Se l'Iran entrasse in guerra, spiega l'esperto in geopolitica Ian Bremmer, il prezzo del petrolio salirebbe a 150 dollari al barile, causando una recessione globale e la vittoria di Trump
Ian Bremmer, fondatore di Eurasia Group, nonché esperto di rischi geopolitici, ha analizzato il ruolo dell’Iran nella guerra a Gaza e le possibili conseguenze geopolitiche, partendo però dagli attacchi USA contro gli Houthi nel Mar Rosso. Operazioni, spiega, che hanno “efficacia assai limitata“, oltre ad accelerare “il rischio di un contagio del conflitto nella regione e non solo”, anche perché in generale ritiene che sia “impossibile contenere la guerra al territorio di Gaza”.
Una delle ragioni per cui Bremmer non crede che i bombardamenti USA avranno effetti deterrenti duraturi è proprio l’Iran che, spiega, “continua a supportare lo Yemen dal punto di vista finanziario, militare e logistico”, mentre è anche vero che “non sono state colpite strutture vitali” degli Houthi che siano in grado di “condizionare la sopravvivenza del movimento” o le sue capacità belliche. Inoltre, a dimostrare la scarsa capacità dei bombardamenti di condizionare la guerra, spiega ancora Bremmer, c’è il limitato “grado di coinvolgimento di alcuni Paesi” tra cui il Regno Unito che “ha chiarito di non volersi spingere oltre”.
Ian Bremmer: “Con l’Iran in guerra rischiamo la recessione globale”
Tornando al possibile ruolo dell’Iran nella guerra a Gaza, Bremmer precisa che “se entra direttamente nel conflitto il prezzo del petrolio rischia di balzare a 150 dollari al barile”. In tal caso, si avrebbero una serie di conseguenze a catena che porteranno ad “una recessione globale” e al fatto che “Trump vincerà le elezioni a mani basse”. Elezioni, spiega, che “aggraveranno il problema” della “divisione e disfunzionalità” della democrazia USA, “indipendentemente da chi vincerà”.
Mettendo da parte l’Iran, però, Bremmer ci tiene anche a precisare che in Medio Oriente ci sono tutte le carte in regola per un’escalation, anche (e forse soprattutto) a fronte delle azioni degli Houthi nel Mar Rosso. Inoltre, cita anche “Hezbollah in Libano e le formazioni sciite in Iraq e Siria” che, a suo dire, stanno combattendo “una guerra per procura che vede coalizzati una serie di attori accomunati dalla negazione al diritto di esistere dello Stato di Israele”.
