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Home » Esteri » SCENARIO GERMANIA/ I piani di Merz per andare al potere (anche con AfD)

  • Esteri

SCENARIO GERMANIA/ I piani di Merz per andare al potere (anche con AfD)

Giuseppe Reguzzoni
Pubblicato 5 Febbraio 2025
Merz, CDU

Friedrich Merz, leader CDU in Germania (ANSA-EPA 2025)

Il candidato cancelliere della CDU Friedrich Merz sembrerebbe in un vicolo cieco in vista delle elezioni in Germania. E se non fosse così?

La notizia di un voto congiunto tra la CDU-CSU e AfD nella giornata di mercoledì 29 gennaio ha mosso le stagnanti acque della politica tedesca. Prima di dire qualcosa sulle reazioni all’insolito connubio, di che cosa esattamente si è trattato? Quel giorno, dopo un dibattito infuocato, il Parlamento federale con uno scarto di soli tre voti ha approvato non una legge, ma una sorta di atto di indirizzo “per la messa in sicurezza delle frontiere tedesche e la fine dell’immigrazione illegale”, presentato da Friedrich Merz, leader cristiano-democratico e probabile candidato al cancellierato per le elezioni del 23 febbraio. Il testo invitava il governo ad assumere iniziative dure nei confronti dell’immigrazione illegale, anche sulla scia dell’onda emotiva scatenata dal recente crimine di Aschaffenburg, in Baviera, quando un profugo afghano, che si era vista negare la richiesta di asilo, ha ucciso a coltellate un bambino di due anni e un’altra persona.


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Le reazioni politiche sono state davvero forti: da un lato AfD, che ha celebrato la rottura del muro di esclusione eretto intorno a lei, dall’altra la SPD, i Verdi e la ex cancelliera Merkel, che hanno parlato di un grave atto di imprudenza politica da parte di Merz nei confronti dell’estrema destra (ma AfD lo è davvero?).


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Due giorni dopo, il Parlamento, passando da una richiesta di principio a una concreta proposta di legge, ha comunque bocciato la legge sulla limitazione dei flussi migratori, anche grazie all’assenza di un buon numero di parlamentari (41) e al voto contrario di 13 deputati della CDU e di un paio di liberali. Dunque, sul piano legislativo tutto è rimasto come prima, ma, intanto, si è aperto un dibattito che prelude a molto di quello che potrebbe succedere dopo il 23 febbraio.

Il panorama politico tedesco, sostanzialmente stabile dal 1948, conosce ora due grandi incognite. La prima è la presenza di AfD, Alternativa per la Germania, un partito che i media della borghesia liberal italiana liquidano come “neonazista”, ma che tale non è, e in proposito basterebbe ricordare che il sistema politico tedesco è estremamente vigile ed efficace nel contrastare la presenza di formazioni politiche che si richiamino, in qualche modo al nazionalsocialismo. Negli ultimi tre decenni è quel che è successo a partiti come i Republikaner o NPD (Nationaldemokratische Partei Deutschlands), semplicemente bloccati dalla Corte costituzionale federale o dal ministero degli Interni. NPD, anche dopo aver cambiato nome (Die Heimat, La Patria) e statuto, si è vista dichiarare illegale già tre volte: nel 2013, nel 2017 e, più recentemente, nel 2024. Non si può certo dire che gli organi di vigilanza costituzionale in Germania non funzionino.


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Più in generale, bisogna ricordare che nel secondo dopoguerra la politica tedesca si è costantemente basata sul principio “Nessun partito a destra della CDU”, offrendo quindi un quadro politico che dal Centro andava sino alla Sinistra socialdemocratica o post-comunista (Die Linke, dopo l’Unificazione delle due Germanie). In poco più di un decennio, AfD è riuscita a sfondare questo principio con la sola forza degli elettori, raccogliendo i voti di protesta rispetto a una quadro politico incapace di cogliere e interpretare il malessere ormai dominante nella società tedesca. Definire AfD, nato come partito liberal-conservatore, “neonazista” è una semplificazione da giornalettismo isterico e senza veri argomenti. Semmai, il vero problema di AfD è di essere un partito fluido, senza una solida visione politica e, proprio per questo, esposto ai mal di pancia e ai venti della cultura dominante.

L’altra formazione, di cui in Italia si parla troppo poco è quella di Sahra Wagenknecht, fuoriuscita dai Linke, che invece una visione ce l’ha eccome, e soprattutto ha colto sino in fondo il desiderio di pace del popolo tedesco rispetto alla linea guerrafondaia dei partiti di sistema, inclusi, soprattutto, i Grünen, i Verdi, della ministra dalla bomba facile, Annalena Baerbock.

AfD e BSW (Bündnis Sahra Wagenknecht) saranno probabilmente la vera sorpresa delle prossime elezioni federali, al cui successo il sistema potrebbe opporre solo un’alleanza di tutti i propri partiti (dai Cristiano-democratici ai Verdi, passando per la SPD, i Linke e i Liberali), creando, questa volta sì, un’instabile situazione weimeriana, dagli esiti inquietanti.

Friedrich Merz potrebbe averlo capito benissimo e, proprio per questo, aver “fatto la prova” di una nuova soluzione politica, studiando attentamente le reazioni e le possibilità che queste dischiudono. Merz è un politico navigato, oltre che titolare di un importante studio legale e imprenditore, da sempre liberalconservatore e grande fautore di un atlantismo esasperato. Soprattutto, però, Merz è l’esponente principale della cosiddetta “corrente delle Ande” all’interno dell’Unione, così chiamata perché nata durante un viaggio in America Latina di un gruppo di politici della CDU fortemente ostili ad Angela Merkel: più che un progetto politico, un patto di mutua assistenza nella scalata al potere, con un programma, a onde variabili, centrato sull’alleanza finanziaria dei Paesi virtuosi del centro-nord Europa, in favore di una politica di rigore, da contrapporre ai PIGS latini (la Francia fa sempre eccezione).

Friedrich Merz, madre cattolica e padre evangelico, proviene da una delle più prestigiose famiglie della cattolica Saar e ha una visione sostanzialmente teo-con, per cui i “grandi principi etico-religiosi” sono funzionali alla gestione del potere politico. Sulla guerra in corso tra Russia e Ucraina, si è distinto per la sua linea dura, come emerge anche dalle recenti dichiarazioni, secondo cui, qualora eletto cancelliere, invierebbe all’Ucraina i missili Taurus, sinora negati dal prudentissimo Scholz. O è la “sparata” di uno che sa che, comunque, la guerra con l’elezione di Trump volge alla fine, o c’è molto da preoccuparsi.

D’altra parte, proprio la posizione sulla guerra renderebbe difficile una collaborazione con AfD, più volte accusata dai soliti media liberal di essere “putiniana” semplicemente perché ostile al conflitto e favorevole a trattative di pace (e al reintegro delle forniture di gas dalla Russia). A meno che, appunto, con la possibile (e auspicabile) fine del conflitto o, quanto meno, con il suo congelamento, l’astutissimo Merz abbia intuito che nuovi spazi di governo si stiano aprendo anche nell’immobilismo politico germanico, mettendo in conto inevitabili manifestazioni di piazza.

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Tags: Olaf ScholzAngela MerkelEconomia Germania

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