Trump rimuove i dazi su smartphone e computer dalla Cina, salvando Apple. Ma la guerra commerciale resta, con nuove minacce all’orizzonte
Con una mossa decisamente inaspettata, l’amministrazione Trump ha esentato smartphone e computer dai dazi del 125% imposti all’inizio del mese sui prodotti cinesi, salvando colossi come Apple da un colpo che sarebbe potuto essere potenzialmente devastante.
Le nuove linee guida della Dogana statunitense – pubblicate ieri – confermano che i dispositivi elettronici di consumo non saranno penalizzati, almeno per il momento: “Abbiamo ascoltato le preoccupazioni delle aziende e dei cittadini”, ha dichiarato un portavoce del Dipartimento del Commercio, nel tentativo di ridurre l’impatto su un settore che vale $500 miliardi l’anno.
Ma la decisione arriva dopo giorni di pressioni furiose da parte dei CEO della Silicon Valley, preoccupati per catene di approvvigionamento già in affanno e rincari dei prodotti.
Il provvedimento è un vero e proprio ribaltamento tattico per il Presidente americano, che aveva minacciato di “seppellire la Cina sotto le tariffe”, ma ora ammorbidisce la linea su beni fondamentali per l’economia USA: “È un contentino per non far esplodere l’inflazione prima delle elezioni”, è l’accusa degli analisti di Wall Street, ricordando come iPhone e laptop siano ormai beni essenziali per gli americani.
Ma l’inversione di rotta non accenna a placare le critiche: Pechino ha definito i dazi “un atto di bullismo”, promettendo ritorsioni su soia e aeroplani. Nel frattempo, Tim Cook tira un sospiro di sollievo: il 90% dei dispositivi Apple è prodotto in Cina, e un rincaro avrebbe strangolato le vendite soprattutto nel periodo natalizio.
Trump, tariffe e il rebus della tecnologia: tra pressioni economiche e strategia politica
Dietro l’esenzione dalle tariffe per smartphone e computer si nasconde un calcolo ben più elaborato: Il tycoon – che nel 2018 scatenò la prima fase della guerra commerciale con la Cina imponendo tariffe su acciaio e lavatrici – è perfettamente consapevole che penalizzare i prodotti tech avrebbe alienato la classe media e i donatori della Silicon Valley.
“Non possiamo permetterci di trasformare il Natale in un incubo per i consumatori”, è il parere generalizzato dei consulenti finanziari. Ma la tregua poggia su un equilibrio precario e fragile: i dazi restano attivi su migliaia di altri prodotti, dai componenti industriali ai giocattoli, e Pechino ha già annunciato contromisure per $60 miliardi.
La partita – però – va oltre le merci e con questa mossa, Trump prova a riconciliare due anime del suo elettorato: i lavoratori manifatturieri, che chiedono protezionismo, e i cittadini urbani, dipendenti dalla tecnologia.
In questo scenario, il Dipartimento del Commercio studia nuove esenzioni per medicinali e attrezzature mediche, mentre i democratici attaccano duramente: “È solo propaganda pre-elettorale”. Ma per ora, nelle fabbriche cinesi della Foxconn, si continua a produrre iPhone come se nulla fosse, ma chissà per quanto ancora.
