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Home » Esteri » Cina » CINA vs TAIWAN/ Le esercitazioni di Xi sono un messaggio a USA e Russia: questo è il nostro Donbass

  • Cina
  • Esteri

CINA vs TAIWAN/ Le esercitazioni di Xi sono un messaggio a USA e Russia: questo è il nostro Donbass

Int. Giuseppe Morabito
Pubblicato 3 Aprile 2025
Un aereo da caccia cinese sullo Stretto di Taiwan (Ansa)

Un aereo da caccia cinese sullo Stretto di Taiwan (Ansa)

Mentre USA e Russia trattano per l’Ucraina (e non solo), Pechino fa esercitazioni intorno a Taiwan, ricordando che non ci sono solo Donbass e Groenlandia

USA e Russia trattano per l’Ucraina e probabilmente per altri dossier scottanti, come quello del nucleare iraniano, nel Medio Oriente. E la Cina Popolare decide di battere un colpo. Vuole far sapere, spiega Giuseppe Morabito, generale dell’esercito, fondatore dell’IGSDA e membro del collegio dei direttori della NATO Defense College Foundation, che se gli Stati Uniti vogliono la Groenlandia e Mosca il Donbass e gli altri territori ucraini occupati, anche Pechino ha le sue rivendicazioni e non ha rinunciato a riportare nell’alveo della Cina Popolare la Repubblica di Cina ovvero Taiwan.


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Per questo ha messo in atto un’imponente esercitazione militare, simulando attacchi a porti e infrastrutture energetiche. Xi Jinping, insomma, non vuole restare escluso dal nuovo ordine mondiale che Trump e Putin sembrano voler disegnare, ma vuole far parte della triade che potrebbe imporre la sua visione degli equilibri mondiali.


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L’invasione di Taiwan, però, non sarebbe così facile e non è detto che la Cina Popolare ci voglia arrivare: per ora continuerà a esercitare la sua pressione per riuscire a risolvere la questione in altro modo, in attesa di sapere come si evolveranno le situazioni in Ucraina e Medio Oriente.

La Cina Popolare non è nuova a esercitazioni intorno a Taiwan. Perché stavolta la sua iniziativa preoccupa più del solito?

Quella di questi giorni è la più grande esercitazione da un anno a questa parte, nella quale sono stati impiegati almeno 70 aerei e 20 navi da guerra, compresa una portaerei. Non preoccupa più del solito, ma resta il fatto che Pechino continua ad agire in questo modo.


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Perché è stata organizzata in questo momento? Molti analisti dicono che la trattativa tra Russia e Stati Uniti sull’Ucraina in realtà sia molto più ampia e riguardi anche altri dossier. L’esercitazione è un modo per far capire che, se si parla di un nuovo ordine mondiale, bisogna mettere a posto anche la situazione di Taiwan?

Quello che è certo è che la Cina Popolare ha voluto rimarcare che pure lei ha un problema di territorio, che si chiama Taiwan. Se la Russia chiede per sé il Donbass e i territori occupati durante la guerra in Ucraina e gli Stati Uniti pensano alla Groenlandia, la Cina Popolare non è da meno e rivendica Taiwan come sua. Non sappiamo, e probabilmente mai sapremo, cosa si sono detti di preciso russi e americani a Riyad, né quale sia il tenore dei colloqui dei diplomatici di Pechino, Mosca e Washington. Ma certo tre nazioni che decidono per tutte le altre provocherebbero un sovvertimento dell’ordine mondiale. Una prospettiva preoccupante, anche se tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.

La soluzione della crisi in un’area è comunque legata a quella delle altre zone in cui la tensione resta alta?

Si può capire cosa ci sia dietro a un’ipotizzata e ancora poco probabile spartizione dell’Artico, che coinvolga Groenlandia, Isole Svalbard, Norvegia, Danimarca, USA e Russia, ma sostenere in base a questo che gli americani lasceranno Taiwan alla Cina Popolare è, quantomeno, azzardato. Pechino, senza rispettare le regole internazionali, sta realizzando delle isole artificiali nel Mar Cinese Meridionale, con progetti di bonifica che utilizzano escavatori idraulici, costruendo poi aeroporti e strutture militari, ma è difficile che riesca a mettere in atto un blocco navale intorno a Taiwan: sarebbe un’operazione molto impegnativa e a rischio fallimento. Lo stesso diritto internazionale ha bandito gli assedi e strangolare la democrazia taiwanese bloccando i rifornimenti all’isola non si può fare! Cosa farebbero i soldati di Pechino se un convoglio navale americano decidesse di forzare il blocco?

Qual è stata la reazione degli americani all’esercitazione militare della Cina Popolare?

Gli USA hanno risposto con una dichiarazione secondo la quale operazioni di questo genere, i blocchi navali, non aiutano certo la distensione dei rapporti tra i Paesi.

Taiwan si è preoccupata per questo spiegamento di forze cinesi?

È impossibile che i taiwanesi non siano preoccupati, lo sono da sempre. Tutto è legato al nuovo presidente Lai, che viene visto negativamente da Pechino più di quanto lo fosse la presidente precedente. Trump ha chiesto a Taiwan di aumentare al 10% del PIL la spesa per la difesa, ma è bastato aumentarla di qualche decimo, arrivando a circa il 3%, per allarmare la Cina Popolare e scatenare le solite dimostrazioni di forza.

Qual è la vera strategia di Xi Jinping, a cosa punta con queste esercitazioni militari?

L’obiettivo è sempre lo stesso: creare problemi nell’opinione pubblica taiwanese, in modo che, in virtù di questa pressione esterna, di questo soft power, ripensi all’affermazione dell’autonomia dell’isola e si orienti ad accettare un ritorno del Paese con la Cina Popolare. Queste operazioni di guerra indiretta tentano di fiaccare la convinzione della popolazione locale. Ma i taiwanesi non vogliono abbandonare la democrazia e subire i soprusi che si sono palesati a Hong Kong.

Ma la Cina Popolare è disposta anche ad arrivare alla guerra?

Per ora tenta la strada delle pressioni diplomatiche o di iniziative militari come quelle di questi giorni. Quello che è sicuro è che un attacco a Taiwan, per quanto organizzato, rappresenterebbe sempre un grande dispendio di uomini e di energie, perché l’isola andrebbe aggredita e occupata militarmente, e per far questo bisognerebbe sia sbarcare un’imponente forza di occupazione sia mantenere più di 23 milioni di persone, in massima parte ostili.

Una via diplomatica per risolvere la questione è possibile?

Al momento non vedo l’intenzione di Taiwan di prendere in considerazione un’eventualità del genere. Per ora penso che da Pechino continueranno con la pressione militare come quella già messa in atto. Poi bisognerà vedere come si concluderanno le cose nelle altre aree “calde” del mondo. Prima si dovrà trovare l’accordo per l’Ucraina, poi bisognerà rivolgere l’attenzione al Medio Oriente e alla dittatura iraniana. Se poi la Cina Popolare gradirà le intese raggiunte e ne prenderà spunto per un’aggressione a Taiwan, bisognerà vedere se avrà la forza e l’organizzazione militare sufficiente per occupare l’isola e non subire conseguenze. Taiwan è un “osso duro” non facilmente conquistabile. Rimane la preoccupazione di tutto il mondo per un eventuale blocco della produzione dei microprocessori taiwanesi. Tutta l’economia mondiale soffrirebbe per il blocco.

(Paolo Rossetti)

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Tags: Xi JinpingDonald Trump

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