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Home » Esteri » Medio Oriente » CAOS SIRIA/ “Dietro la rivolta c’è l’Iran e forse Assad, ora la repressione di al Jawlani colpirà tutti”

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CAOS SIRIA/ “Dietro la rivolta c’è l’Iran e forse Assad, ora la repressione di al Jawlani colpirà tutti”

Int. Sherif El Sebaie
Pubblicato 9 Marzo 2025
Siria, Latakia. Forze di sicurezza del regime di HTS arrestano un dimostrante (Ansa)

Siria, Latakia. Forze di sicurezza del regime di HTS arrestano un dimostrante (Ansa)

Centinaia di morti negli scontri alawiti-forze governative. I jihadisti di HTS reagiscono con violenza inaudita: potrebbero usarla contro altre minoranze

Secondo alcune fonti i morti sarebbero più di 300 fra gli alawiti (l’etnia di cui faceva parte Assad) e oltre 200 tra le forze di sicurezza. Nella zona di Latakia e nell’entroterra di Hama, in Siria, si torna a parlare di guerra civile, di scontri.

Non solo: la risposta dei soldati governativi agli attacchi alawiti, spiega Sherif El Sebaie, opinionista egiziano esperto di geopolitica del Medio Oriente, torna a mostrare l’anima jihadista di Hayat Tahrir al-Sham (HTS) e degli uomini al potere, che non si sarebbero limitati a rispondere militarmente, ma lo avrebbero fatto con una violenza inaudita, che potrebbe portare anche a un’escalation del conflitto interno.


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Il nodo da sciogliere è sempre quello: Hayat Tahrir al-Sham cerca di accreditarsi come formazione moderata, creando anche una commissione per stilare la nuova Costituzione, ma resta il dubbio, confermato dall’azione di questi giorni, che non si sia dimenticata della sua ideologia fondamentalista.

Gli attacchi degli alawiti e la feroce risposta delle forze governative ci dicono che la guerra civile in Siria è ancora un pericolo reale? Da cosa sono nati gli scontri?  


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C’era da aspettarsi che la minoranza prima al potere non rinunciasse almeno al tentativo di ritagliarsi una sua autonomia o che comunque reagisse a un’esclusione totale, non solo dalla gestione del Paese, ma dall’intero sistema politico, sociale, economico. Sono stati tagliati i loro stipendi, le pensioni. Un po’ quello che è successo in Iraq con la minoranza sunnita a cui apparteneva Saddam Hussein.

Cioè?

Una volta esclusa dal potere, completamente estromessa dall’esercito, dalla polizia, dalle strutture pubbliche, senza retribuzione, senza niente, sciolto il partito Ba’th, il risultato è stato una rivolta, che poi ha portato alla presenza dell’ISIS. Più o meno quello che sta succedendo adesso in Siria.


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Quindi ora gli alawiti organizzeranno la resistenza al nuovo governo di Al-Sharaa?  

La resistenza c’era già e ha spinto il nuovo potere siriano a inviare truppe consistenti e mezzi pesanti. Ci sono gruppi armati alawiti che hanno realizzato video e proclami sui social e hanno attaccato le ronde di HTS. È quello che ha provocato la reazione barbara delle forze governative, sostanzialmente nello stile di ISIS e Al-Qaeda. Basta guardare le immagini di quello che hanno fatto: massacri indiscriminati di civili, centinaia di vittime, corpi per le strade, torture, umiliazioni. È probabile che tutto ciò, invece di contenere lo scontento, porti a una deflagrazione della rivolta.

Cosa ci dice questa vicenda di HTS e della moderazione mostrata dopo la caduta di Assad?  

Ci racconta che possono mettersi tutte le cravatte che vogliono o indossare orologi da 80mila euro come quello portato da Al-Sharaa, inscenare finte conferenze di dialogo e di conciliazione nazionale, ma sono solo operazioni mediatiche. L’obiettivo è ottenere credibilità, per essere depennati dalle liste delle organizzazioni terroristiche, per eliminare le sanzioni alla Siria e permettere loro di fare business, tranquillizzando i Paesi arabi circostanti e utilizzando i loro soldi. Nei fatti, però, la natura ideologica e il modus operandi dei miliziani di HTS non potevano cambiare.

Come rappresentanti del governo centrale cercano di sedare le rivolte. Cosa c’è che non quadra?

