Riarmo Ue, ieri Strasburgo ha votato la risoluzione annuale sulla politica di sicurezza e di difesa comune. La maggioranza Ursula non ne esce bene
C’è poco da fare ironie quando il tema all’attenzione dell’Europarlamento sono le politiche di difesa e di sicurezza europee, ma certamente il voto di ieri sottolinea ancora una volta non solo l’ordine sparso in cui i vari gruppi politici affrontano l’argomento, ma le divisioni profonde all’interno della stessa maggioranza di Ursula von der Leyen.
Impossibile dare un resoconto preciso di come abbiano votato i singoli gruppi tra contrari, astenuti, assenti, voti per parti separate dei singoli documenti in votazione che però hanno sostanzialmente confermato la divisone profonda e trasversale che attraversano le diverse maggioranze ed opposizioni a livello nazionale prima ancora che nei gruppi politici europei.
Gli italiani per esempio si sono divisi su tutto, sia tra i gruppi di maggioranza che di opposizione, anche perché FdI, Lega e Forza Italia appartengono in Europa a tre famiglie diverse, così come chi è all’opposizione a Roma ed è maggioranza a Strasburgo (il Pd) ha avuto al suo interno parlamentari che hanno votato in maniera diversa da quella ufficiale. Ne escono posizioni incrociate abbastanza singolari, con l’estrema sinistra che si ritrova a votare come la Lega e il M5s che da qualche tempo ha scelto una posizione pacifista ultrà.
Il dato politico è che comunque – a parte gli assenti – una settantina di deputati della maggioranza hanno votato diversamente dalle indicazioni della Commissione, in totale o parziale disaccordo con la linea della von der Leyen.
In gioco non erano peraltro decisioni concrete ma atti di indirizzo alla Commissione, ovvero lunghi preamboli a infiniti punti (addirittura 139 commi separati) in cui – a parte i massimi sistemi, gli appelli alla pace e ai principi di fratellanza umana trasversalmente accettati – si sottolinea un forte attacco alla Russia e come l’Europa voglia continuare ad aiutare l’Ucraina, ma con carature ed impegni profondamente diversi. Alla fine è comunque passata – come previsto – la mozione di maggioranza pro-Commissione, che dà mandato alla von der Leyen di fare di tutto e di più, ma senza specifici atti o impegni sul concreti.
Perché il problema è quello di sempre: posto che tutti vogliono la pace, è sul come realizzarla (e intanto quali politiche tenere) che da mesi crescono le polemiche, anche se intanto viene dato mandato di aumentare gli impegni per la difesa comune, ma solo a livello di auspici, non conti alla mano.
La Commissione viene autorizzata a continuare la politica corrente sia in materia di armamenti che di politica estera, ma sapendo benissimo che al momento in cui si dovrà toccare il portafoglio le buone intenzioni rischiano di trovare altri e profondi ostacoli.
Alla fine, di chiaro non c’è molto, né in vista di una difesa comune, né sulla nomina dei vertici, né sulle priorità degli armamenti. Resta un richiamo alla necessità per l’Europa di rafforzarsi, tenuto conto delle nuove esitazioni USA, ma attenti a non rompere il cordone ombelicale con Washington.
Viene riaffermato il rafforzamento di “una comune difesa europea”, il che è il minimo sindacale di ogni auspicio e mozione, ma come debba essere affidata questa difesa – ovvero se con un esercito comune o la sommatoria di eserciti nazionali – e al comando di chi, non è assolutamente chiaro.
Per tenere insieme la sua maggioranza la Commissione si tiene lontana dai punti più spinosi (linea di comando, tempi, fonte degli approvvigionamenti, investimenti) rimanendo prudentemente sulle generali. L’impressione è che Bruxelles speri ardentemente che per il conflitto ucraino qualcun altro (Putin e Trump) tolgano le castagne dal fuoco, permettendo comunque all’Europa di giocare un ruolo di visibilità che – come noto – ai due principali azionisti della pace è un argomento che interessa meno di zero.
Più netta semmai in politica estera la critica ad Israele ma, oltre ai consueti auspici di pace, nulla di veramente impegnativo.
È il solito bicchiere più o meno pieno delle mozioni troppo roboanti per coprire la povertà di contenuti, ma soprattutto testi che proprio per la loro genericità possono essere letti ed interpretati con più declinazioni a seconda degli eventi futuri e soprattutto degli umori che ciascuno si ritrova poi a casa propria: “Adelante Pedro, con juicio!”
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