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Home » Politica » MIGRANTI, CASSAZIONE vs GOVERNO/ Maresca: le sentenze di parte che fanno male alla magistratura

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MIGRANTI, CASSAZIONE vs GOVERNO/ Maresca: le sentenze di parte che fanno male alla magistratura

Catello Maresca
Pubblicato 9 Marzo 2025
Migranti rimasti a bordo della nave Diciotti dopo lo sbarco di 13 di loro per motivi sanitari, 25 agosto 2018 (Ansa)

Migranti rimasti a bordo della nave Diciotti dopo lo sbarco di 13 di loro per motivi sanitari, 25 agosto 2018 (Ansa)

La Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento danni ai migranti trattenuti sulla nave Diciotti nel 2018. Una sentenza politica

La sentenza delle sezioni unite della Cassazione, che riconosce il diritto al risarcimento per danni non patrimoniali ai migranti trattenuti sulla nave Diciotti nel 2018, rappresenta l’ennesimo episodio di uno scontro tra magistratura e politica senza precedenti nel nostro Paese.

Le sentenze si accettano, ma, come si è sempre detto, si possono commentare, restando ovviamente nell’ambito della continenza e del rispetto istituzionale.


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A me sembra che il nuovo principio di diritto, espresso dalla Suprema Corte, si inserisca nell’ambito del diffuso orientamento non filo-governativo che sta caratterizzando numerose pronunce negli ultimi periodi.

Mi riferisco al principio risarcitorio della “presunzione del danno”, in contrasto “con la giurisprudenza consolidata e con le conclusioni del procuratore generale” e, a quanto emerge, addirittura in assenza di elementi di prova sul danno stesso e sulla quantificazione.


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E nel sostenerlo non credo di far torto a nessuno, visto che anche i giudici, nel difficilissimo compito di interpretazione delle norme, possono naturalmente ed umanamente risentire del clima che si respira attorno ai palazzi di giustizia.

Così come in passato ci sono stati periodi di letture più favorevoli agli organi dello Stato, oggi in tutta evidenza appare avvenire il contrario. Ormai l’immagine di un giudice nella torre di cristallo è assolutamente anacronistica. Ed in tutta coscienza penso che il giudice non possa rimanere completamente estraneo rispetto al mondo che lo circonda. Sarebbe, però, molto grave se le sue decisioni fossero condizionate da una sorta di preconcetto nei confronti di questo governo.


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Io sono sicuro che non sia così, ma l’impressione diffusa tende ad accreditare questa ipotesi.

Ed allora, se è vero che un giudice deve non solo essere ma anche apparire terzo e imparziale, oggi mi chiedo se questa imparzialità non sia fortemente compromessa.

Questa decisione che si aggiunge a molte altre nella stessa direzione e che a molti appare eccessivamente sbilanciata, in un momento nel quale la stessa magistratura non nasconde con scioperi e proclami la sua aperta ostilità rispetto alle scelte del legislatore, non fa sicuramente bene al Paese.

Perché è chiaro che i cittadini stessi sono confusi e disorientati rispetto ad un equilibrio spesso difficile, soprattutto – bisogna dirlo – con governi di centrodestra, che oggi è completamente saltato.

E l’effetto immediato più evidente sembra essere quello di una accresciuta sfiducia nei confronti della magistratura, che appare arroccata su posizioni difensive della proprie prerogative anche quando magari tali posizioni sarebbero legittime e fondate.

Un accreditato quotidiano di qualche giorno fa ha riportato la frase choc: “Quanto ci farebbero comodo in questo periodo due magistrati morti”, pronunciata dal nuovo presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), Cesare Parodi, durante la presentazione di un libro a Torino e mai smentita.

Evidentemente, dai tempi del cosiddetto scandalo Palamara, la magistratura non gode più di un diffuso sostegno da parte dell’opinione pubblica. E lo stesso slogan “difendiamo la Costituzione nell’interesse dei cittadini” si scontra con un imbarazzante dissenso, visibile anche plasticamente nei commenti poco amichevoli che affollano i post nei vari social sul tema.

Questo rappresenta senza dubbio un problema, se la posizione della magistratura associata è, come sembra, quella di porsi come strenua paladina di una battaglia che gli stessi cittadini non sanno o non vogliono combattere.

L’esagerazione del presidente dell’Anm molto probabilmente tradisce proprio questa preoccupazione, rispetto alla quale, però, sarebbe forse il caso di porre un’altra questione. E cioè: perché la magistratura non è più percepita come un corpo dello Stato affidabile e rassicurante? È colpa esclusiva di un processo di delegittimazione per mano soprattutto della politica, o c’è qualcosa di più profondo e di diverso?

Questa riflessione preliminare e probabilmente più matura ci aiuterebbe ad impostare correttamente la discussione ed anche l’approccio rispetto ad una componente politica che agisce anche perché forte di un consenso popolare che da tempo ha abbandonato invece la magistratura.

Io non credo che servano cinicamente “un paio di magistrati morti”, ma piuttosto una magistratura più viva e più presente.

Un serio processo di autocritica aiuterebbe senza dubbio a recuperare autorevolezza e credibilità che ormai sembrano valori oggettivamente smarriti.

Ed, in tal senso, forse, letture più compatibili e meno ideologicamente orientate, ovvero spiegazioni più comprensibili anche per i cittadini comuni delle decisioni prese, ovvero dei mutati orientamenti giurisprudenziali, potrebbero favorire un clima di serenità e ripotare la magistratura al posto di terzietà e di garanzia che le spetta nell’assetto costituzionale.

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