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Home » Energia e ambiente » DOPO IL BLACKOUT/ Troppe rinnovabili e frequenza instabile (ma perché Sánchez mente sul nucleare?)

  • Energia e ambiente

DOPO IL BLACKOUT/ Troppe rinnovabili e frequenza instabile (ma perché Sánchez mente sul nucleare?)

Edoardo Ventafridda
Pubblicato 1 Maggio 2025
La rete elettrica spagnola (Foto: ANSA)

La rete elettrica spagnola (Foto: ANSA)

Ci vorrà tempo per chiarire le cause esatte del blackout spagnolo. Tuttavia, sono già emersi diversi spunti di riflessione. E le rinnovabili sono nel mirino

Durante una conferenza stampa in risposta all’emergenza blackout, il premier Sánchez ha accusato i 7 reattori nucleari spagnoli di aver peggiorato la crisi, affermando che buona parte di essi erano spenti e che per raffreddare i nuclei di quelli attivi è stata utilizzata molta elettricità, denunciando di fatto l’energia nucleare come un problema, e non come una soluzione.


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Partendo dal presupposto che l’affermazione secondo la quale il raffreddamento dei reattori avrebbe “rubato risorse alla rete” è completamente falsa (in caso di blackout i reattori nucleari sono raffreddati da appositi generatori diesel autonomi, non dalla rete elettrica) e tralasciando il reattore di Trillo che era spento per manutenzione programmata, Sánchez omette di proposito alcune parti importanti.


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Vista la bassa domanda, la metà del parco reattori spagnolo era offline (anche a causa della soffocante tassazione all’industria imposta dal Governo, aumentata del 71% dal 2019). Ma attenzione: il premier dimentica che lo spegnimento di questi reattori è stato autorizzato dall’ente Statale “Red Eléctrica”. Insomma, l’unico responsabile della mancanza di generazione stabile al momento del blackout è il Governo stesso.

Nonostante la causa dei blackout non sia ancora stata del tutto chiarita, sono già molte le teorie sulla possibile origine del problema. La verità è che, purtroppo, per trovare la risposta esatta non potremo far altro che attendere i report ufficiali dell’ENTSO-e (European Network of Transmission System Operators for Electricity), ovvero l’organizzazione che coordina le attività degli enti nazionali di trasmissione, incaricata di garantire il funzionamento e la sicurezza del sistema elettrico europeo. Tuttavia, sono già emersi diversi spunti di riflessione che credo sia necessario condividere.


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Prima però, un concetto essenziale: la stabilità della rete dipende essenzialmente dalla stabilità della sua frequenza, o per dirla all’inglese “grid stability is all about frequency stability“. Le nostre reti, infatti, funzionano a corrente alternata, o AC. La corrente alternata va immaginata come un’onda che fa su e giù in continuazione, un’onda prodotta grazie alla costante rotazione di grosse turbine presenti in tutte le centrali a gas, a carbone, idroelettriche, geotermiche o nucleari (ma non eoliche). Piccolissime variazioni della frequenza possono portare al blackout.


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Senza perdersi troppo in dettagli tecnici superflui, la velocità di rotazione delle nostre turbine europee (3mila giri al minuto) genera corrente alla precisa frequenza di 50 Hertz, grazie alla quale questa viene trasmessa in tutto il continente. Queste turbine, però, sono macchine gigantesche e pesanti, e posseggono una grandissima inerzia: se lasciate libere di ruotare, infatti, continuerebbero per ore e ore prima di fermarsi. Questa proprietà, detta “inerzia di rete”, è essenziale per il mantenimento della frequenza.

Con poche macchine rotanti in operazione diventa difficile garantire la stabilità della frequenza e il rischio che non solo si verifichi un blackout, ma che questo possa interessare grandi porzioni di territorio, si fa inevitabilmente più sostanziale.


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Ora, a differenza dei grossi impianti convenzionali (quelli con le grandi turbine), sole e vento non producono corrente alternata, ma diretta (o DC). Prima di essere immessa in rete, la corrente diretta viene convertita in alternata tramite dei dispositivi chiamati “inverter”. In sostanza, gli impianti rinnovabili non “creano” la famosa onda di cui accennavo prima, ma la replicano.

Di per sé, però, questo non rappresenta un problema. I guai seri possono emergere quando la penetrazione di solare ed eolico nella rete raggiunge percentuali molto elevate, come nel recente caso spagnolo. In questo scenario, siccome piccole raffiche di vento o nuvole improvvise sono sufficienti a far variare la frequenza, con poca inerzia a disposizione la rete può collassare molto facilmente e molto, molto velocemente.


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In sintesi, le reti con un alto numero di fonti rinnovabili sono intrinsecamente meno stabili e più difficili da mantenere nella giusta gamma di frequenze. Le apparecchiature elettriche, inoltre, sono molto sensibili ai repentini cambi di frequenza e col tempo tendono a rompersi. È proprio per questo motivo che esistono dispositivi di protezione che li fanno disattivare, causando interruzioni e blackout. E infatti, al momento del blackout, oltre il 75% della domanda elettrica spagnola era coperto da fonti rinnovabili intermittenti, con il fotovoltaico che primeggiava con un’importante 60%. In aggiunta, le linee di trasmissione con i Paesi vicini erano praticamente sature, rendendo quasi impossibile esportare improvvisi picchi di produzione solare ed eolica.

A mio avviso, è abbastanza improbabile che le fonti rinnovabili abbiano direttamente causato il blackout, ma probabilmente sono il motivo per cui è stato così diffuso, agendo come dei veri catalizzatori.

Interessanti sono state le diverse risposte alla crisi, durata solo pochi minuti per i vicini francesi: godendo di grande inerzia dovuta ai numerosi reattori nucleari provvisti di grandi turbine rotanti, il riavvio della rete ha richiesto tempistiche relativamente brevi. Anche la Spagna ha utilizzato parte della potenza nucleare francese come “motorino d’avviamento”, e il problema sembra ormai rientrato.

In conclusione, se è vero che non c’è transizione senza trasmissione, è anche vero che non ci può essere una vera transizione senza una rete elettrica resiliente e stabile, costruita sul giusto equilibrio di fonti pulite, siano esse intermittenti o programmabili. È inoltre essenziale interrogarsi sulla reale fattibilità di un sistema elettrico 100% rinnovabile e su tutti i rischi che ne derivano.

Oggi è toccato ai 40mila chilometri di cavi spagnoli, con conseguenze enormi su tutta l’economia: al buio ferrovie, aeroporti, fabbriche e industrie, e perdite stimate dai 2 ai 4,5 miliardi di euro (fonte: RBC Investment Bank). Non possiamo semplicemente permettere che un nuovo evento a cascata impatti così fortemente il nostro continente.

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