Gas russo, l’UE verso il divieto totale entro il 2027: stop graduale a pipeline e GNL, focus su GNL USA, rinnovabili e sicurezza dell’approvvigionamento
La Commissione Europea si prepara a compiere un passo decisivo nella riscrittura dell’architettura energetica del continente e domani, 6 maggio, a Strasburgo verrà presentata una proposta formale per interrompere tutte le importazioni di gas russo entro la fine del 2027 determinando un punto di svolta nella strategia di indipendenza energetica dell’Unione: il piano – confermato da fonti riservate e riportato da Bloomberg – prevede un divieto graduale che riguarderà tanto i gasdotti ancora attivi quanto i contratti a lungo termine per il gas naturale liquefatto, finora esclusi dalle misure sanzionatorie imposte dopo l’invasione dell’Ucraina.
L’obiettivo di Bruxelles quello di cancellare in modo definitivo ogni forma di dipendenza energetica da Mosca, che nel 2023 ha comunque continuato a coprire il 15% del fabbisogno europeo di gas, nonostante gli sforzi di diversificazione già avviati e la roadmap proposta si articola in due fasi ben distinte: lo stop immediato agli acquisti spot entro il 2025 seguito dalla cessazione dei contratti pluriennali entro il 2027, salvo deroghe circoscritte e solo in caso di comprovate emergenze. Per colmare il vuoto lasciato dai 43 miliardi di metri cubi annui ancora provenienti dalla Russia, l’UE intende rafforzare i legami con Stati Uniti, Qatar, Norvegia e Algeria, potenziando al contempo la produzione interna di energia da fonti rinnovabili.
Il tema più spinoso resta però quello dei negoziati con Washington, dove l’amministrazione Trump è chiamata a garantire forniture aggiuntive di GNL a condizioni economiche sostenibili ma secondo gli analisti di S&P Global il gas statunitense ha un costo medio superiore del 30% rispetto a quello russo, il che rischia di appesantire ulteriormente il bilancio energetico europeo, già provato dall’inflazione e dal rallentamento della crescita industriale.
Ma nonostante i successi apparenti – le importazioni di gas russo da parte dell’UE sono crollate dal 40% del 2021 all’attuale 15% – i dati nascondono un paradosso: nello stesso periodo, il valore del GNL russo acquistato in Europa è quasi quadruplicato, raggiungendo i 12 miliardi di euro nel solo 2024 e ciò è stato possibile grazie a triangolazioni opache con Paesi terzi e rotte commerciali poco trasparenti, che aggirano di fatto le restrizioni ufficiali imposte da Bruxelles.
Gas russo Europa divieto: tra transizione verde e rischi industriali
Il piano presentato si inserisce all’interno di REPowerEU, l’iniziativa varata nel 2022 per liberare il continente dalla morsa degli idrocarburi russi e accelerare la transizione ecologica e – oltre ai nuovi accordi internazionali – Bruxelles propone investimenti in idrogeno verde, eolico offshore e tecnologie pulite, con uno stanziamento complessivo che dovrebbe toccare i 300 miliardi di euro entro il 2030 ma nonostante ciò, alcune capitali restano caute: la Germania teme le pesanti penali economiche legate alla rescissione anticipata dei contratti siglati con Gazprom, mentre l’Italia segnala carenze infrastrutturali soprattutto nel Mezzogiorno, dove gli impianti per lo stoccaggio e la rigassificazione del GNL risultano ancora insufficienti a reggere l’urto di una sostituzione totale del gas russo.
Nel frattempo, aumentano le critiche da parte delle organizzazioni ambientaliste: secondo un rapporto pubblicato da Global Witness, il massiccio ricorso al GNL statunitense – estratto tramite fratturazione idraulica, o fracking – rischia di aumentare esponenzialmente le emissioni complessive dell’Unione Europea del 10% entro il 2030 compromettendo gli obiettivi climatici fissati dall’Accordo di Parigi e dal Green Deal europeo; ma la commissaria all’Energia Kadri Simson insiste comunque sul fatto che “la sicurezza energetica viene prima di tutto” rilanciando l’urgenza di dotare l’Europa di una rete di approvvigionamento robusta e indipendente da Mosca.
La questione ha anche una visibile dimensione geopolitica: la Polonia spinge per una scadenza anticipata al 2026 – in linea con la sua strategia di totale disconnessione da Mosca – mentre l’Ungheria (alleata storica del Cremlino) minaccia di porre il veto tutelando i propri contratti con Rosatom per il nucleare civile e rallentando il processo di disaccoppiamento energetico e in questo scenario complesso e frammentato, l’Europa scopre che dire addio al gas russo non sarà né semplice né indolore ma è un passo inevitabile se vuole davvero emanciparsi da dipendenze strategiche che oggi si rivelano sempre più vulnerabili e costose.