I video che circolano lo dimostrano chiaramente. C’è solo da dispiacersi che i media mainstream non mostrino quello che sta effettivamente succedendo in Siria, perché è solo vedendolo che si capisce la portata della barbarie messa in atto dal sedicente governo jihadista moderato. Bisogna cercare su canali Telegram, perché sui media i soldati governativi vengono mostrati armati, fermi agli angoli delle strade, ma non vengono mostrati i crimini che stanno commettendo.

Lo scontro con gli alawiti può essere il primo di una serie di rese dei conti con le altre minoranze?  

In realtà, nella mente dei jihadisti tutte le minoranze sono responsabili del sostegno al governo di Assad: non solo gli alawiti, ma anche i cristiani e i drusi. Adesso potrebbe toccare anche a loro. I drusi lo hanno già capito e, infatti, si stanno mettendo sotto la protezione di Israele, a cui non sembra vero di avere una scusa per intervenire nel sud della Siria e creare una zona cuscinetto allargando i propri possedimenti.

La Turchia, grande sponsor di HTS, può accettare questa deriva jihadista?

Ankara ha tutto l’interesse che venga portata a termine l’operazione che punta a rendere presentabili le milizie che sostengono il governo di Damasco. Quello che sta succedendo con gli alawiti certo non aiuta. La Turchia, comunque, ha un’altra priorità: tenere sotto controllo i curdi, che non hanno intenzione di accordarsi col nuovo potere siriano, facendosi inglobare nell’esercito. La vicenda che ha segnato la Siria nelle ultime ore non aiuterà certo ad andare in quella direzione: le forze curde sono state accusate di aver dato manforte alla rivolta degli alawiti e di essere corresponsabili, assieme all’Iran, di questa nuova situazione.

L’Iran, quindi, non è affatto scomparso definitivamente dalla scena?  

Teheran lo aveva promesso: dopo la caduta di Assad, davanti alle scene di giubilo della gente, un esponente del governo aveva dichiarato che l’Iran ha ancora i mezzi per rovesciare la situazione. Lo zampino degli ayatollah probabilmente c’è e anche, come si vocifera, un coordinamento da parte dello stesso Assad. Pur essendo a Mosca, sarebbe dietro questa rivolta nelle zone alawite.

Ora cosa farà Hayat Tahrir al-Sham?

HTS ricorrerà alla violenza indiscriminata, perché è nel Dna del movimento, sperando che una violenza esagerata soffochi qualsiasi tentazione di mettere in dubbio il suo potere. Questo porterà a un’esplosione della situazione, indurrà le altre minoranze a mettersi sotto la protezione di qualcuno o a sfilarsi. Nella peggiore delle ipotesi ci sarà una guerra civile, nella migliore, delle enclave che si guardano in cagnesco tra loro, pronte a entrare in conflitto in qualsiasi momento. Un’instabilità che non aiuterà la ripresa dell’economia e il funzionamento dello Stato, né ad attrarre investimenti o a togliere le sanzioni.

Il progetto di Al-Sharaa di sciogliere tutte le milizie facendole confluire nell’esercito siriano è già fallito?  

Come si è visto anche in Libia, se dopo tanti anni le milizie hanno la possibilità di essere armate e finanziate, nessuna di loro prende in considerazione la possibilità di deporre le armi. Significherebbe rinunciare al proprio orticello. Lo farebbero solo in cambio di concessioni molto importanti, ma è difficile che succeda.

Il governo di HTS, però, ha nominato la commissione che dovrà stendere la prossima Costituzione siriana.

Si tratta di operazioni puramente mediatiche per far vedere che c’è un nuovo sceriffo in città, un governo stabile e moderato. Ma è una realtà completamente artefatta e scollegata da quello che sta succedendo sul terreno. Mettendo da parte i convegni di riconciliazione, quello che succede è che c’è gente armata che, mentre spara, costringe i civili a camminare a quattro zampe abbaiando, come si è visto nei video in queste ore.

Realisticamente, secondo te, c’è la possibilità che la Siria mantenga una sua unità? E a quali condizioni?  

I Paesi dell’area sono nati da un progetto coloniale, con confini quasi completamente artefatti, che non hanno preso assolutamente in considerazione le esigenze e le aspettative dei popoli della zona. La Siria, come Paese unito, non esiste più dal 2011, da quando le milizie hanno cominciato a farla da padrone, i curdi si sono ritagliati il loro spazio e HTS si è presa Idlib. Oggi, con la situazione che sta peggiorando e un potere estremista, riguadagnare l’unità è ancora più difficile.

(Paolo Rossetti)

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