieme costituirebbe un aiuto per le aziende mantenendo presso di loro la liquidità. Il contesto delineato dalla proposta farebbe fare al sistema delle aziende e dei professionisti un salto di qualità. Il sistema ne uscirebbe più qualificato responsabilizzando i consulenti fiscali, da sempre vicini alle aziende, che vedrebbero riconosciuto, con l’apposizione di una loro asseverazione e la conseguente assunzione di responsabilità, un ruolo di garanzia per le imprese e per il sistema Italia.

La proposta, invece, non pare incisiva quando propone il differimento del pagamento delle imposte. Di fatto si chiede alle aziende di aspettare novembre cosicché dopo essersi indebitate con le banche possano versare le imposte. Nei fatti si sta chiedendo alle imprese di trasformare il debito verso la collettività in debito verso il sistema bancario. È una proposta che non ci convince. Già ora, con i normali strumenti a disposizione, si potrebbe non versare gli acconti determinandoli su base previsionale o avvalendosi, seppur diversamente oneroso, del ravvedimento operoso.


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La soluzione, se servono soldi alle casse statali, sta nel congelare molti dei crediti di imposta creati dal decreto rilancio per concentrarsi su una logica di lungo periodo. Solo così si potrà differire per un periodo più lungo il pagamento delle imposte in scadenza rendendo fluido l’ingorgo fiscale verso il quale stiamo andando.

Il Covid ha reso evidente la necessità delle riforme che sono la strada maestra e la leva fiscale è un passo ineludibile. La proposta Colao riconosce che la sfida da vincere è quella di portare liquidità nelle casse delle aziende. Il blocco delle attività causato dal lockdown ha alterato la formazione dei cash flow aziendali. Le aziende chiuse e in ripartenza, infatti, hanno continuato a pagare i costi fissi e in casi diffusi hanno anticipato la Cig ancora in attesa di essere liquidata. Le aziende e le professioni hanno subito un drenaggio di liquidità non banale che si può fronteggiare mantenendo nelle casse aziendali la liquidità disponibile.


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Ritornando alla proposta Colao appare tanto ovvia quanto giusta. Esistono crediti verso la Pa già nella disponibilità delle aziende che lo Stato, da anni, non paga. Ne consegue che moltiplicare il numero dei crediti di imposta e soprattutto richiedere un atto d’amoreal sistema bancario perché li renda liquidi significa di fatto chiedere alle aziende di morire di crisi di liquidità.

La lettura del piano Colao attribuisce una forma diversa all’affermazione del Presidente Conte che si è dichiarato non contrario all’idea del Ponte sullo stretto. Interpretandola ci piace pensare che lo stretto al quale voleva riferirsi non è quello di Messina, ma quello che divide lo status quo dal nuovo Stato che si deve disegnare per il rilancio dell’Italia.


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La promozione degli Stati generali nell’immediatezza della pubblicazione del Piano Colao sembra far emergere la paura della politica a intervenire. Gli Stati generali sembrano voler negare l’evidenza e delegare a un dibattito ampio, al quale parteciperanno anche le Presidenti della Bce e delle Commissione europea, la formulazione di nuove e ulteriori proposte. La politica non vuole affrontare il tema delle riforme e il dibattito promosso dagli Stati generali, disertati dalle opposizioni, pare la conferma. Forse il Governo si attende proposte unanimi, ma così non può essere e non sarà. Vi sarà un dibattito nel quale in molti si sforzeranno di fare proposte guardando, come inevitabile che sia, al loro interesse e toccherà poi, come nel gioco dell’oca, alla politica scegliere.


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La politica deve convincersi che non può limitarsi a guardare i sondaggi settimanali, ma deve guardare alla scadenza elettorale del 2023.

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