A Napoli escono dalla sala in tanti, i magistrati, quando parla Nordio. Escono sopratutto per illudersi di avere ancora qualcosa da dire con la loro assenza. Un gesto sgarbato, non condiviso dalla presidente del Tribunale, Elisabetta Garzo, che sulle pagine del maggior quotidiano locale aveva anticipato che sarebbe rimasta ad ascoltare il ministro. Ma dove sono andati con la Costituzione in mano? La battuta di alcuni è stata “a studiarla”. Poco elegante e poco carina, ma rende ben il clima di profonda spaccatura tra togati e resto del mondo del diritto vivo (avvocati in primis) che vedono in questa opposizione solo un’ennesima prova di forza di un pezzo di magistratura che si avverte, evidentemente, sopra gli altri poteri dello Stato.
Solo che per loro parlano i fatti. È un fatto che Gratteri non sia stato accolto bene a Napoli dai suoi colleghi, li ha trovati demotivati e rilassati, ha dichiarato. E la sua voglia di lavorare è stata vista come una minaccia ad uno status che, chi vince il concorso attorno ai 26-28 anni, ritiene acquisito a vita. Un sacerdozio laico privilegiato che non può esser messo in discussione da nessuno. Neppure dal Parlamento. Quando poi gli si chiede dove sta scritto nella Costituzione che non devono rispondere delle loro colpe, fanno fatica a ricordare il comma o l’articolo. Se gli chiedi dove sta scritto che devono avere aumenti automatici di stipendio a prescindere da qualità del lavoro o da cosa fanno, annaspano.
Il punto è che Napoli ha una tradizione di ribellismo togato che parte dalla rivolta contro Cordova, passa per de Magistris (figlio di quella cultura), fino alle fantasmagoriche inchieste di alcuni Pm su fatti di rilevanza politica finiti in un gran nulla. E tutti costoro hanno fatto carriera, si sono accoccolati negli uffici mentre un manipolo di uomini coraggiosi combatteva Casalesi e Scissionisti. E da questi, i Pm in prima linea vera, poco si sente protestare.
Alcuni di loro invece sono stati oggetto di invidie e si sono visti la carriera bloccata dai trucchetti di colleghi “anziani” che mal sopportavano i giovani leoni che lottavano contro la camorra vera. Tutto un gioco interno ad una casta vera in cui se non sei cooptato sei fuori. Conta poco cos’hai fatto, i sacrifici o i risultati. Ma dove erano questi Pm con la Costituzione in mano quando Palamara ha raccontato i loro vizi, le loro pochezze ed i loro sistemi per far carriera? Dov’era quel libretto tricolore? Cosa ne stavano facendo? Si vede che hanno fatto un ripasso veloce in questi pochi anni e che ora sono pronti a dire a tutti noi come vogliono rispondere del loro operato e come pensano si debba fare carriera (oltre che con il metodo descritto da Palamara).
Ora che hanno fatto il gran gesto, nell’indifferenza della maggior parte degli italiani, si sono bruciati il jolly. Non gli resta che lo sciopero, e poi, forse, fondare finalmente il loro partito. Il clima di contrapposizione alla politica che hanno cercato di creare non sta funzionando. Manca il drago Berlusconi e molti, anche tra loro, vedono nella riforma un sorta di liberazione da correnti e colleghi che decidono e gestiscono come un Palamara qualsiasi. Bene che abbiano la Costituzione tra le mani. Ma la leggano sempre tutta e per bene. Lì c’è scritto chi fa le leggi e chi le applica. Se non l’hanno cambiata loro da soli, nel frattempo, sarebbe il caso la rispettassero.
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