I fondi pensionistici italiani sono più al sicuro degli investimenti americani, ma i dazi di Trump non sembrano penalizzare il nostro mercato.
Molti cittadini del nostro Bel Paese sono impauriti dal fatto che i fondi pensionistici italiani a causa delle decisioni di Donald Trump, tra aumento dei dazi, inflazione e titoli azionari in picchiata, possano far crollare i loro risparmi.
Tuttavia la guerra commerciale del presidente americano continua imperterrita, e se i dazi americani potrebbero essere sospesi negli USA, lo stesso non si potrebbe dire per la Cina, un Paese che continua ad essere minacciato dalla politica di Trump.
I fondi pensionistici italiani sono “al sicuro”
Al di là della criticità dei mercati finanziari, i fondi pensionistici italiani, secondo Sergio Corbello, Presidente di Assoprevidenza, sarebbero al sicuro. Questo perché tali gestioni prevedono un investimento nel medio e lungo termine e dunque le attuali tensioni potrebbero essere “ignorate”.
Investendo sui fondi previdenziali si punta a diversificare il capitale in più mercati, contenendo i danni come quelli previsti dalle strategie commerciali attuali di Trump, che sul mercato europeo sta facendo registrare perdite da oltre 680 miliardi di euro.
Tuttavia i fondi vengono gestiti con prudenza, scrutando minuziosamente le tensioni geopolitiche e avendo l’accortezza di investire capitale nei mercati meno rischiosi.
Una situazione completamente differente
Tra i fondi previdenziali – e complementari – italiani e americani, vi è una grande differenza. I conti sul panorama italiano ad esempio, fanno prevalere i titoli di Stato piuttosto che le azioni. Negli Stati Uniti d’America invece, si prevede uno scenario in stile “Grande Depressione“.
Per rassicurare gli investitori italiani l’attivo sui fondi previdenziali italiani ammonta ad un buon +9,9%, totalizzando poco più di 114 miliardi di euro. Vanno meglio le obbligazioni (+37,9%), e le azioni (+18,9%). Ma crescono anche le pensioni complementari che rispetto all’anno scorso fanno un bel +4,2%.
Tra i fondi più produttivi non possiamo omettere i negoziali e né tanto meno quelli azionari, tra cui anche i Pip, che sommariamente registrano un buon rendimento medio.
Seppur in minor percentuale e decisamente più contenuti, lo sono anche i rendimenti obbligazionari, che totalizzano tra il 2% e il 3%.
Nel frattempo anche gli enti previdenziali – allarmati dalla volatilità del settore- hanno trasferito i propri investimenti dall’azionario all’obbligazionario e monetario, così come ha affermato Alberto Oliveti, Presidente Enpam.
