Durante la Quaresima, l'impegno nel cammino della conversione, suggerito dalle ceneri, trova il sostegno più profondo nell'esperienza della misericordia
Oggi il Papa invita a iniziare il tempo di Quaresima, i quaranta giorni prima della Pasqua, come un cammino insieme nella speranza. Questo cammino – scrive – inizia con un gesto semplice e aperto a tutti: le ceneri sparse sul capo. Le ceneri ci ricordano che l’uomo inizia a cambiare, quando finalmente riconosce davanti a tutti di avere bisogno, di essere bisogno. È inutile affannarsi per mettere a posto i propri problemi, magari dopo aver tentato invano di nasconderli e nasconderseli.
Non ci si può – continua il Papa – cambiare da soli, occorre trovare compagni di viaggio, davanti ai quali potersi mostrare così come si è. Ma quali compagni? Qualche giorno fa un’amica mi raccontava che, viaggiando sul metrò, stava pregando il Rosario con altri amici in collegamento, ma, guardandosi intorno, si chiedeva: «Come questa preghiera raggiunge il cuore anche delle persone che mi sono vicine, se sembrano così distanti, così diverse da me?». Cosa vince, infatti, quella persistente scorza di autoreferenzialità che ci rende estranei, se non sospettosi, nei confronti di chi è diverso da noi, rinchiusi nei nostri gruppi di interesse, nelle nostre credenze, lasciando qualcuno sempre da parte?
Occorre trovare all’inizio del cammino qualcuno che, accostandosi a noi, guardi le nostre ceneri come un segno di grandezza e non di piccolezza, di apertura e non di sospetto. Come quando Gesù, accorgendosi di Zaccheo isolato sull’albero, scorse in quell’uomo una grandezza da riconquistare e non una meschinità da escludere: “Sono venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (cfr. Lc 19,10).
Per questa ragione, durante la Quaresima, l’impegno nel cammino della conversione, suggerito dalle ceneri, se non vuole esaurirsi in uno sforzo autoreferenziale (sia di autocommiserazione, sia di autogiustificazione), trova il sostegno più profondo nell’esperienza della misericordia. Lì ciascuno può scoprire che la propria miseria può trasformarsi nella risposta all’invito di un’amicizia radicale, l’amicizia senza eccezioni del Tu di Dio. Come scrive papa Francesco nella Dilexit nos: l’uomo “capisce di essere il ‘tu’ di Dio e che può essere un ‘sé’ perché Dio è un ‘tu’ per lui … Accettare la sua amicizia è una questione di cuore e ci costituisce come persone nel senso pieno del termine”.
La misericordia di Dio prende il cuore dalle radici e lo infiamma progressivamente, lo dilata fino a far esplodere la barriera del sospetto e dell’estraneità nei confronti del diverso, anzitutto nei confronti di chi è più palesemente bisognoso e peccatore. Per questo, quanto più ciascuno si scopre perdonato, tanto più troverà compagni nel cammino.
Avremo il segno che le nostre preghiere trovano il Tu di Dio come amico di strada, nel fatto che proveremo una sempre maggiore simpatia per il tu di ogni uomo, a partire proprio dal più bisognoso. Infatti, meno l’altro ha da ricambiare, cioè tanto più è bisognoso, quanto più ci appassiona, nella certezza che Dio da quel quasi nulla può sempre far rinascere un uomo nuovo, perché la misericordia è originariamente la passione divina per ricreare il nulla in cui l’uomo si riduce.
Questa misericordia può scaturire solo da un Dio che non solo ha creato il mondo, ma ha anche vinto la morte. Solo Cristo può guardare la morte del peccato come l’occasione per ridare nuova vita all’uomo bisognoso. Lui che è Risorto può già trarre dalla morte dei nostri errori lo spunto per una rigenerazione di noi stessi. Il cammino della Quaresima, così, può diventare un cammino pieno di speranza, perché la vittoria finale di Dio incomincia già oggi a farci nuovi, prendendo le ceneri dei nostri fallimenti, per farne un fuoco in grado di riaccendere nel buio del sospetto la luce dell’amicizia tra gli uomini.
Un’amica infermiera, tornando dal viaggio di nozze, ha trovato un paziente immobile a letto, abbandonato a se stesso. Vedendolo, non ha potuto non pensare a ciò che la accomunava a quell’uomo: entrambi sono bisogno di essere amati, non per un istante, ma di quell’amore sconfinato e misterioso che lei ha scoperto nel matrimonio. Per questo, vedendo quell’uomo, lo ha sentito amico e non solo lo ha lavato, ma gli ha messo un pigiama e lui, solo per un pigiama, si è sentito più bello e l’ha ringraziata.
Il bisogno della sposa e il bisogno del malato, lo stesso bisogno d’amore, sono stati la scintilla di un’amicizia piena di speranza, perché fondata sulla passione di Cristo per le ceneri del nostro essere. L’amicizia tra gli uomini bisognosi è il più grande segno di speranza che oggi Cristo risorto può far risplendere nel mondo in questa Quaresima.
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