Aleksandar Vucic ricoverato dopo un malore negli USA. Teorie di avvelenamento e proteste in Serbia: saltato l’incontro con Trump, dubbi sul viaggio a Mosca
Aleksandar Vucic – presidente serbo da anni al centro di polemiche, tensioni interne e accuse sempre più frequenti di autoritarismo – è stato ricoverato d’urgenza sabato all’ospedale militare di Belgrado dopo aver interrotto improvvisamente una visita ufficiale negli Stati Uniti dove avrebbe dovuto incontrare Donald Trump in Florida; il leader serbo ha accusato un improvviso dolore al petto – inizialmente descritto come un picco di ipertensione dai medici americani – ma la notizia ha generato velocemente una girandola di sospetti e interpretazioni e sui social serbi si rincorrono teorie del complotto come quella dell’avvelenamento, rievocando casi come quello di Litvinenko e dell’oppositore russo Navalny.
Nel frattempo, in patria, le proteste scoppiate per il crollo della stazione ferroviaria di Novi Sad – tornato al centro dell’attenzione mediatica dopo la pubblicazione di un dossier tenuto segreto per vent’anni – continuano a provocare l’indignazione delle piazze, costringendo la maggioranza a fare i conti con una pressione popolare crescente e con una crisi di consenso che rischia di travolgere il governo.
Il cardiologo Dragan Dincic – intervenuto in conferenza stampa – ha confermato le condizioni “stabili” di Aleksandar Vucic, aggiungendo che il presidente avrebbe ignorato le raccomandazioni dei medici americani pur di tornare in patria, probabilmente per gestire la crisi di persona , una decisione che – secondo l’opposizione – nasconderebbe ben altro; Zdravko Ponos (leader del partito Srce ed ex generale) ha infatti parlato di un “fiasco diplomatico camuffato da emergenza medica”, insinuando che il malore sia stato montato ad arte per evitare un confronto imbarazzante con Trump, una dinamica non nuova nella storia dei Balcani, dove la salute dei leader è spesso stata usata come strumento di potere o copertura politica.
Così, mentre l’ospedale militare VMA di Belgrado in cui è ricoverato Aleksandar Vucic si trasforma in una specie di bunker mediatico – sigillato e impenetrabile – la Serbia è incerta se credere al racconto ufficiale o temere l’ennesima manipolazione.
Aleksandar Vucic tra Mosca, Trump e l’Europa
Il corpo di Aleksandar Vucic diventa così metafora di una Serbia vulnerabile e fragile, sospesa tra i blocchi geopolitici che la contendono da decenni e ora costretta a ricalcolare ogni mossa dopo l’improvviso ricovero; il presidente – noto per le sue acrobazie diplomatiche tra Mosca, Bruxelles e Washington – aveva assicurato a Vladimir Putin la propria presenza alle celebrazioni del 9 maggio nella capitale russa, una data simbolica per il Cremlino che ricorda la vittoria sulla Germania nazista ma un evento decisamente controverso per l’Unione Europea, soprattutto in tempi di guerra in Ucraina e sanzioni incrociate.
Ora però, con Aleksandar Vucic sotto osservazione e i medici che parlano di almeno dieci giorni di riposo assoluto, la sua partecipazione sembra incerta e con essa, anche la posizione della Serbia sulla scacchiera internazionale; il presidente ucraino Volodymyr Zelensky – intervenuto con parole dure – ha avvertito i leader stranieri: “Non garantiremo la sicurezza di chi si reca in Russia durante il conflitto” lasciando intendere che la partecipazione di Vucic a Mosca non sarebbe vista come un gesto neutrale ma come una presa di posizione netta a favore di Putin, una scelta che potrebbe avere conseguenze dirette sull’iter di adesione della Serbia all’UE.
In questo scenario instabile, l’incontro mancato con Donald Trump rappresenta un’occasione perduta per rafforzare i legami con Washington soprattutto per un leader che sperava in un nuovo equilibrio transatlantico a suo favore; Aleksandar Vucic – già sopravvissuto a tre crisi cardiache negli ultimi dieci anni – appare oggi più vulnerabile che mai non solo sul piano clinico, ma anche su quello politico in quanto la sua figura da “uomo forte” comincia a logorarsi sotto il peso di scandali, proteste e una pressione internazionale crescente.
