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Home » Cinema e Tv » DOPO IL LOCKDOWN/ Dai film italiani online una domanda sul futuro dei cinema

  • Cinema e Tv

DOPO IL LOCKDOWN/ Dai film italiani online una domanda sul futuro dei cinema

Emanuele Rauco
Pubblicato 20 Settembre 2020
Una scena del film "Cambio tutto"

Una scena del film "Cambio tutto"

Dopo il lockdown le sale cinematografiche soffrono ancora. Nel frattempo ci sono film italiani che vengono distribuiti direttamente online

Riaprono le sale, gli incassi ancora scarseggiano, i primi grandi titoli con ambizioni da campioni d’incassi stanno uscendo ma non troppo (solo Tenet finora e il titolo adolescenziale After 2 ché gli altri continuano a rimandare le loro uscite in attesa di tempi più fertili). La pandemia e la chiusura forzata hanno portato però molte produzioni e distribuzioni a fare esperimenti di distribuzioni alternative che qualche frutto devono averlo dato, se è vero che anche potenziali Blockbuster targati Disney stanno spostando la distribuzione sulle loro piattaforme online, prima Mulan poi – forse – Soul che nondimeno aprirà la prossima Festa del Cinema di Roma. E i film italiani hanno giocato in un certo senso un ruolo da apripista.


"Lockdown ha arricchito élite senza proteggere vulnerabili"/ Gupta: "Quello spreco causa della crisi attuale"


In principio furono le piattaforme di noleggio on demand, come Chili, Rakuten o Sky Primafila, ad accogliere nei loro palinsesti i film italiani che non potevano più uscire al cinema, un modo per tamponare la perdita negli incassi; poi arrivarono MioCinema e Io resto in sala, in cui film nuovi e non venivano noleggiati per la visione in streaming dando una parte dei ricavi alle sale cinematografiche che aderivano ai progetti. Poi però arrivò una tempesta: Prime Video, il servizio streaming in abbonamento di Amazon, ha cominciato a diffondere una serie di film italiani di prima visione, con attori anche di un certo peso, direttamente sulla piattaforma, compresi nel costo dell’abbonamento.

Film come Sette ore per farti innamorare, È per il tuo bene, Cambio tutto o Un pugno di amici, commedie sentimentali o familiari nella maggior parte dei casi, con attori come Giampaolo Morelli e Serena Rossi, Valentina Lodovini e Marco Giallini ovvero presenze rassicuranti per il pubblico cine-televisivo, spesso remake di film spagnoli o latini prodotti per il mercato della sala che hanno ripiegato per un consumo molto diverso che hanno continuato a sfruttare anche quando, dopo il 15 giugno, le sale sono riaperte.

Sono film medi, ovvero che non puntano agli incassi stratosferici, né alla profondità e al prestigio dei grandi autori, quei film che garantiscono la tenuta annuale delle sale cinematografiche pronti poi a mietere ascolti e introiti pubblicitari in tv. Insomma, quei titoli di cui il cinema, come esercizio, ha bisogno e che hanno deciso di scavalcare la sala cinematografica.

È una scelta che potrebbe essere un “game changer”, ovvero una di quelle mosse che cambiano il gioco, aprendo a un modo del tutto diverso di intenderne le regole: non film direttamente prodotti da Prime o Netflix – come Sotto il sole di Riccione -, ma operazioni pensate per occupare gli spazi distributivi tra un grande titolo e un altro. Quel tipo di film di cui, oggi più che mai, i cinema necessiterebbero visto che i titoli a molti zeri si defilano, anche tra quelli che battono bandiera tricolore: Si vive una volta sole di Verdone attende una data “adatta” dall’inizio dell’anno, i Tre piani di Moretti aspettano marzo 2021 e le porte aperte del festival di Cannes, Diabolik (Manetti) e Freaks Out (Mainetti) dovrebbero uscire a fine anno, salvo cambi di idee, sperando che qualche sala aperta resti ancora. Per non parlare, come detto, dell’esperimento disneyano in cui anche i film che garantiscono la vita di una sala finiscono online, sebbene su proprie piattaforme, quindi tagliando ogni costo relativo alla distribuzione e agli esercenti.

Potrebbe essere il futuro di quel cinema medio, di quella commedia, immaginando una contrazione di quella domanda? Se Prime o chi per lui garantisce un minimo alle produzioni in base a un’indicativa previsione degli incassi, perché un film dovrebbe uscire in sala – rischiando quindi di floppare – e rinunciare a una parte di quegli incassi (che sono sempre lordi)? È questa la domanda che affligge chi ha una sala in questo momento, tanto un multiplex quanto un piccolo cinema d’essai (che avendo minori costi, forse): il cinema come luogo potrebbe diventare la riserva indiana dei cinefili e non quell’arte popolare in cui ridere e piangere e litigare tutti insieme. Meglio o peggio chi può dirlo: intanto ricominciamo a produrre i film, poi si vedrà.

Tags: Lockdown

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